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La basilica concattedrale e la cripta del Santo Sepolcro di Gerusalemme in Acquapendente

 

La cripta del Santo Sepolcro di Gerusalemme in Acquapendente è la prima riproduzione mensurale d’Europa del Santo Luogo ove fu sepolto Gesù Cristo.

Si presenta come un’edicola dalle dimensioni modeste, ammalorata sino ai lavori di restauro -completati a fine agosto 2007- da una grandissima umidità, anche a causa dei materiali impiegati. La cripta è considerata una delle più belle tra quelle romaniche esistenti in ambito nazionale ed europeo.

Scendendo dalle scale dell'ingresso sinistro si può notare innanzi ai nostri occhi che tutto il muro della parete sinistra è più recente delle ulteriori mura perimetrali. A livello visivo possiamo cogliere i vari passaggi storici dell’evoluzione architettonica della cripta[1].

Si può dedurre –ed in maniera coerentemente logica- che nella parte centrale vi era un’antica porta di accesso, mentre in quelle laterali vi dovevano essere due aperture con sbarre di ferro, come è facile riscontrare nelle facciate di molte chiese antiche.

L'ubicazione della Cripta è resa credibile da un manoscritto nel quale è affermato che:

«Il tempio è costruito vicino ad un fosso, detto la Quinta Luna, che bagnava le mura del tempio. La porta d'ingresso antica, ora murata, è rivolta al levare del sole»[2].

A chi entrava dall'antica porta si presentavano, così, due ordini di otto colonne ciascuno.

Tra la quarta e la quinta posizione degli ordini sorge, dalla profondità di circa m. 1,60 dal resto del pavimento, la piccola Cappella del Santo Sepolcro e di fronte, a sinistra, un presbiterio riscontrabile dai seggi di tufo situati nell'apertura di quattro archi, con due ordini di quattro colonne ciascuno. Le ventiquattro colonne sono divise a gruppi di otto intorno al tempietto e collocate in due ordini di quattro ciascuno, formando, così come sono, una T (tau), o “croce greca”.

In origine esistevano due piccole nicchie nelle aperture di accesso alle cappelle laterali, rese agibili con la ricostruzione del 1950.

Nella cavità della parete di sinistra era collocato un altare intitolato a Santa Lucia, Martire e Vergine siracusana. Una riproduzione dipinta della vita della Santa Martire, di bella fattura -specie nel suo volto- e alquanto evidente acconsente anche oggi il culto della devozione popolare.

Troviamo indicazione in Pietro Paolo Biondi che già ai suoi tempi così scriveva:

«Fra le altre S. Reliquie vi è - nella Cattedrale - un dito di S. Lucia, che si conserva in un cassettino d'argento[3] in mezzo del quale vi è un guscio per dove si vede e si toccano gli occhi in quella mattina al Popolo con devozione dal Sacerdote, dopo aver detto la Santa Messa all'Altare di Santa Lucia, che sta nel sepolcro da basso detto San Sepolcrino, dove si fa la festa di detta Santa, nel giorno della sua festività cioè il 13 Dicembre».

L'altare della nicchia di destra è alquanto improbabile riuscire a tracciare la devozione cui sia stato dedicato ed eventualmente il Santo che adornava la cavità.

Il Nardelli in un suo documento citato dà anche le dimensioni della cripta: il colonnato dell'aula dei fedeli è lungo «palmi architettonici 108[4], largo 37[5]»; il presbiterio è lungo «palmi 40[6], largo 36[7]»; le cappellette sono «lunghe palmi 8[8] e larghe 6 (m. 1,50 )[9]».

Esaminando le colonne ci si accorge che sono tozze e basse, alquanto sbilenche, aventi basi e capitelli dissimili. Queste ultime -basi e colonne- sono di buona fattura, il materiale è pietra dura locale, ad eccezione della terza dell'ordine destro[10] più bianca e meno porosa. I capitelli si presentano in alto quadrangolari e scolpiti su una pietra dolce, dalle decorazioni bizzarre, quelli maggiormente ingentiliti e più alti sono verso il centro della cripta.

Iniziando a considerandoli a due a due nei tre gruppi delle otto colonne cominceremo da sinistra[11] dai due capitelli per chi volta le spalle.

Il primo capitello presenta -come elemento decorativo- su soltanto tre facce un viso molto primitivo ed appena schizzato, inscritto però all’interno di due motivi ornamentali a forma di foglie. La fronte che guarda verso la nuova recente cappella è priva di decorazioni. Ci si potrà domandar per quale motivo detta colonna si può chiamare -non a torto- “incompiuta” poiché presenta solo tre facce del suo capitello lavorate. È una bizzarria, segno di originalità rispetto tutte le altre decorazioni[12].

Orbene siamo partiti dal considerare questo primo capitello che è certamente un enigma, il meno “convenzionale” e certamente quello più studiabile in quanto si allontana –anche a livello stilistico- da tutti gli altri- difatti troviamo strani segni sulla lunghezza della parte superiore del frontespizio rivolto verso il centro. Al riguardo si propende nel considerare dette decorazioni forse una scrittura, come taluni affermano.

Il secondo capitello presenta sulla fronte che rivolge lo sguardo il centro un volto umano chiuso ed adornato tra due foglie, le ulteriori facciate invece sono costituite da due serie di tre foglie e da una serie di due.

La decorazione fitomorfica ricorre nei capitelli della terza e quarta colonna che in comune presentano -anch'essi- foglie strane e figure geometriche. Il quarto capitello[13] risulta ingentilito nel mezzo del frontespizio di tre lati da tre piccole teste ed termina con una spaziosa cornice.

Un’ulteriore figura decorativa vegetale compare nel capitello della quinta colonna[14] sono visibili, in basso, ai quattro angoli, delle pigne.

Il capitello della sesta colonna –dalle forme più minute rispetto le altre- è costituito da quattro rapaci angolari che mostrano le ali aperte, inoltre i rostri appaiono stretti verso il terminale dalla colonna: quattro musi strani dai larghi baffi poggiano sul mezzo delle ali dischiuse.

Il capitello della settima colonna si mostra ornato di foglie e così suddiviso: in tre lati di sopra, dei piccoli volti sono invece posti al centro; una ampia cornice floreale serra il capitello.

L’ultima del gruppo delle prime otto è l’ottava colonna che è del tutto fuori asse con le altre del presbiterio. Questa posizione anomala mostra -rispetto alla preesistente cappellina del Santo Sepolcro e ci fa concludere- che la cripta è stata studiata come la dignitosa custodia dell’effigie della sepoltura gerosolimitana. La decorazione del capitello di questa colonna è decorato da grandi foglie: piccole teste, in tre lati ed in posizione centrale, contornati da una cornice e ingentilita di foglie.

Percorriamo ora l’area dalle colonne più vicine alla parete che è a ridosso della Via Cassia ed esaminiamo il secondo gruppo sempre da sinistra.

I primi due capitelli sono simili per la loro decorazione a foglie ornamentali. Il primo dei due, però, ha una testina rivolta posta al centro nel mezzo del frontespizio sotto la cornice.

Il terzo presenta delle decorazioni con foglie sovrastate da una grande cornice. Il quarto reca anche quattro pigne negli angoli unitamente alle foglie. Il quinto ed il sesto mostrano motivi ornamentali con foglie e fiori ed un’alta e movimentata cornice terminale. Il settimo si presenta con foglie e tre testine in soli tre lati: la cornice ha negli angoli quattro musi strani e nei quattro lati unite ai musi quattro coppie di animali fantastici[15].

Il più particolare dei capitelli è certamente l’ottavo ed è anche il più ammirato della serie. Il capitello è così composto: due teste di ariete nei due angoli opposti del quadrilatero e da ciascuna testa portano avanti nei lati adiacenti due corpi[16]. Superiormente troviamo in una fascetta scolpiti solo su tre lati dei piccoli animali[17]. Ciò che stupisce per l’originalità creativa sono i quattro musi del capitello -nella fascia terminale- di animali immaginari di cui due sembrano rigurgitare fuoco mentre gli altri hanno corpi lunghi e gambe cortissime.

Ora passiamo ad analizzare il terzo gruppo di otto colonne del presbiterio, dando inizio -ancora una volta- dalla sinistra di chi volta le spalle alla finestra dell'abside.

La prima e la seconda colonna sono addossate al muro perimetrale -paiono quasi dei pilastri- e presentando come ornamento dei capitelli con soltanto foglie rudimentali. La terza colonna ha un capitello decorante quattro rapaci negli angoli dalle ali spiegate: al centro delle facciate piccole teste al di sopra le ali e superiormente una cornice. Il quarto capitello presenta ancora una volta delle figure di foglie. Decorate da quattro teste di ariete che sostengono una grande cornice gli angoli del quinto capitello. I fianchi del sesto sono ricolmi di foglie e fiori e presentano delle grandi cornici. Il settimo capitello presenta nuovamente delle decorazioni fitomorfe e l'ottavo ha quattro rapaci angolari che dispiegano le loro ali sui lati limitrofi, sul mezzo delle ali dischiuse sono individuabili quattro teste. Inoltre il capitello è chiuso da una cornice assai semplice.

Le mura perimetrali presentano pilastri quasi tutti di tufo e troviamo scolpite in rilievo un rapace, una testa di ariete, due sirene, tre teste di tori, oltre a illustrazioni fitomorfe e figure geometriche.

L'aula dei fedeli è sovrastata da tre volte di tufo abbellite con incroci di nervature, pur essi in tufo, ma tondeggianti nelle navate di sinistra e di destra, mentre la volta centrale è formata da nervature lisce (quattro) e tonde (sei).

Le nervature dell'abside sono tonde nelle navate laterali, così come due di quella centrale sono curve mentre quella del centro è liscia. I capitelli ed anche le basi non appartengono ad alcun ordine di architettura[18], varie essendo le loro forme.

Nel 1860 Venanzio Caporioni elaborò un progetto di rivestimento marmoreo del prospetto della cripta, rivestimento che nel 1950 trasferito poi nella parete d'ingresso principale alla sacrestia. L’ingegnere fu uno dei primi ad affrontare con storicità la cripta e ad eseguire studi arrivò ad affermare, dopo un’attenta analisi, che la cripta –a sua detta- era «un lavoro del sesto-ottavo secolo, essendo un misto proprio di quell'epoca sul passaggio dal Bisanzio al gotico». Interessante notare che le fasi iniziali del cantiere erano certamente precedenti l’Anno mille e questo restava confermato anche dal tipo di costruzione e di tecnica costruttiva, difatti «vi erano grossi tori di pietra, i quali servirono per riempire le fondamenta dei campanili».

La zona absidale presenta ora un altare e la stele che lo sorregge reca frontalmente la scritta: «D. M. (ovvero “Diis manibus”)». L’ipotesi più plausibile è che questo cippo fosse un'ara familiare eretta da un tale Statilio in ricordo del fratello carissimo. Il materiale impiegato per la costruzione della mensa e del gradino dell'altare è pietra di Bagnoregio.

La cripta ha anche tre affreschi risalgono al secolo XIII. Di quello riguardante Santa Lucia ne abbiamo già detto, mentre gli altri due sono di qua e di là per chi guarda le scale discese.

Sulla sinistra si può ammirare Dio Creatore benedicente con il sole e luna, questi due sono posti ai suoi lati[19]. Al di sotto dell’arco in cui è inserito sono ancora ben visibili le figure di Santa Caterina d'Alessandria e San Michele Arcangelo. La prima rappresentante la prima donna-filosofo con il libro tenuto nella mano sinistra mentre il secondo, rappresentato seguendo la classica figurazione iconografica, è il combattente- con spada e bilancia che sconfigge le forze del male.

Trovo non sia un caso che proprio in un tempio dedicato al Santo Sepolcro di Gerusalemme, addirittura riproducente a livello mensurale quello gerosolimitano, vi sia un’illustrazione dell’Arcangelo. Questa prassi a livello devozionale -rispondente anche ad un’ulteriore esigenza: Acquapendente sorge sulla via francigena e probabilmente era visitato anche dai pellegrini diretti verso la Terra Santa che in epoca antica si dedicavano all’Arcangelo[20].

Sulla destra della scalinata è dipinta una “Natività” che presenta il bambinello avvolto in fasce che trova pace su un grande letto. Affianco a Gesù Bambino dormiente stanno la Madonna e San Giuseppe, inginocchiati in atteggiamento di profonda contemplazione e di adorazione, posti in primo piano. La scena si presenta nella logica della tradizione iconografica, difatti dietro al lettino troviamo i tradizionali animali: bue ed asinello. I personaggi presentano lineamenti estremamente delicati ed ingenui, ancora sufficientemente chiari.

L’edicola che riproduce il Santo Sepolcro -amichevolmente detto dagli aquesiani “san sepolcrino”- è il Santuario del Sangue Prezioso di Gesù Cristo. Una struttura caratteristica, sicuramente rimaneggiata durante i secoli, ma sempre in stile rispetto l’originale riproducente il Santo Sepolcro di Gerusalemme. L’accesso all’edicola è determinato da una doppia scalinata direttamente scavata nel masso che discende dalla superficie dell’attuale piano di calpestio. Otto gradini convergono in un unico pianerottolo di un metro quadrato circa, una doppia balaustra di ferro è posta sui margini della profonda apertura.

Al di sotto dell'inferriata più lunga, al centro del muro, vi è un’iscrizione latina[21] nella quale si afferma che il tempietto –che sorge alle spalle di chi legge- è difatti simile nell’orientamento e nell’aspetto a quello di Gerusalemme. All’interno della nicchia del tabernacolo si custodiscono alcune pietre portate, su cui è stato profuso il Preziosissimo Sangue di Cristo durante la flagellazione, dal pretorio di Pilato montate in mezzo a due pietre più grandi.

Un’ulteriore cancellata di ferro fa da ingresso all'edicola. Di fronte all'altare, nella nicchia, è un affresco e sono ancora alquanto distinguibili un angelo in atto di presentare il “Velo della Veronica” in mezzo ai Santi Francesco e Bonaventura.

All’interno del sacello -nella parte più alta del soffitto- è appeso un lampadario in ferro battuto a memoria degli Aquesiani rimasti illesi nel grande terremoto del 27 marzo 1922.

Sopra l'architrave della porta d'ingresso poggia un'apertura ottagonale chiusa solo da inferriata. Un monogramma di Cristo e palme abbellisce la cancellata consentendo la fruizione anche dall'interno della Basilica superiore. La riproduzione del Santo Sepolcro presenta una copertura a forma di piramide rettangolare -nella cui sommità c'è una sfera- con vertice molto basso.

Prof. ALESSIO VARISCO

Storico dell’arte e saggista

Direttore "Antropologia Arte Sacra"


 


[1] La cripta segue uno sviluppo che schematicamente riportiamo: al centro il nucleo primigenio “generatore” dalla zona absidale, la modernità in realtà proviene dal basso –seppure il livello di calpestio differenziato mostra che l’edicola fosse sorgente oltre un metro e mezzo sotto l’attuale pavimento e che quindi l’antica chiesetta fosse molto più in basso-, mentre le parti laterali solo da una certa altezza.

[2] Dovuto a Nardelli Miroclete (1792-1850).

[3] Oggi, purtroppo, il dito ed il cassettino d'argento non esistono più.

[4] Corrispondenti a 27 metri.

[5] Corrispondenti a 9,25 metri.

[6] Corrispondenti a 10 metri.

[7] Corrispondenti a 9 metri.

[8] Corrispondenti a 2 metri.

[9] Corrispondenti ad un metro e mezzo.

[10] La terza è più esile.

[11] Questa scelta non è casuale, poiché probabilmente un tempo erano proprio quelli vicini all’antica porta d'ingresso.

[12] Forse cambio di residenza o morte dello scalpellino.

[13] Questo quarto capitello si presenta molto più rifinito del terzo.

[14] Interessante notare che le foglie e le figure geometriche lo rendono simile ed assimilabile agli altri.

[15] Le decorazioni zoomorfe rappresentano leoni e serpenti.

[16] Il capitello si presenta con due teste e con quattro corpi.

[17] All’interno delle decorazioni superiori troviamo un serpente.

[18] In realtà tutta la concattedrale e la relativa cripta risponde ad una sorta di anarchia stilistica, perciò potremmo dire che tutto l'edificio non ha un –unico- ordine architettonico. Forse è proprio per ciò che guardiamo con interesse ad un tempio della cristianità talmente grande che in molteplici epoche –e relativi abitatori di quel tempo e di quella relativa fase sociale- hanno così contribuito a renderla particolare ed unica nel suo genere.

[19] Questo affresco è ubicato sulla sinistra discendendo le scale proprio nello spazio dell'arco.

[20] Acquapendente sorge fra il Monte Sant’Angelo presso il Gargano e la Sacra di San Michele in Piemonte.

[21] L’iscrizione riporta: «HAEC AEDICVLA/ ANTIQVISSIMAE VETUSTATIS/ IN SAXO ITEM EXCISA/ EXBIBET MENSVRA SVA ET FORMA/ SEPVLCRVM AVGVSTVM D. N. JESV CHTISTI/ ET ALTARIS MENSA LOCVM REFERT/ VBI CORPVS SACROSANCTVM POSITVM EST/ ARCVLA LAPIDES SERVAT/ QVOS PRETIOSISSIMO SANGVINE/ IN PASSIONE FVISSE TINCTOS/ FAMA ET CVLTVS AEVI IMMEMORABILIS/ TESTANTVR».

 

 

 
 
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