Il Mandylion
Il volto Santo non fatto da mano umana
Il mandylion
-meglio noto come “Immagine di
Edessa”- era un telo venerato dalle comunità cristiane
orientali, sul quale si diceva fosse stato impresso il
volto di Gesù nel giorno della sua passione. Il panno era
quindi detto “acheropita”, cioè "non fatto da mano
umana".
Il mandylion
era inizialmente tenuto ad Edessa -in Mesopotamia- dal VI
secolo fino al 944 (data certa di cui si ha menzione), quando
fu traslato a Costantinopoli. Quivi restò sino al 1204, quando
scomparve durante il saccheggio della città nella Quarta
crociata.
Il mandylion era inizialmente conservato
a Edessa di Mesopotamia, l’attuale Urfa, città della Turchia.
L’origine di questo telo è chiarita in maniera pressoché
leggendaria: Eusebio di Cesarea narra che Abgar V Ukama
("il Nero"), re di Edessa,
che era gravemente malato e venuto a conoscenza dell'esistenza
di Gesù
gli mandò un suo inviato per chiedergli che si recasse alla
corte di Edessa. Gesù non si recò ad Edessa, ma mandò una
missiva. Un’altra versione, molto più celebrata e famosa,
tratta dalla Dottrina di Addai -intitolata Atti di
Taddeo- varia l'antica tradizione di un ritratto di Gesù
eseguito da un pittore per il re Abgar V Ukama: il
messaggero desiderava studiare attentamente le sue sembianze
per riprodurle. A questa insistente richiesta venne un atto di
incredibile velocità ed estremamente prodigioso che lasciò
basito il servitore del re: Gesù stesso si asciugò il volto su
un telo ràkos tetràdiplon
e gli consegnò così la sua immagine.
Il panno che si ottenne dal sudore di Cristo
venne nominato “sindon” o “mandylion”.
Particolarità di questa riproduzione del Santo Volto è che
l’inconsueta immagine acheropita
fu consegnata al re che la adorò. Allora Abgar ottenne la
grazia e guarì dalla malattia nella quale versava. A miracolo
avvenuto ordinò che si fissasse l'immagine sopra una tavoletta
ornata d'oro.
Nell’anno 384 Egeria -pellegrina ad Edessa-
racconta che il vescovo della città le fece fare visita dei
maggiori luoghi e la portò alla Porta dei Bastioni –il luogo
dal quale entrò Hanna di ritorno dalla quale recando la
lettera di Gesù. Nella trattazione della pellegrina non è
fatta però menzione al –tra le molteplici memorie di quanto da
lei visto- all'immagine acheropita.
Segnalazione del "ritrovamento" dell'immagine
si ha a partire dal VI secolo. Nell’anno 544 la città fu
assediata dalle truppe di re Cosroe I Anushirvan che guidava i
Sasanidi. Lo storico Evagrio
riporta che la città fu resa libera dall'assedio grazie
all'immagine sacra. Inoltre un inno siriaco coevo considera
l'esistenza di quell'immagine miracolosa già rinomata e
venerata.
L'immagine acheropita di Cristo era stata
rinvenuta in una nicchia dentro un muro sovrastante una delle
porte della città, proprio quella che -secondo la tradizione
più diffusa in città- sarebbe stata ad accogliere il
messaggero di ritorno. E questa è l’epopea che ha acquisito
maggior credito. Secondo questa leggenda si ritiene che il
mandylion fosse stato -a causa delle persecuzioni-
occultato secoli prima e poi ignorato.
Durante i lavori di ricostruzione, eseguiti
successivamente alla disastrosa inondazione del Daisan,
potrebbe essere accaduto il ritrovamento del Santo Volto.
Giustiniano I si accinse ad ordinare una monumentale e
completa ricostruzione della quale beneficiò anche la chiesa
principale Santa Sofia.
Taluni storici
hanno invece avanzato l'ipotesi che il mandylion sia
giunto ad Edessa soltanto nel 540. Questo spiegherebbe
pertanto la mancanza di comunicazioni antecedenti negli anni
addietro: prima di tale data sarebbe stato custodito ad
Antiochia. Il trasporto avrebbe avuto luogo quando la città fu
attaccata da Cosroe -quattro anni prima di quella di Edessa- e
molti nell'imminenza dell'assedio fuggirono portando con loro
la preziosa reliquia.
Il mandylion fu conservato in una piccola cappella
situata a destra dell'abside della chiesa principale. Il telo
era serbato in un reliquario e non veniva mostrato alla vista
dei fedeli.
Edessa fu poi occupata dai musulmani ed il
mandylion seguitò ad essere esposto per qualche tempo.
Tuttavia si iniziò a temere per la sua sorte e si decise
nell’anno 944 che fosse traslato in Costantinopoli. Il
generale bizantino (domestikos) Giovanni Curcuas lo
recuperò barattandolo con 200 prigionieri musulmani e lo portò
nella città capitale dell’Impero.
Il mandylion fu accolto da una folla
esultante e venne posto con una cerimonia solenne dal
basileus Costantino Porfirogenito nella chiesa della
Vergine di Pharos. L’arrivo del sacro telo fu ricordato in
una festa liturgica che ciascun anno avveniva il 16 agosto.
Per questa festa furono composti alcuni canoni e si fa cenno
all'immagine attribuendole una potenza taumaturgica.
Durante la Quarta Crociata nell’anno 1204 il
mandylion sparì. La città di Costantinopoli assediata
cadde e venne in seguito saccheggiata. Secondo il cronista
Robert de Clary
prima della caduta di Costantinopoli in mano ai crociati
occidentali
veniva esposta una Sydoine ogni venerdì nella chiesa
di Santa Maria di Blachernae.
L’immagine di quel telo presentava la figura
del Cristo chiaramente visibile «ma nessuno sa ora cosa sia
avvenuto del lenzuolo dopo che fu saccheggiata la città».
È da notare tuttavia poi che nei suoi racconti Robert de Clary
parla anche esplicitamente del mandylion affermando che
era conservato in un vaso d'oro ed in un altro posto della
città.
Vi è un rapporto privilegiato fra mandylion
e la Sindone. Molti sostengono che si tratti dello
stesso telo –chiamato in ambito orientale mandylion mentre in
occidente sindone-, sottratto furtivamente e portato in
Occidente. Difatti circa centocinquant’anni dopo il
trasferimento della sindone si hanno le prime notizie
sicuramente documentate della Sacra Sindone.
I due oggetti presentano delle similarità abbastanza evidenti,
ma non ci sono prove certe della loro identità.
Numerosi studi -fra cui il più recente Lawrence
M.F. Sudbury-
tendono a negare, peraltro su base storica, questa ipotesi.
Fonti sia antiche che medioevali riferiscono della Sindone e
del Mandylion come due oggetti distinti. La sovrapposizione
dei due oggetti –comunque distinti- può essere dipesa dal
fatto che entrambi erano custoditi nella città di
Costantinopoli. Il cronista medioevale ben chiarisce Robert de
Clary nella sua opera La conquête
de Constantinople che i due teli
durante la Quarta crociata
erano ubicati in due luoghi separati. Anche la città di Genova
e di Roma ne hanno successivamente dichiarato il possesso.
Pare che un presunto mandylion sia stato mostrato dal
Vaticano nel 1870, ma da allora non se ne è più conosciuto il
destino.
Prof. ALESSIO VARISCO
Storico dell’arte e saggista
Direttore "Antropologia Arte Sacra"
Evagrio lo Scolastico (nato ad Epifania in Siria, attuale
“Hamāh” –in arabo ماة-
nel 536 e morto
certamente verso l’anno 600) nell’anno 594 testimonia
l’immagine acheropita. Lo storico bizantino, questore e
prefetto onorario sotto gli imperatori Tiberio II
Costantino e Maurizio I. Compose una Storia
Ecclesiastica che va dal 431 (Concilio di Efeso) fino
al 594 opera importante come testo documentario
dell'epoca.
L. Garlaschelli,
Processo alla Sindone. 1998, Avverbi Edizioni, pag.
125.
L. M.F. Sudbury,
Non per mano d'uomo?, Napoli, Boopen, 2007.