La basilica concattedrale e la cripta del Santo
Sepolcro di Gerusalemme in Acquapendente
La cripta del Santo Sepolcro di Gerusalemme in Acquapendente è
la prima riproduzione mensurale d’Europa del Santo Luogo ove fu
sepolto Gesù Cristo.
Si presenta come un’edicola dalle dimensioni modeste, ammalorata
sino ai lavori di restauro -completati a fine agosto 2007- da
una grandissima umidità, anche a causa dei materiali impiegati.
La cripta è considerata una delle più belle tra quelle romaniche
esistenti in ambito nazionale ed europeo.
Scendendo dalle scale dell'ingresso sinistro si può notare
innanzi ai nostri occhi che tutto il muro della parete sinistra
è più recente delle ulteriori mura perimetrali. A livello visivo
possiamo cogliere i vari passaggi storici dell’evoluzione
architettonica della cripta.
Si può dedurre –ed in maniera coerentemente logica- che nella
parte centrale vi era un’antica porta di accesso, mentre in
quelle laterali vi dovevano essere due aperture con sbarre di
ferro, come è facile riscontrare nelle facciate di molte chiese
antiche.
L'ubicazione della Cripta è resa credibile da un manoscritto nel
quale è affermato che:
«Il tempio è costruito vicino ad un fosso, detto la Quinta Luna,
che bagnava le mura del tempio. La porta d'ingresso antica, ora
murata, è rivolta al levare del sole».
A
chi entrava dall'antica porta si presentavano, così, due ordini
di otto colonne ciascuno.
Tra la quarta e la quinta posizione degli ordini sorge, dalla
profondità di circa m. 1,60 dal resto del pavimento, la piccola
Cappella del Santo Sepolcro e di fronte, a sinistra, un
presbiterio riscontrabile dai seggi di tufo situati
nell'apertura di quattro archi, con due ordini di quattro
colonne ciascuno. Le ventiquattro colonne sono divise a gruppi
di otto intorno al tempietto e collocate in due ordini di
quattro ciascuno, formando, così come sono, una T (tau), o
“croce greca”.
In origine esistevano due piccole nicchie nelle aperture di
accesso alle cappelle laterali, rese agibili con la
ricostruzione del 1950.
Nella cavità della parete di sinistra era collocato un altare
intitolato a Santa Lucia, Martire e Vergine siracusana. Una
riproduzione dipinta della vita della Santa Martire, di bella
fattura -specie nel suo volto- e alquanto evidente acconsente
anche oggi il culto della devozione popolare.
Troviamo indicazione in Pietro Paolo Biondi che già ai suoi
tempi così scriveva:
«Fra le altre S. Reliquie vi è - nella Cattedrale - un dito di
S. Lucia, che si conserva in un cassettino d'argento
in mezzo del quale vi è un guscio per dove si vede e si toccano
gli occhi in quella mattina al Popolo con devozione dal
Sacerdote, dopo aver detto la Santa Messa all'Altare di Santa
Lucia, che sta nel sepolcro da basso detto San Sepolcrino, dove
si fa la festa di detta Santa, nel giorno della sua festività
cioè il 13 Dicembre».
L'altare della nicchia di destra è alquanto improbabile riuscire
a tracciare la devozione cui sia stato dedicato ed eventualmente
il Santo che adornava la cavità.
Il Nardelli in un suo documento citato dà anche le dimensioni
della cripta: il colonnato dell'aula dei fedeli è lungo «palmi
architettonici 108,
largo 37»;
il presbiterio è lungo «palmi 40,
largo 36»;
le cappellette sono «lunghe palmi 8
e larghe 6 (m. 1,50 )».
Esaminando le colonne ci si accorge che sono tozze e basse,
alquanto sbilenche, aventi basi e capitelli dissimili. Queste
ultime -basi e colonne- sono di buona fattura, il materiale è
pietra dura locale, ad eccezione della terza dell'ordine destro
più bianca e meno porosa. I capitelli si presentano in alto
quadrangolari e scolpiti su una pietra dolce, dalle decorazioni
bizzarre, quelli maggiormente ingentiliti e più alti sono verso
il centro della cripta.
Iniziando a considerandoli a due a due nei tre gruppi delle otto
colonne cominceremo da sinistra
dai due capitelli per chi volta le spalle.
Il primo capitello presenta -come elemento decorativo- su
soltanto tre facce un viso molto primitivo ed appena schizzato,
inscritto però all’interno di due motivi ornamentali a forma di
foglie. La fronte che guarda verso la nuova recente cappella è
priva di decorazioni. Ci si potrà domandar per quale motivo
detta colonna si può chiamare -non a torto- “incompiuta” poiché
presenta solo tre facce del suo capitello lavorate. È una
bizzarria, segno di originalità rispetto tutte le altre
decorazioni.
Orbene siamo partiti dal considerare questo primo capitello che
è certamente un enigma, il meno “convenzionale” e certamente
quello più studiabile in quanto si allontana –anche a livello
stilistico- da tutti gli altri- difatti troviamo strani segni
sulla lunghezza della parte superiore del frontespizio rivolto
verso il centro. Al riguardo si propende nel considerare dette
decorazioni forse una scrittura, come taluni affermano.
Il secondo capitello presenta sulla fronte che rivolge lo
sguardo il centro un volto umano chiuso ed adornato tra due
foglie, le ulteriori facciate invece sono costituite da due
serie di tre foglie e da una serie di due.
La decorazione fitomorfica ricorre nei capitelli della terza e
quarta colonna che in comune presentano -anch'essi- foglie
strane e figure geometriche. Il quarto capitello
risulta ingentilito nel mezzo del frontespizio di tre lati da
tre piccole teste ed termina con una spaziosa cornice.
Un’ulteriore figura decorativa vegetale compare nel capitello
della quinta colonna
sono visibili, in basso, ai quattro angoli, delle pigne.
Il capitello della sesta colonna –dalle forme più minute
rispetto le altre- è costituito da quattro rapaci angolari che
mostrano le ali aperte, inoltre i rostri appaiono stretti verso
il terminale dalla colonna: quattro musi strani dai larghi baffi
poggiano sul mezzo delle ali dischiuse.
Il capitello della settima colonna si mostra ornato di foglie e
così suddiviso: in tre lati di sopra, dei piccoli volti sono
invece posti al centro; una ampia cornice floreale serra il
capitello.
L’ultima del gruppo delle prime otto è l’ottava colonna che è
del tutto fuori asse con le altre del presbiterio. Questa
posizione anomala mostra -rispetto alla preesistente cappellina
del Santo Sepolcro e ci fa concludere- che la cripta è stata
studiata come la dignitosa custodia dell’effigie della sepoltura
gerosolimitana. La decorazione del capitello di questa colonna è
decorato da grandi foglie: piccole teste, in tre lati ed in
posizione centrale, contornati da una cornice e ingentilita di
foglie.
Percorriamo ora l’area dalle colonne più vicine alla parete che
è a ridosso della Via Cassia ed esaminiamo il secondo gruppo
sempre da sinistra.
I
primi due capitelli sono simili per la loro decorazione a foglie
ornamentali. Il primo dei due, però, ha una testina rivolta
posta al centro nel mezzo del frontespizio sotto la cornice.
Il terzo presenta delle decorazioni con foglie sovrastate da una
grande cornice. Il quarto reca anche quattro pigne negli angoli
unitamente alle foglie. Il quinto ed il sesto mostrano motivi
ornamentali con foglie e fiori ed un’alta e movimentata cornice
terminale. Il settimo si presenta con foglie e tre testine in
soli tre lati: la cornice ha negli angoli quattro musi strani e
nei quattro lati unite ai musi quattro coppie di animali
fantastici.
Il più particolare dei capitelli è certamente l’ottavo ed è
anche il più ammirato della serie. Il capitello è così composto:
due teste di ariete nei due angoli opposti del quadrilatero e da
ciascuna testa portano avanti nei lati adiacenti due corpi.
Superiormente troviamo in una fascetta scolpiti solo su tre lati
dei piccoli animali.
Ciò che stupisce per l’originalità creativa sono i quattro musi
del capitello -nella fascia terminale- di animali immaginari di
cui due sembrano rigurgitare fuoco mentre gli altri hanno corpi
lunghi e gambe cortissime.
Ora passiamo ad analizzare il terzo gruppo di otto colonne del
presbiterio, dando inizio -ancora una volta- dalla sinistra di
chi volta le spalle alla finestra dell'abside.
La prima e la seconda colonna sono addossate al muro perimetrale
-paiono quasi dei pilastri- e presentando come ornamento dei
capitelli con soltanto foglie rudimentali. La terza colonna ha
un capitello decorante quattro rapaci negli angoli dalle ali
spiegate: al centro delle facciate piccole teste al di sopra le
ali e superiormente una cornice. Il quarto capitello presenta
ancora una volta delle figure di foglie. Decorate da quattro
teste di ariete che sostengono una grande cornice gli angoli del
quinto capitello. I fianchi del sesto sono ricolmi di foglie e
fiori e presentano delle grandi cornici. Il settimo capitello
presenta nuovamente delle decorazioni fitomorfe e l'ottavo ha
quattro rapaci angolari che dispiegano le loro ali sui lati
limitrofi, sul mezzo delle ali dischiuse sono individuabili
quattro teste. Inoltre il capitello è chiuso da una cornice
assai semplice.
Le mura perimetrali presentano pilastri quasi tutti di tufo e
troviamo scolpite in rilievo un rapace, una testa di ariete, due
sirene, tre teste di tori, oltre a illustrazioni fitomorfe e
figure geometriche.
L'aula dei fedeli è sovrastata da tre volte di tufo abbellite
con incroci di nervature, pur essi in tufo, ma tondeggianti
nelle navate di sinistra e di destra, mentre la volta centrale è
formata da nervature lisce (quattro) e tonde (sei).
Le nervature dell'abside sono tonde nelle navate laterali, così
come due di quella centrale sono curve mentre quella del centro
è liscia. I capitelli ed anche le basi non appartengono ad alcun
ordine di architettura,
varie essendo le loro forme.
Nel 1860 Venanzio Caporioni elaborò un progetto di rivestimento
marmoreo del prospetto della cripta, rivestimento che nel 1950
trasferito poi nella parete d'ingresso principale alla
sacrestia. L’ingegnere fu uno dei primi ad affrontare con
storicità la cripta e ad eseguire studi arrivò ad affermare,
dopo un’attenta analisi, che la cripta –a sua detta- era «un
lavoro del sesto-ottavo secolo, essendo un misto proprio di
quell'epoca sul passaggio dal Bisanzio al gotico». Interessante
notare che le fasi iniziali del cantiere erano certamente
precedenti l’Anno mille e questo restava confermato anche dal
tipo di costruzione e di tecnica costruttiva, difatti «vi erano
grossi tori di pietra, i quali servirono per riempire le
fondamenta dei campanili».
La zona absidale presenta ora un altare e la stele che lo
sorregge reca frontalmente la scritta: «D. M. (ovvero “Diis
manibus”)». L’ipotesi più plausibile è che questo cippo fosse
un'ara familiare eretta da un tale Statilio in ricordo del
fratello carissimo. Il materiale impiegato per la costruzione
della mensa e del gradino dell'altare è pietra di Bagnoregio.
La cripta ha anche tre affreschi risalgono al secolo XIII. Di
quello riguardante Santa Lucia ne abbiamo già detto, mentre gli
altri due sono di qua e di là per chi guarda le scale discese.
Sulla sinistra si può ammirare Dio Creatore benedicente con
il sole e luna, questi due sono posti ai suoi lati.
Al di sotto dell’arco in cui è inserito sono ancora ben visibili
le figure di Santa Caterina d'Alessandria e San Michele
Arcangelo. La prima rappresentante la prima donna-filosofo con
il libro tenuto nella mano sinistra mentre il secondo,
rappresentato seguendo la classica figurazione iconografica, è
il combattente- con spada e bilancia che sconfigge le
forze del male.
Trovo non sia un caso che proprio in un tempio dedicato al Santo
Sepolcro di Gerusalemme, addirittura riproducente a livello
mensurale quello gerosolimitano, vi sia un’illustrazione
dell’Arcangelo. Questa prassi a livello devozionale -rispondente
anche ad un’ulteriore esigenza: Acquapendente sorge sulla via
francigena e probabilmente era visitato anche dai pellegrini
diretti verso la Terra Santa che in epoca antica si dedicavano
all’Arcangelo.
Sulla destra della scalinata è dipinta una “Natività” che
presenta il bambinello avvolto in fasce che trova pace su un
grande letto. Affianco a Gesù Bambino dormiente stanno la
Madonna e San Giuseppe, inginocchiati in atteggiamento di
profonda contemplazione e di adorazione, posti in primo piano.
La scena si presenta nella logica della tradizione iconografica,
difatti dietro al lettino troviamo i tradizionali animali: bue
ed asinello. I personaggi presentano lineamenti estremamente
delicati ed ingenui, ancora sufficientemente chiari.
L’edicola che riproduce il Santo Sepolcro -amichevolmente detto
dagli aquesiani “san sepolcrino”- è il Santuario del Sangue
Prezioso di Gesù Cristo. Una struttura caratteristica,
sicuramente rimaneggiata durante i secoli, ma sempre in stile
rispetto l’originale riproducente il Santo Sepolcro di
Gerusalemme. L’accesso all’edicola è determinato da una doppia
scalinata direttamente scavata nel masso che discende dalla
superficie dell’attuale piano di calpestio. Otto gradini
convergono in un unico pianerottolo di un metro quadrato circa,
una doppia balaustra di ferro è posta sui margini della profonda
apertura.
Al di sotto dell'inferriata più lunga, al centro del muro, vi è
un’iscrizione latina
nella quale si afferma che il tempietto –che sorge alle spalle
di chi legge- è difatti simile nell’orientamento e nell’aspetto
a quello di Gerusalemme. All’interno della nicchia del
tabernacolo si custodiscono alcune pietre portate, su cui è
stato profuso il Preziosissimo Sangue di Cristo durante
la flagellazione, dal pretorio di Pilato montate in mezzo a due
pietre più grandi.
Un’ulteriore cancellata di ferro fa da ingresso all'edicola. Di
fronte all'altare, nella nicchia, è un affresco e sono ancora
alquanto distinguibili un angelo in atto di presentare il
“Velo della Veronica” in mezzo ai Santi Francesco e
Bonaventura.
All’interno del sacello -nella parte più alta del soffitto- è
appeso un lampadario in ferro battuto a memoria degli Aquesiani
rimasti illesi nel grande terremoto del 27 marzo
1922.
Sopra l'architrave della porta d'ingresso poggia un'apertura
ottagonale chiusa solo da inferriata. Un monogramma di Cristo
e palme abbellisce la cancellata consentendo la fruizione
anche dall'interno della Basilica superiore. La riproduzione del
Santo Sepolcro presenta una copertura a forma di piramide
rettangolare -nella cui sommità c'è una sfera- con vertice molto
basso.
Prof. ALESSIO VARISCO
Storico dell’arte e saggista
Direttore "Antropologia Arte Sacra"
L’iscrizione riporta: «HAEC AEDICVLA/ ANTIQVISSIMAE
VETUSTATIS/ IN SAXO ITEM EXCISA/ EXBIBET MENSVRA SVA ET
FORMA/ SEPVLCRVM AVGVSTVM D. N. JESV CHTISTI/ ET ALTARIS
MENSA LOCVM REFERT/ VBI CORPVS SACROSANCTVM POSITVM EST/
ARCVLA LAPIDES SERVAT/ QVOS PRETIOSISSIMO SANGVINE/ IN
PASSIONE FVISSE TINCTOS/ FAMA ET CVLTVS AEVI IMMEMORABILIS/
TESTANTVR».
|