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La Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme in Pisa:

Una riproduzione gerosolimitana dell’Anastasis dell'architetto Deotisalvi

 

Tra simbolismo e misticismo

 

Come il quadrato indica il mondo[1], così il cerchio rappresenta il cielo[2]. A livello architettonico la unificazione di questi due elementi –in realtà sono entrambi una sorta di principi antagonisti che determinano la costituzione del mondo materiale e spirituale- si fonda nella realizzazione di templi votivi. La storia dell’arte presenta templi, sinagoghe, chiese, moschee che rivendicano contenuti simbolici, estremi significati della stessa fede. Orbene si pensi alla cuba islamica che doveva avere una base quadrata e un tetto circolare, tracciati dal compasso celeste e dalla squadra terrestre.

Presso i neoplatonici e i neopitagorici -le cui dottrine influirono la cultura islamica- la genesi del mondo scaturirebbe da un cerchio generato da due quadrati ruotanti di 45° rispetto ai propri assi[3] che determinerebbero quindi un ottagono.

Nella tradizione cristiana ed islamica la figura dell’ottagono è uno dei principali simboli dell'arte e dell’architettura: molteplici le decorazioni e/o templi a forma ottagonale[4]. Alcuni edifici civili e militari presentano la forma ottagonale, il più mirabile esempio è Castel del Monte in Puglia[5].

Il numero otto è provvisto di una grande valenza e valore dal punto di vista simbolico. La cifra otto descrive il mondo transitorio fra il cielo -la circonferenza- e la terra -la mole quadrata-, il punto di arresto della manifestazione. Nella tradizione ebraica, a livello cabalistico, esso è la rappresentazione della bilancia e perciò dell’equità, un rimando esplicito al Giudizio divino, ad un attesa messianica ed alla parusia. Dal punto di vista visivo lo stesso numero disposto orizzontalmente raffigura l'infinito.

La figura geometrica a otto lati, rappresentazione spaziale della cifra medesima, custodisce in sé la nozione di rigenerazione spirituale poiché “medium” fra il quadrato –terreno- e il cerchio –divino-. A livello architettonico non è un caso se dall’antica tradizione cristiana il fonte battesimale -che simboleggia rigenerazione e rinascita- ha quasi sempre la forma ottagonale. Il fonte ottagonale è rappresentazione dell'ottavo giorno da cui si generò “l'uomo nuovo” –Colui che fu investito dalla Grazia- ed ebbe luogo la risurrezione del Cristo. Il simbolo dell’ottavo giorno [6]è il simbolo della schiacciante vittoria sul male, sugli inferi. L’ottavo giorno è la parusica attesa colmata dalla nascita del Cristo, l’Emmanuele –ovvero Dio con noi-, mediatore e pacificatore fra Dio e l'uomo[7]. L’ottavo giorno –in realtà irreale nel calendario reale- è un puro simbolo della Salvezza Divina indicante l'«altro giorno», ovvero il «tempo di Dio».

Tutte le figure geometriche che si costituiscono dall'ottagono oppure dalla stella a otto punte appaiono in molte piante di chiese cristiane –ed anche nell’architettura islamica, in molte moschee[8]- e costituiscono un simbolo mandalico che riproduce il percorso dal mondo umano –terreno- alla salvezza eterna –metafisica e trascendente, divina-. L’ottagono è rappresentazione della quadratura del cerchio[9]. Svariate strutture traggono ispirazione dalla stella ad otto punte: la Cupola della Roccia presso Gerusalemme -innalzata dal Califfo 'Abd al-Malik- sulla rupe dove un tempo si trovava il tempio di Salomone[10], la chiesa del Santo Sepolcro, l'una testimonianza dell'affermazione religiosa dell'Islam (da lì Maometto lasciò la terra per essere assunto in cielo), l'altro costruzione templare in Pisa. Le proporzioni del Santo Sepolcro in Pisa fu ispirata dalle stesse misure usate da Salomone per la costruzione del Tempio di Gerusalemme.

Altri edifici hanno reminescenze simbolico-geometriche e  sono ubicati in Pisa: la cappella di Sant'Agata, il Campanile della chiesa di San Nicola di cui si è perso sia il nome dell'architetto che li costruì che il loro immenso significato emblematico. Diverse sono le attribuzioni su chi possa esser stato l'architetto del campanile di San Nicola, il Vasari[11] assicura che l’architetto progettista del campanile di san Nicola fu stimolato dal Fibonacci[12]. Difatti le misure i rapporti in alzato delle varie forme geometriche del campanile[13] seguono fedelmente i dettami tecnici della conoscenza algebrica. Altresì è dimostrato che il disegno risponde a rapporti algebrici e conseguentemente il campanile manifesta tali formule. Sicuramente i nomi riportati dagli storici sono molteplici, sebbene la datazione ed il periodo storico, nonché il contesto fanno ipotizzare addirittura lo mano del matematico Leonardo Pisano[14], personaggio con grandi conoscenze di algebra e simbolismo-geometrico, apprese dal mondo islamico nei suoi viaggi col padre. Leonardo da Pisa, meglio noto come “Fibonacci”- nacque e visse in una città di navigatori e crociati. Sicuramente quando venne al mondo la chiesa di San Sepolcro aveva già preso forma nel secolo precedente ed ebbe modo di ammirarne forme e proporzioni.

Federico II tenne in altissima considerazione Pisa –questo è dato sapere dai documenti- punta di diamante del ghibellinismo in Italia, alla quale rinnovò gli antichi diplomi imperiali fra cui le concessioni di metà delle più importanti città del sud della penisola insieme ad una via in ogni città del regno, fu per l'acceso ghibellinismo e fedeltà all'impero che Pisa si prese la scomunica insieme a Federico, tolta con l'edificazione del grande ospedale di Santa Chiara nella piazza dei miracoli.

Il grande matematico che per primo introdusse il sistema numerico arabo in Occidente (dedicò all'Imperatore, nel 1225, il suo Liber quadratorum) e Michele Scoto -grandissimo astrologo- autore del triplice trattato Liber Introductorius, Liber particularis, e la Phisyognomia, che nel loro complesso costituivano una vera enciclopedia di tutto il sapere astronomico-astrologico dell'epoca. Il simbolo dell'ottagono si ritrova spessissimo sulle chiese pisane, la cattedrale stessa mostra tarsie che spesso ricorrono in figure geometriche ottagonali, questi simboli vennero usati successivamente in Castel del Monte in Puglia.

La forma ottagonale è pure presente nell’altare della Basilica superiore di Assisi, costruito da frate Elia. Difatti -da più storici- frate Elia è accreditato –unitamente a Leonardo Pisano- progettista del castello federiciano di Castel del Monte. L'eco di Fibonacci raggiunse anche la corte di Federico II del Sacro Romano Impero, soprattutto dopo che il suo matematico ebbe alcuni problemi risolti dal Fibonacci. Per tale motivo gli fu destinato una rendita che gli diede facoltà di dedicarsi interamente ai suoi studi.

Dall’anno 1228 non si hanno più notizie del matematico, salvo il conferimento del titolo di "Discretus et sapiens magister Leonardo Bigollo", contenuto all’interno del Decreto della Repubblica di Pisa che gli conferì detta onorificenza. Fibonacci morì qualche anno dopo -presumibilmente a Pisa-, ma i suoi studi furono così importanti che tutt'oggi esiste una pubblicazione periodica dedicata interamente alla sequenza aritmetica da lui elaborata, il"Fibonacci Quarterly".

 

 

Il Santo Sepolcro di Gerusalemme in Pisa

Una riproduzione gerosolimitana dell’Anastasis del Deotisalvi in Toscana

 A Pisa si contano molteplici tracce di grandi artisti ed in particolare architetti che hanno segnato i fasti della Città nell’epoca delle Repubbliche Marinare. In realtà Pisa cela due grandiose opere dell’architetto Deotisalvi che richiamano l’architettura dell’Anastasis di Gerusalemme: la chiesa del Santo Sepolcro e il battistero della cattedrale.

L’attività progettuale dell’architetto Deotisalvi si pone intorno alla metà del XII secolo. Il Deotisalvi svolge la sua attività costruttiva mentre la Repubblica Marinara di Pisa assume un ruolo primario nel movimento crociato e nella gestione dei traffici marittimi con l’Oriente, per importanza, forza ed efficacia.

La chiesa del Santo Sepolcro in Pisa era la sede di un ospedale dei cavalieri Gerosolimitani[15] e scaturiva dal progetto di Deotisalvi sulla riva di manca del fiume Arno. La chiesa era pensata in questa posizione per poter favorire gli sbarchi e le comunicazioni. Quest’oggi quell’antico rapporto, una sorta di vero e proprio sodalizio, con il fiume -cantato dal Sommo- non è più evidente a causa dell’accrescersi di numerosi palazzi che hanno trasformato energicamente questa parte dell’antica e bella città medievale.

Il motivo per cui questa chiesa si chiama del Santo Sepolcro é dipeso dal fatto che i pisani avevano partecipato alla Prima Crociata con il loro vescovo, Darberto. Nell’anno 1112 i cittadini della Città di Pisa vollero fondare un complesso che contenesse una chiesa, un convento, l’albergo e l’ospedale, su modello di una costruzione anonima che si trovava a Gerusalemme.

I Gerosolimitani si erano insediati a Pisa a partire dall’anno 1113 e da qui coordinavano un apprezzabile centro di ricezione per i pellegrini diretti verso la Terra Santa che partivano proprio dalla città. A livello storico l’attribuzione della chiesa a Deotisalvi è assicurata da una lapide murata sul fusto del campanile[16] che recita:

«HUIUS OPERIS FABRICATOR / DE(EU)STESALVET NOMINAT(UR)»[17].

La chiesa è composta da una struttura ottagonale con un ambulacro di otto equidistanti pilastri[18] che sostengono -su archi acuti- un tamburo e un tetto di forma piramidale. Ciò che stupisce all’interno della chiesa durante la visita l’assoluta e rigorosa perfezione delle forme geometriche che costruiscono un tempio equilibratissimo, oltre a ciò i pilastri hanno una sezione pentagonale e rispecchiano un rigoroso rispetto dell’equilibrio compositivo. Sul perimetro della chiesa ammiriamo ampie monofore che dischiudendosi assicurano un’ottima illuminazione interna.

Difatti la struttura ottagona era ritenuta la primigenia forma del sepolcro di Cristo a Gerusalemme. Profondamente alterato nel corso dei secoli e riportato all’aspetto originale solamente nell’ottocento, l’edificio è un ottagono in pietra con due finestre per lato e una copertura a piramide anch’essa ottagonale fornita di un’apertura per ogni parete.

Le coperture apparivano dapprima in tetto ligneo. Per taluni storici dell’arte –ma non è chiaro e verosimilmente documentato- se la piramide di conclusione fosse schiusa alla punta, a riproduzione –in questo modo quasi anastatica- della cupola del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

A fianco della chiesa venne realizzato il campanile di base quadrangolare -probabilmente in una fase successiva alla costruzione della chiesa- appare bicromo: dalla base in pietra verrucana mentre la parte superiore in laterizio.. In realtà la chiesa rassomiglia fortemente alla Moschea di Homar che i cristiani di Gerusalemme avevano nominato Templum Domini.

Sopra il portale principale, in una lunetta è racchiuso il "Busto di Diotisalvi" -progettista di due mirabili architetture pisane ottagone-, opera scolpita nell’ottocento da Sante Varni.

L’interno della chiesa è luminoso ma di aspetto severo ove otto massicci pilastri con archi acuti racchiudono la zona dello spoglio altare mentre in alto si apre la cupola piramidale in mattoni che creano cangianti effetti cromatici.

Sino alla metà dell’Ottocento era circondata da un porticato[19]. Purtroppo durante i lavori di restauro intrapresi in quegli anni, il bel porticato fu completamente abbattuto. La chiesa doveva apparire cinta da un loggiato trecentesco di ottima fattura che celava la naos e la piramide.

All'interno troviamo sul pavimento davanti all’ingresso principale è visibile la Tomba di Maria Mancini Colonna, favorita del Re Luigi XIV di Francia, mentre addossato alla parete il Pozzo Miracoloso cui attingeva acqua la pisana Sant’Ubaldesca, vissuta nel XII secolo.

Accanto alla chiesa, situata in posizione più bassa rispetto al piano stradale, si eleva il grande Campanile in pietra e laterizi, ornato da archetti e da un’elegante bifora. Campanile e chiesa sono rivestiti in pietra chiara verrucana[20] e la decorazione appare misurata –quasi severa e rigida-, limitata a sole teste di tori e di leoni che protendono dalle pareti esterne.

Al di sopra del portale un fregio con un leone unghiato venne posto nell’Ottocento un busto commemorativo di Deotisalvi, realizzato dallo scultore Sante Varni.

Prof. ALESSIO VARISCO

 Storico dell’arte e saggista

Direttore "Antropologia Arte Sacra"

 

 


[1] A livello simbolico il quadrato rappresenta l’elemento materiale: i quattro punti cardinali, i quattro elementi, i quattro evangelisti.

[2] Il  cielo simboleggia l’infinità e Dio.

[3] Alle cosmogonie si associano spesso dei “simboli” che riportano valenze divine-ultraterrene generanti ed umane –da queste ultime- generate.

[4] Si pensi alla forma ottagonale dei battisteri romanici presenti sul nostro territorio italico, le moschee in Spagna.

[5] La forma del castello è in realtà il rifacimento in pianta di della stella ottagonale, rappresenta in modo molto efficace la sacralizzazione dell'autorità sveva: Castel del Monte è il simbolo di Federico II per rappresentare la comunione di Regnum et Sacerdotium nella sua persona. Castel del Monte in Puglia simbolo della spiritualità dei soldati di Cristo e simbolo architettonico della Pax Augusta federiciana.

[6] L’ottavo giorno è quello della Resurrezione dai morti, l’ultimo giorno per la tradizione ebraica

[7] Si pensi a Paolo VI che durante una sua Udienza Generale definì Cristo ponte fra gli uomini e Dio. Difatti incarnandosi ha concesso anche a noi di divenire figli adottivi del Padre che sta nei cieli.

[8] La più famosa quella della spianata delle moschee, la Cupola della Roccia, in Gerusalemme in cui il Profeta Maometto –il profeta per antonomasia, colui che riceve la rivelazione dell’unico Dio, Allah- ascende al cielo.

[9] Il riferimento della simbologia al mondo degli alchimisti assume una così grande importanza.

[10] In seguito divenne il quartier generale dei Cavalieri del Tempio.

[11] L’architetto, artista e biografo aretino era innamorato del campanile della chiesa.

[12] La più parte degli storici è incline nel ritenere autore del Tempio del Santo Sepolcro di Pisa il Nicola Pisano.

[13] È spaventoso ed impressionante il rigore geometrico-algebrico dell’equilibrio compositivo che rivela una profonda conoscenza dell’algebra e della geometria.

[14] Leonardo Fibonacci, conosciuto anche come Leonardo da Pisa o Leonardo Pisano -nato a Pisa nel 1170 e morto a Pisa nel 1250- è stato uno dei massimi matematici italiani. Fibonacci è noto soprattutto per la sequenza di numeri da lui ideata e conosciuta, appunto, come “successione di Fibonacci” ovvero:  0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144… In questa serie numerica cui ogni numero -a parte i primi due- è la somma dei due che lo precedono. Sembra che questa sequenza sia presente in diverse forme naturali (per esempio, negli sviluppi delle spirali delle conchiglie).

Insieme ad altri matematici del suo tempo, diede un apporto alla rinascita delle cosiddette “scienze esatte” dopo la rovina dell'ultima parte dell'età classica e del primo Medioevo. Il padre Guglielmo -rappresentante dei mercanti della Repubblica di Pisa nella regione di Bugia (in arabo “Bejaia” ed in berbero “Bgayet”) in Cabilia (attuale Algeria)- portò la propria famiglia alcuni anni, con Leonardo, in quelle terre. Perciò il Fibonacci ebbe modo di scoprire in quella città e studiare i procedimenti matematici che le popolazioni arabe stavano effondendo nelle regioni da loro conquistate. Qualcuno di questi procedimenti –addirittura importati per la prima volta dagli Indiani- comportarono la nascita di una cultura differente da quella mediterranea sino ad allora attiva. Fibonacci visitò molti luoghi lontani al fine di affinare queste sue nuove acquisizioni di sapere matematico, a lui sconosciute, per diffonderle in Occidente. Sappiamo che Leonardo da Pisa arrivò sino a Costantinopoli e riuscì a compiere tutti questi viaggi avvicendando gli studi matematici al commercio, da quest’ultimo trasse i sostentamenti per proseguire i suoi studi matematici. Rientrò a Pisa intorno al 1200. Negli anni successivi pubblicò nel 1202 e nel 1228 la sua opera di quindici capitoli Liber Abaci, tramite la quale introdusse per la prima volta in Europa le nove cifre (da lui chiamate indiane), assieme al segno 0, "che in latino è chiamato zephirus "zefiro" –nell’ambito del primo capitolo affronta numerosi confronti con il sistema romano, utili ad un’antropologia della nascente scienza matematica alla luce della precedente cultura scientifica-. Nei suoi scritti ebbe modo di presentare i “criteri di divisibilità”, le “regole di calcolo di radicali quadratici e cubici” e numerose altre elaborazioni, oggi base ineludibili per affrontare propedeuticamente le scienze matematiche.

Immise -con poco successo- la barretta delle frazioni, nota al mondo arabo prima di lui trattata nell’ambito dal secondo al quarto capitolo. Per fare vedere "ad oculum" l'efficacia del nuovo sistema egli sistemò sotto gli occhi del lettore una tabella comparativa di numeri scritti nei due sistemi, romano e indiano. In realtà il sistema indiano era già conosciuto, ma se ne esitava la superiorità su quello romano per una sorta di ossequio al sistema classico antico. Sono anche compresi quesiti che gli furono posti, con la loro soluzione tra cui in uno dei capitoli la trattazione aritmetica del problema commerciale, problemi di cambi: tutte applicazioni oggi delle scienze economiche e bancarie ancora impiegate. L’opera del Fibonacci sebbene si tratti di un manoscritto è giunta  a noi sotto svariate copie, assieme ad alcuni altri suoi libri; si ha notizia anche di altri scritti –citati da altri studiosi-, però non rintracciabili.

[15] I cosiddetti “Gerosolimitani” sono i cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme.

[16] Con ogni probabilità la lastra marmorea è stata rimossa dalla sua posizione originaria e probabilmente per consentire una lettura a tutti è stata collocata proprio sulla torre del campanile.

[17] Il costruttore di quest’opera è chiamato Deotisalvi.

[18] All'interno la chiesa si presenta con 8 pilastri -alti e snelli- uno dall'altro dai quali da cui decollano altrettanti archi che culminano al vertice con una cupola a forma di piramide.-

[19] Prima del 1850 il Tempio del Santo Sepolcro di Pisa venne mutilato dello stupendo trecentesco porticato che lo cingeva.

[20] In buona parte sostituita dai restauri ottocenteschi.

 


 
 
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