IL MILLENARIO CROCIFISSO DI ARIBERTO
«O
Cristo crocifisso, noi siamo venuti per chiederti perdono,
per implorare la tua misericordia,
per ripeterti il nostro povero amore.
Noi già sappiamo che tu vuoi perdonarci
perché hai espiato proprio per noi,
perché sei la nostra unica speranza,
la nostra redenzione.
Ravviva in noi il desiderio e la fiducia del tuo
perdono,
aumenta il nostro amore per te,
donaci di gustare la certezza e la dolcezza
della tua misericordia.
Gesù, donaci la forza di perdonare i nostri
fratelli
perché siamo stati perdonati da te.
Donaci un cuore capace di amare tutti e ciascuno,
affinché diventi nostro il tuo desiderio
che tutti diveniamo una cosa sola.
Fa’ che questa nostra preghiera giunga al Padre
nello Spirito Santo, ora e sempre. Amen».
(Paulus Pp VI)
Il Crocifisso di Ariberto –ora custodito al Museo
del Duomo di Milano- è stato scolpito in legno di pioppo. Sulla
croce sono inchiodate otto lamine di rame, dalle forma svariate
e di dimensioni diverse lavorate a sbalzo e in origine dorate e
argentate.
Al centro della Croce spicca la figura del Cristo
–raffigurato come morente-, dagli occhi aperti in parte, dalla
bocca raggrinzata e struggente -in una drammatica e fatale
ultima espressione premorte- di estremo lacerante dolore.
Attorno al capo una grande aureola crucisignata circonda la
figura del Cristo, dal volto piegato sulle scapole nell’attimo.
Il costato non presenta la classica ferita dovuta
al colpo di lancia inferto a Cristo da Longino. E’ insolitamente
un Cristo morente privo della lesione al costato.
Maria e Giovanni inquadrano il Cristo: la prima
raffigurata –la Madre- presenta un’espressione grave, con la
destra rivolta ad additare il sangue stillante dalla mano di
Cristo trafitta in Croce; il secondo –il condilectus- è
invece esibito mentre con una mano si mantiene fermo il capo, in
un’espressione di angoscioso sgomento.
Sopra al capo il Crocifisso reca la scritta “IHS
NAZARENUS REX IUDEOR(um)”, a sua volta sovrastata da clipei con
le personificazioni del sole e della luna.
Alla base del Crocifisso sta l’Arcivescovo
Ariberto di Intimiano dall’aureola quadrata, che lo indica
ancora in vita.
Il disegno e lo sbalzo della figura di Cristo è
vigoroso e raffinato -rappresenta una versione grandiosa e
patetica del soggetto-. Questa raffigurazione lo rende
accostabile ad alcuni modelli ottoniani germanici, qui riletto
–però- in chiave lombarda.
L’opera appariva cromaticamente dominata da una
dicotomica contrapposizione di oro per i corpi e d’argento per i
fondi. La presente Croce presenta un’insolita risoluzione che
certamente la distingue da altri Cristi morenti in Croce.
Ariberto lo fece eseguire e ne è il committente
–tanto che oggi lo si chiama “Cristo di Ariberto”-, è stato
eseguito fra il 1037 e il 1039 per la distrutta chiesa di San
Dionigi a Portaorientale.
La motivazione della realizzazione di questo
Crocifisso è il voto/ricordo per il pericolo scampato
occorso all’Arcivescovo durante i drammatici avvenimenti del
1037 quando fu fatto prigioniero dell’Imperatore Corrado II, e
poi falsamente assediato dentro le mura di Milano dall’esercito
imperiale.
Il Cristo di Ariberto ha certamente subito
svariati interventi di restauro, trasformazioni posticce e
diverse irreversibili manomissioni. Del Crocefisso voluto
da Ariberto rimangono ormai solo le dotte lamine figurate in
rame sbalzato e cesellato, che hanno subito il rimontaggio su
almeno due diversi supporti lignei durante questi mille anni. .
Il Crocefisso di Ariberto è ora –come già detto-
ubicato nel Museo del Duomo di Milano; una riproduzione del
prezioso Crocefisso si trova nell’ultima campata della estrema
navata di destra della Cattedrale di Milano. Per celebrare il
millenario della Basilica di San Vincenzo in Galliano (celebrato
il 2 luglio 2007) la Veneranda Fabbrica del Duomo ha concesso di
conservare in Cantù -laddove Ariberto ancora suddiacono ha
compiuto il suo ministero- la copia del Crocifisso.
Prof. ALESSIO VARISCO
Storico dell’arte e saggista
Direttore "Antropologia Arte Sacra"
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