Il mistero del Volto Santo e la Sindone
A livello visivo studiando l’immagine del Volto Santo di Lucca
non si può evitare di riscontrare una somiglianza con il Volto
della Sindone. Diversi studiosi ne hanno riscontrato questa
suggestiva sovrapposizione tra il Cristo scolpito di Lucca e la
reliquia sindonica.
La statua-reliquario venerata a Lucca, che si trova nella navata
sinistra della cattedrale di San Martino, raffigura un
crocifisso –il cui corpo e volto di Cristo riferiscono la
Risurrezione sulla Croce- racchiuso in una stupenda cappella -di
marmo di Carrara- progettata nella seconda metà del quattrocento
da Andrea Civitali.
Ciò
che sconcerta di primo acchito, in primissima battuta, è il suo
volto, la sua espressione, inusuale. Questo crocifisso presenta
un colore scuro –già questa differenza cromatica ci rende la
differenza-, inoltre i tratti somatici sono decisamente
differenti dai crocifissi che siamo abituati a vedere.
Il Volto Santo è stato scolpito dopo la resurrezione e
l’ascensione del Cristo da Nicodemo -secondo l'antica leggenda-
uomo menzionato nel Vangelo di Giovanni (Gv.19,38).
Nicodemo non era proprio un ottimo scultore e la Grazia Divina
fu certamente d’aiuto -più della sua stessa arte- e scolpì,
grazie all’ausilio divino, il busto del Volto Santo.
Nicodemo ormai spossato si assopì senza aver terminato la testa.
Miracolosamente il crocifisso -al suo risveglio- era ormai
finito, difatti gli angeli nel corso della notte avevano
lavorato al suo posto. L’opera fu consegnata ad Isacar -uomo
giusto e di Dio- durante il periodo delle persecuzioni, che
nascose per generazioni l’opera al fine di farla venerare.
Il vescovo Gualfredo ricevette dall’ angelo l’indicazione della
presenza della croce, la quale doveva essere spostata da una
terra da quella terra a un luogo dove ne fosse il culto
pubblico.
La croce venne collocata su una barca ed affidata alla Divina
Provvidenza dopo averla trasportata alla riva della vicina città
di Giaffa.
Il Crocifisso apparve sul territorio italiano nel 782 d.C.
quando una nave proveniente dall’Oriente approdò sulle spiagge
di Luni.
Il vescovo di Lucca era in quel periodo Giovanni I, a capo della
diocesi lucchese. Il pastore è noto agli storici della chiesa
per aver trasferito nella città i corpi di molti Santi. Questa
sete di reliquie –a quattro secoli di distanza dalla grande
ricerca di Reliquie di Martiri operata da Sant’Ambrogio in
territorio milanese- fu dipesa da un sogno al vescovo che vide
un angelo che gli suggerì di andare a Luni a prendere la barca
ed il suo prezioso carico, tra non poche polemiche.
Il vescovo dovette dirimere la proprietà della Santa Croce. Si
decise che -per acquietare le sommosse- il Crocifisso venisse
posto su un carro trainato dai buoi. Così la proprietà del Santo
Volto fu affidata alla direzione dei buoi lasciati liberi,
perciò se avessero trascinato il carro verso Lucca l’immagine
sacra sarebbe stato dei lucchesi, altrimenti sarebbe andato ai
Lunensi. La Croce fu diretta dai buoi in direzione di Lucca,
dove tutt’ora è ubicata e ancora una volta assegnata alla Divina
Provvidenza.
Gli studi sul Volto effettuati dalla dottoressa Anna Maria
Maetzke ribadiscono che l’originale non sarebbe quello
conservato nella chiesa di San Martino a Lucca, bensì il
Crocifisso della chiesa di Sansepolcro ad Arezzo.
Orbene gli scontri fra fazioni avverse -la città di Lucca e suoi
abitanti contro i cittadini di Sansepolcro- riguarderebbe la
secolare di venerazione dell’ortodossa immagine del Santo Volto.
Inutile sottolineare che i lucchesi antiprogressisti non si
pongono il quesito, per loro il Volto santo è e resterà
l’emblema della città di Lucca.
Un altro mistero infittisce l’analisi sul Crocifisso lucchese
che travolge la curiosità dell’osservatore e attacca la mente
provocando la scienza, e cioè l’anomala rassomiglianza tra il
Volto santo di Lucca e il Volto sindonico.
L’anello di collegamento tra lo storico lino e la scultura -che
da secoli interroga la mente e l’anima e un nome- che lo
ritroviamo riportato anche nei Vangeli: il discepolo Nicodemo
-che secondo la tradizione neotestamentaria- insieme a Giuseppe
d’Arimatea fasciarono in un lenzuolo e cosparsero d’olio il
corpo di Gesù, così come era costume dell’epoca per
le
a sepolture.
Come si può notare dalle foto di Giulio Dante Guerra vi è
un’enorme ed immensa somiglianza tra i due volti è singolare. Si
può evidenziare che Nicodemo intagliò il volto ispirandosi
all’immagine del sacro telo, se invece non intendiamo prestare
fede alla leggenda che -durante i secoli- abbiano preso
principio dalla sacra sindone.
A restituire più credibilità a questa ricostruzione storica, ci
ha pensato la scienza che da anni è colpita dall’enigma della
sindone. Confrontando i due volti mediante una tecnica di
trasformazione graduale ricostruzione in dissolvenza eseguita al
computer.
Orbene questa tesi –che peraltro mostra i punti di congruenza
simili al modo di operare un identikit all’americana- si deve ad
uno studio eseguito da un cattedratico dell’università di Padova
-il Professor Giulio Fanti-. Questa scoperta è stata mostrata
per la prima volta a un congresso internazionale di sindologia
dal Dottor Giulio Dante Guerra che ha portato ad un risultato
davvero interessante, infatti i due volti collimano
perfettamente.
L’esito è davvero toccante si intreccia di nuovo con la storia e
la leggenda, che da secoli si collocano nello scenario
collettivo e vanno a mettere dei dubbi che si nascondono nelle
nostre coscienze ponendo agli studiosi nuove confronti.
La specificità del Volto Santo è che si disgiunge
considerevolmente da altri crocifissi e dalle numerose icone
disseminate in tutto il mondo e proprio per questo lo riporta
ancor più all’oggetto di adorazione e di analisi.
Entrare nel Duomo di Lucca significa restare abbagliati ed
ammaliati da quel volto che pende dalla croce, al di là delle
leggende o di chi sia stato l’autore. L’enigma del Volto Santo
vigila sulla città di Lucca, che lo serba da secoli –orgogliosa-
con i suoi seducenti enigmi.
Prof. ALESSIO VARISCO
Storico dell’arte e saggista
Direttore "Antropologia Arte Sacra"
|