La Basilica Santa Maria in Cosmedin
L’antica Santa Maria in Schola Graeca in Roma
presso la Bocca della Verità
La Basilica di Santa Maria in Cosmedin, un tempo titolata “Santa
Maria in Schola Græca”, è sita
nell’attuale Piazza della Bocca della Verità.
La chiesa è una delle basiliche romane più importanti -assurte a
simbolo della città stessa-, costituisce -con gli adiacenti
templi di piazza Bocca della Verità- un quadro vivente di
continuità tra l’Urbe antica e quella medievale.
L’edificio cristiano primigenio
fu eretto nel VI secolo d.C. al posto di due antichi edifici
romani, quale centro di assistenza e distribuzione viveri di qui
il titolo di "diaconia".
La chiesa sorge su di una piazza
antistante che è denominata “della Bocca della Verità”. Un tempo
–in epoca Medioevale- la zona circostante l’edificio religioso
era abitata da una comunità greca. Di qui il nome di “Ripa
Greca”, a livello toponomastico –interessante notare la
“vitalità” di un luogo e la diversa destinazione- da segnalare
invece nei secoli più vicini a noi, che il baricentro cittadino
si sposta verso settentrione e con sequenzialmente l’area cadde
in declino, lentamente ed in maniera irreversibile. Questa
decadenza del quartiere comportò il sorgere di numerosi fienili,
da cui il nome di certune strade -ancor oggi- via dei Fienili,
via dei Foraggi.
Il primo dei due
fabbricati romani -lo “Statio Annonae”-
era un centro per la distribuzione dei rifornimenti alimentari
fu eretto sul finire del IV secolo d.C.. Questo primo edificio
fu trasformato in sede della “Statio Annonae” e cioè in
quella istituzione che assisteva le smistamenti gratuite di cibo
alla cittadinanza romana. Questa medesima attività andò alla
chiesa romana sul finire del VI secolo.
L'altra costruzione era un monumentale altare di Ercole –l’Ara
Maxima Erculis Invicti-,
offerto -secondo la tradizione- dal re Evandro al mitico eroe in
ricordo dell'esecuzione del gigante Caco. I resti –secondo la
tradizione- sono assegnati a una ricostruzione del II secolo
a.C., per taluni storici dell’arte si tratterebbe invece della
pedana di un tempio consacrato da Pompeo ad Ercole. A tal
proposito detto altare resterebbe il nucleo che forma un grande
corpo murario in blocchi di tufo e che forma la cripta.
Nell’anno 782 si trasferirono nella chiesa di Santa Maria in
Schola Graeca dei monaci bizantini che fuggivano dalle
persecuzioni iconoclaste dandogli poi anche il titolo di “kosmidion”.
Questo attributo venne conferito per lo luminosità delle
decorazioni interne.
L’attuale chiesa in realtà è la
ricostruzione dell'VIII secolo e nuove parti vennero aggiunte
nei secoli XI, XII e XIII. Quest’edificio religioso dell'VIII
secolo dopo essere stata sinistrata dal sacco normanno del 1084
patì ampi rifacimenti tra il 1118 e il 1124.
E’ con Papa Stefano II che presso Santa Maria in
Cosmedin fu istituita intorno al 600 da papa Gregorio I una
diaconia nella chiesa fatta costruire sul Tempio della Fortuna.
Fu papa Adriano I che la trasformò in una vera
basilica, difatti all'inizio era una mera piccola chiesa
edificata presso la loggia dei mercanti. La chiesa venne donata
nel 1432 da papa Eugenio IV ai benedettini di Monte Cassino. A
seguito del passaggio all’ordine monastico, per evitare
conflitti tra i monaci ed il diacono, venne soppresso il titolo
di “diaconia”. Non trascorse troppo tempo in quanto papa Leone X
lo riammise.
La chiesa venne completamente
riaffrescata nel XVIII secolo. A seguito di un restauro nel XIX
secolo vennero cancellate tutte le aggiunte settecentesche e
perciò possiamo ammirare l'aspetto che certamente doveva avere
la chiesa tra l'VIII e il XIII secolo.
La chiesa dall'epoca della sua fondazione era servita alla
comunità greco-bizantina collocatasi nell'area al tempo di
Giustiniano. A causa dell'immigrazione in massa dall' Oriente
durante l'VIII secolo, questa comunità accrebbe di numero a
causa dello scoppio del contrasto religioso sul culto delle
immagini.
Nei secoli successivi la basilica passa ai
Benedettini, poi cadde in rovina per essere restaurata secondo
una garbata veste rococò da Giuseppe Sardi nel 1718. Questa
veste lambiccata le fu tolta del tutto durante il ripristino
delle primitive forme romaniche ad opera dell'architetto
Giovenale tra il 1894 ed il 1899.
Ciò che colpisce dall’esterno è
il maestoso e ben conservato portico dell'XI secolo costituito
da un protiro centrale sostenuto da quattro pilastri in granito
rosso. Inoltre il campanile romanico del XIII secolo è a sette
piani. Il portale principale e le decorazioni sono dell'XI
secolo.
La famosa Bocca della
Verità è posta sotto il portico sulla parete di sinistra,
visibile come un grande disco marmoreo di un antico chiusino
scolpito in foggia di mascherone. La leggenda che attraverso i
secoli narra che chi infilasse una mano nella bocca della famosa
piastra marmorea mentre diceva una bugia sarebbe stato morso.
Nel Medioevo questa credenza era
presa tanto sul serio che la "bocca" veniva usata come una sorta
di “macchina della verità" nei processi, soprattutto verso le
adultere.
La ricchezza di Santa Maria in
Cosmedin è anche l'interno della chiesa in cui sono conservate
-ancora nella loro posizione originale- dieci colonne di marmo
con capitelli corinzi, appartenenti all'Annona (Statio Annonae).
Di queste colonne ben sette sono poste ai lati del portale
mediano -alla base del campanile e nella sagrestia- situate
sulla "facciata", mentre le ulteriori tre –son situate nel muro
della navata sinistra- dovevano stare su uno dei lati minori.
Ciò che stupisce il visitatore –o pellegrino, sia oggi che
nell’antichità-, è la bellezza, l’equilibrio della facciata.
Come detto un portico ad arcate, sovrastato da finestre.
L’attuale facciata è composta in maniera organica.
La basilica di Santa Maria in Cosmedin si riconosce nel tessuto
urbano anche per il suo bel porticato -centro della visuale di
chi giunge in piazza della Bocca della Verità- si eleva un
bellissimo protiro, mentre alla destra il campanile romanico
-uno dei più belli e conservati della città- a sette piani.
Così come si presenta l'interno della chiesa romana di Santa
Maria in Cosmedin è distribuita in tre navate divise da enormi
quattro pilastri e diciotto colonne –materiale sicuramente di
spoglio-. La preziosità dell’interno, oltre alle colonne
reimpiegate, è il pavimento cosmatesco e il soffitto ligneo
restaurati durante l’Ottocento.
A
riprova del fatto che la basilica cristiana è stata edificata su
precedenti edifici romani troviamo in corrispondenza dei muri
perimetrali della chiesa -verso la controfacciata e nella
sagrestia- le colonne superstiti della Statio Annonae,
che addirittura in talune parti conservano ancora i loro
capitelli originali.
L'orientamento dell’edificio romano si sviluppava in maniera
trasversale rispetto a quello della chiesa attuale, seguendo un
allineamento Nord-Est/Sud-Ovest .
Ulteriore caratteristica della chiesa il matroneo –che è stato
restaurato- è ancora quello della chiesa dell'VIII secolo.
All’interno della navata centrale si conservano su tre strati
nella parte superiore -oltre che sull'arco trionfale- pitture
dall'VIII al XII secolo.
Una vera preziosità –dal punto di vista della teologia della
liturgia, nonché della prassi cultuale- al centro della navata è
certamente la cosiddetta “schola cantorum” –elemento
superstite dell’antico modo di fare liturgia- costituita da due
pulpiti –e relativi baldacchini- di fine del XIII secolo. L’
altare maggiore sottostante è un antico pezzo di granito rosso
finemente lavorato e qui collocato nel 1123. Il cero pasquale è
della fine del XIII secolo, mentre il pavimento cosmatesco della
schola cantorum è ancora originale.
L’accesso alla sagrestia avviene dalla navata di destra, ove è
custodito un preziosissimo frammento di un mosaico
originariamente posto in San Pietro nell'oratorio di papa
Giovanni VII (705-707) che raffigura episodi dell'Epifania.
Degli altri pezzi di mosaico sono mantenuti in Vaticano e un
frammento agli Uffizi di Firenze.
Sull'altare è conservata un'immagine della Theotokos
(Madre di Dio) -opera trecentesca di scuola romana- ridipinta
più volte, ora nella cappella del coro invernale edificata nel
1686.
L’accesso alla cripta
- a tre navate, spartite da sei colonne dell'VIII secolo-
avviene direttamente dalla navata, dalla schola cantorum.
A fine Ottocento –a seguito dei restauri- sono riemersi filari
di blocchi di tufo alla luce accertati quali l'Ara Maxima
Herculis.
Qui sopra:
blocchi
tufacei dell’Ara
Maxima Herculis custoditi nella cripta.
La cappella del Crocifisso -fabbricata su progetti del
Giovenale- sorge nella navata di sinistra, ove si conserva un
bel tabernacolo in marmi policromi del 1727. Di medesima epoca è
anche il bel Battistero.
Papa Clemente XI –nell’anno 1715- diede un nuovo assetto alla
piazza e all’intero quartiere facendo risistemare l’intera zona
–ormai decaduta-. Il pontefice fece erigere la fontana dei
Tritoni –un’amabile opera tardo barocca di Carlo Bizzaccheri-
che ancor oggi è davanti la chiesa.
Come altre zone della
Roma antica purtroppo anche Ripa Greca ha subito ennesime
mutilazioni che ne hanno alterato l'aspetto. L’attuale
fisionomia della zona è dovuta alle ampie demolizioni effettuate
negli 1924 e 1925 che hanno isolato i due templi tardo
repubblicani definiti della Fortuna Virile e di Vesta. In realtà
questi due edifici sacri erano invece dedicati rispettivamente a
Portunus
ad Ercole. Ambedue devono la loro straordinaria ed unica
conservazione al fatto che nel corso del XII secolo -ma già a
partire dal IX- furono convertiti in chiesa. Questi due templi
precristiani, grazie alla conversione in edifici di culto
cristiani, costituiscono oggi due tra i più arcaici edifici
meglio mantenuti in Roma.
L’aggiustamento urbanistico degli anni venti e trenta del XX
secolo ha fatto sparire l'aspetto rurale della zona -mutando con
“recenti” sistemazioni l’antico tracciato urbano random- ed ha
anche rimosso gli equipaggiamenti industriali e le strumentarie
di servizio che negli anni di pontificato di Pio IX si erano
stanziate nell'aerea.
L’antica atmosfera si
era andata perdendo, tanto che fino al 1935 una centrale del gas
invadeva la stupenda valle del Circo Massimo. Alle
risistemazioni del ventennio fascista –purtroppo-sopravvisse,
oggi variata in uffici comunali, la mole dell'ex pastificio
Pantanella.
Quest’addensamento industriale -dismesso insediamento
produttivo, una sorta di archeologia urbana- che ancor oggi con
i suoi volumi comprime le stupende ed equilibrate linee
dell'adiacente chiesa di Santa Maria in Cosmedin. Ennesimo
orrore estetico, mancanza di applicazione di una legislazione
urbanistica che tuteli –o meglio semplicemente applichi,
coniugando, la Carta Costituzionale che tutela il “paesaggio” ed
il patrimonio storico architettonico italiano- la bellezza dei
reperti di un tempo andato.
Attualmente la chiesa
è la sede italiana della chiesa greco-melkita cattolica,
il prevosto è Mons. Mtonio Haddad, archimandrita.
Ancora oggi vale la pena una visita della Basilica. Certamente
la posizione strategica in pieno centro –proprio dietro ai Fori
Imperiali- ha fatto sì che si determinasse una grande fama.
Andare però in pellegrinaggio all’Urbe per farsi ritrarre nel
portico della celeberrima Santa Maria in Cosmedin con la mano
inserita nella famosa Bocca della Verità non è che uno dei
fenomeni del turismo di massa... L’atmosfera e la spiritualità
di
Santa Maria in Schola Græca
è un’altra cosa. Certamente la Basilica è il simbolo
dell'attitudine di mozzare la mano dello spergiuro che ve la
introduce. Ma la chiesa è anche il simbolo della condivisione,
dell’apertura verso il povero, del servizio dell’antica diaconia
già praticata precedentemente in epoca cristiana. Con questi
occhi si scoprirà un vero tesoro spirituale nella frenetica
capitale.
Prof. ALESSIO VARISCO
Storico dell’Arte e saggista
Direttore Antropologia Arte Sacra
In origine era –molto probabilmente- un chiusino monumentale
della Cloaca Massima, oppure per taluni storici
dell’arte la copertura di un pozzo.
L'edificio,noto ai più per essere sede degli uffici
elettorali, conserva anche una curiosa collezione, quella
dei fondali scenici del teatro dell'opera.
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