La Sancta Hyerusalem Burgensis
Il culto sansepolcrale,
le processioni della confraternita di misericordia della
chiesa di San Rocco di Borgo Sansepolcro (Ar)
La chiesa di San Rocco in
Sansepolcro sorge nel centro storico, all’interno della
cinta muraria, sopraelevata di quattro gradini rispetto al
piano della via Niccolò Aggiunti. La strada in cui è
ubicato il tempio rochiano è perpendicolare alla via
Matteotti su cui sorge la Cattedrale
oggi custodente la bellissima croce policroma del Santo
Volto di Sansepolcro.
La chiesa di San Rocco si
presenta ordinatamente composta da una facciata
asimmetrica, molto semplice, di pietra serena sulla quale
si apre un bel portale d’ingresso cinquecentesco ed un
piccolo occhio attorno cui notiamo dei laterizi. Sulla
parte di destra del complesso di San Rocco –quella cioè
che lo rende asimmetrico- all’incrocio con la via Piero
della Francesca
hanno sede gli uffici della Confraternita di
Misericordia.
Accedendo a questa
chiesetta si ha il sentore di addentrarsi in un ambiente
antico, fatto di tradizioni passate, ove mistero e
fascino, arte e fede sono espresse da queste pietre. Nei
massi squadrati della facciata, nelle semplici pitture, o
fra immagini scolpite, leggiamo una fede eroica e senza
calcolo che stupisce per la sua intensità e per la
passione verso i misteri della nostra fede cristiana.
Un percorso interno, con
una stretta scala, univa la chiesa superiore con
l’oratorio sottostante custodente una riproduzione del
Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Tutti i fedeli
precedentemente i lavori di ristrutturazione –eseguiti per
ricavare gli uffici della “Confraternita di Misericordia”,
tutt’ora attiva in questa sede e custode del complesso
rochiano- scendevano accedendo all’ipogeo in cui vi erano
diverse “stazioni plastiche” ed immagini dipinte a
rivivere la vita e la Passione di Gesù Cristo. È così che
il popolo di Sansepolcro percorreva questo tragitto
pregando ed invocando in Divini Uffici il Signore
vincitore della morte.
Si assisteva ad un vero e
proprio culto della Translatio Hyerosolimae in cui
ciascuno, con animo entusiasmato dalla passione per il
Cristo risorto, percorreva un vero e proprio
pellegrinaggio.
In questa peregrinazione nel Tempio Gerosolimitano
cittadino i fedeli recitavano il rosario,
si muovevano davanti alle nicchie, alle varie cappelle ed
alle diverse statue. Era una sorta di
“cammino-pellegrinaggio” il cui telos era sicuramente
meditare la Passione, la Morte e la Resurrezione del
Salvatore. Questo il significato profondo della prassi
liturgica e della devozione popolare del popolo di Borgo
Santo Sepolcro che poteva vantare un proprio Sacro
Monte.
Il complesso di San Rocco
presentava molteplici “plastiche” il cui valore era una
vera e propria catechesi visiva, una sorta di Biblia
pauperum: il Crocifisso-Deposizione, il Gesù
Morto, il Cristo alla Colonna e l’edicola del
Santo Sepolcro, inoltre vi era anche un
Getsemani, un Gesù che sale al Calvario, una
Pietà ed un Resurrexit... Tutto ciò per
raccontare la storia della cristianità ai cristiani. Per
narrare la vicenda della Passione che è la storia della
Salvezza degli uomini. Per cantare la prospettiva di
Salvezza di un popolo riscattata col prezzo del sangue da
Cristo Redentore -il Riconciliatore-, il Signore del cosmo
e della storia.
Il simbolo –anche a livello
toponomastico della vittoria sulla potestà delle tenebre-
è la vittoria della Luce! Cristo ha acquistato una “nuova”
signoria
non già conquistando troni e scettri che possono
“arrugginire”, bensì meritando con la medaglia della
Settimana Santa, la settimana del dolore e del trionfo
glorioso, un tempo nuovo fatto di salvezza e di grazia per
ogni uomo.
Ecco che Gesù si fa padrone
della storia impossessandosi della medesima e divenendone
parte.
Dapprima viene nel mondo
condividendo la sua esistenza con noi, non considerando la
sua regalità un tesoro prezioso ma esercitando –in maniera
stupenda e tipica solo di chi ama- una “con-divisione” e
consentendoci così di divenire figli adottivi del Padre
che sta nei cieli. Lui stesso ci ha insegnato a chiamarlo
nel “Padre nostro”, l’invocazione-preghiera che ci ha
lasciato.
È questa profonda
meditazione del misterioso disegno di Dio, fattosi carne
nel Suo Figlio Unigenito,
il motivo che deve aver spinto all’edificazione di un vero
e proprio complesso liturgico gerosolimitano in cui
un’edicola sansepolcrale ci riporta a
quel Sepolcro vuoto della mattina della
Domenica. Ed anche noi scopriamo entrando per il piccolo
pertugio la mensa sepolcrale vuota, afona, eppure ricolma
-di un colore non grigio, come la pietra serena- ma di una
“luce nuova”, quasi abbagliante nella normalità della
tenue vibrazione cromatica.
Mi sovviene l’invito del celebrante nella liturgia
ambrosiana che per tre volte intona
«Cristo è risorto»
in una vera e propria climax urlandolo l’ultima volta!
Entrare nel complesso di
San Rocco significa lasciarsi coinvolgere da colori e
ritmi che richiamano al luogo che per primo ha
risuonato di quel primo annuncio, cui ne
avrebbero fatto seguito miliardi di volte in siti diversi
ed in tutti i confini della terra, “è risorto!”. Lo
stupore, l’ardore, la gioia e la speranza –finalmente in
Cristo- ricompensata.
Quello che è certo è che
visitando questo luogo sacro ci si lascia interpellare
dalle immagini che scorrono davanti agli occhi in questo
complesso. Nella notte della grande veglia della
Redenzione
la Chiesa definisce la colpa originale di Adamo una «Felix
culpa», perchè proprio essa ci ha meritato un così grande
Redentore. Cristo si è incarnato per noi e si è fatto Uomo,
per concederci la Salvezza e donarla a tutti! Ecco
motivata l’origine di tale complesso architettonico.
Il mistero pasquale è qui
celebrato. Grandissimo il Mistero del Cristo Crocifisso e
Deposto. Al di sopra –in una formella di legno dipinta,
l’illustrazione- un Volto del Mandylion trattenuto e
mostrato a noi da un angelo. Tutto questo mistero del
dolore ci dice la grande gioia che è la Salvezza resa
all’umanità –ora redenta- dall’insondabile iniziativa del
Padre che –nel Suo Figlio sacrificato- riconcilia a sé
l’uomo. È il significato della Speranza resa ad un
mondo che si è a Lui ribellato, che poi ha dovuto
accettare che il Dio si facesse Uomo e che consentisse a
Lui che diventasse Luce per il mondo, ma in un certo non
La accolse. Eppure questa Luce ha illuminato con la Sua
Verità la storia che ora è riscattata nel Suo Sangue e con
il Suo Sacrificio.
Il teatro temporale
di questa riconciliazione è la Settimana Santa in cui
vengono celebrati delle processioni che coinvolgono la
Cittadinanza.
Non resta che porsi
nell’ipogeo della chiesa e “leggere” gli affreschi degli
Alberti. Entrando ci appare –centralmente- l’opera del
Risorto che incede -con un passo quasi di danza- dal
Sepolcro fra lo sconcerto dei soldati letteralmente
basiti. Il Cristo Redentore e attraverso quale
prezzo Egli ti ha riscattato dal male e l’insegnamento di
Giovanni Paolo II il giorno della sua elezione «Non
temete Cristo», l’Uomo dei dolori!
Occorre ascoltare,
meditare, credere e convertirsi. A pochi passi la
cattedrale al cui interno –attualmente- il Volto Santo,
simbolo cristico che rimanda –in maniera impressionante-
all’immagine della Sacra Sindone ed un’opera multipla di
Raffaellino del Colle. All’interno del complesso di San
Rocco ci si può scoprire ad ascoltare se stessi, le
proprie inquietudini. In questo tempio gerosolimitano ci
si può riscoprire vis à vis con Gesù. Qui si può
aderire a Lui, al Suo Corpo Mistico che vive oggi
nella Santa Chiesa. Ho avvertito visitando più volte e
soffermandomi sulle plastiche e sui dipinti di questa
Gerusalemme di Borgo Santo Sepolcro partecipe e
cor-redento da Lui ed in Lui!
La chiesetta di San Rocco
venne edificata nella seconda metà del Cinquecento dalla
Compagnia del Crocifisso costretta in quegli anni
ad abbandonare
la propria sede fuori dalle mura cittadine. Durante il
Cinquecento difatti Cosimo I de’ Medici riordinò il
sistema urbano potenziando le mura e facendo abbattere i
cosiddetti “borghetti” esterni alfine di migliorare la
sicurezza della città costringendo però ingenti
mutilazioni agli Ordini Religiosi, Confraternite e privati
cittadini a trasferirsi all’interno della cinta muraria.
La chiesa di San Rocco in
Borgo Santo Sepolcro è resa famosa per la riproduzione
del Santo Sepolcro gerosolimitano, sul modello della
fiorentina Cappella Rucellai, che sorge nell’Oratorio il
cui accesso è in via Ambrogio Traversari, al di sotto
della chiesa.
La custodia dell’intero
complesso è affidata alla Confraternita della
Misericordia che ha qui la sua sede. Ancor oggi i
confratelli della Misericordia svolgono solenni
processioni pubbliche in corrispondenza del Venerdì Santo
e della festività di San Rocco, durante la prima festa
prendono parte ad una processione tutti i membri aderenti
con un cappuccio nero, la cosiddetta “buffa”
con partenza intorno alle 21 dalla chiesetta ed arrivo
alla Cattedrale di San Giovanni Evangelista sfilando in
corteo trasportando i loro gonfaloni e il Cristo Morto per
le vie della Città diretti all’incontro col Vescovo o un
suo delegato.
L’interno della chiesetta
si presenta composto di una semplice aula rettangolare
dalla copertura a volta. Entrando dal portale, superati
quattro gradini, ci si accorge della preziosità
dell’altare ligneo, intagliato e laccato,
posto frontalmente al visitatore. Questo sontuoso altare
chiude la parete di fondo, ostruito per far da cornice ad
un’immagine de “La Pietà” molto venerata e
capolavoro della scultura lignea romanica, un tipo
molto famoso presentante la deposizione dalla Croce
-soprattutto in ambito medievale e rinascimentale-. Questa
scultura policroma raffigurante il Cristo mostra un
elevato realismo, vibrante, nell’atto di esser staccato
dal patibolo: gli occhi sono chiusi, la spossante agonia
ha lasciato il sopravvento alla soverchiante morte, il
corpo reca i segni evidenti della passione, le braccia
sono pendenti in avanti ed i piedi sono stati appena
liberati dai Chiodi. L’immagine è altamente drammatica,
ricca di pathos e di una vibrante suggestione.
Al centro della macchina
dell’altare ligneo campeggia il Cristo deposto dalla
Croce una scultura eseguita nella prima metà del 1200
da un grande artista come si può vedere dalla fine fattura.
Quasi sicuramente faceva parte di una composizione
comprendente altre statue andate poi perdute. Nel passato
la nicchia era chiusa da due sportelli dipinti, che sono
stati collocati sulla parete destra. L’altare si conclude
in alto con gli angeli che mostrano gli strumenti della
passione.
Al di sotto della scultura
della Pietà, si conserva in una nicchia il
Cristo Morto. La statua del Gesù Morto è il
simulacro venerato e trasportato processionalmente durante
la Settimana Santa, risalente al XVII secolo.
Nel corso di tutto l’anno la statua –dal verismo toccante-
è conservato nella chiesa di San Rocco al di sotto
dell’effige della deposizione. Un tempo questa bella
espressione devozionale della morte del Nostro Signore
Gesù Cristo, risorto dai morti il terzo giorno, era
custodita su di una mensola -ancora presente-
nell’Oratorio. Il Cristo Morto era quindi
posizionato al posto dell’attuale immagine della
Risurrezione di Raffaellino del Colle e dava possibilità a
chi visitava l’Oratorio di poter contemplare
-centralmente- l’edicola del Santo Sepolcro di Gerusalemme
di poter contemplare l’effige del Cristo morto e risorto
per noi!
Sulla parete di sinistra in
una nicchia con decorazioni floreali barocche la statua di
San Rocco recante i simboli classici dell’iconografia
agiografica: il bubbone sopra il ginocchio sinistro, il
cane col pane fra i denti, il mantello da pellegrino con
la conchiglia ed il bastone. Il Santo, nativo di
Montpellier –cittadina francese- è il protettore dei
pellegrini ed è chiamato contro il male della peste e le
epidemie. Certamente non è un caso che la chiesa sia
proprio dedicata a San Rocco. Dinanzi questa statua
possiamo così pregare:
«O glorioso San Rocco, vero
modello di carità verso Dio e verso il prossimo, noi
fiduciosi ricorriamo alla vostra potente intercessione.
Voi, che per imitare più da vicino Gesù, distribuiste il
vostro avere ai poveri, viveste da povero e vi consacraste
tutto a servizio dei bisognosi, persino degli appestati,
soffrendo disagi d’ogni sorta e spasmodici dolori allorché
foste colpito dal morbo letale, impetrate a noi pure la
grazia di non avere il cuore attaccato alle cose caduche
di questa terra e di soffrire con rassegnazione le
tribolazioni e le disgrazie di questa vita per meritare
quella gloria che voi già godete in Paradiso. Così sia».
Sulla parete destra si
trova un San Sebastiano, tela attribuita a Leonardo Cungi
( ? - 1569) e gli sportelli dipinti che chiudevano il
Cristo deposto; alla parete sinistra una tela del
secolo XVII raffigura San Giacomo Maggiore, San Giacomo
Minore e San Tommaso.
L’oratorio inferiore di San
Rocco è situato al di sotto della chiesa e scendendo da
via Pier della Francesca vi si accede dalla parallela via
Ambrogio Traversari, attraverso un bel portale in pietra
serena con timpano spezzato discendendo una rampa di scale
sulla sinistra. Dal vestibolo si passa nell’oratorio,
un’aula quadrangolare dall’asse leggermente inclinato a
sinistra, dove nelle dodici lunette sono affrescate scene
della vita e della passione di Cristo.
La narrazione inizia –consequenzialmente-
a destra dell’altare sulla prima lunetta. Iniziamo la
lettura guardando al fianco dell’altare:
L’Annunciazione; La Nascita di Gesù; La
Adorazione dei Magi; La Presentazione al Tempio;
Gesù tra i dottori; l’Ultima cena; Il Getsemani; Il
bacio di Giuda; Il processo a Gesù; La Flagellazione;
Cristo deriso; Ecce Homo; La salita al Calvario; la
Crocifissione con l’Annunciazione e si conclude
con la Crocifissione, sulla parete di fondo due
figure di profeti. Nelle vele sono dipinti putti alati
e al centro della volta l’Ascensione di Cristo con
lo stemma della famiglia Rigi. Nelle lunette i vari
episodi della Passione di Cristo. Il ciclo
commissionato per l’Oratorio dalla Compagnia del
Crocifisso ed è stato realizzato i fratelli Alessandro,
Cherubino e Giovanni Alberti.
Nella parete di sinistra,
prospiciente l’ingresso, si presentano diverse ed evidenti
fessure
in corrispondenza della cornice che marca –al di sotto-
tutti gli affreschi e l’intersezione fra le pareti
verticali e la volta si possono scorgere tracce di oro.
Ciò fa supporre che un tempo tutto l’Oratorio fosse
bordato da decorazioni e dorature, ricche e preziosi
stucchi degni di chiese di alto rango.
Anche per questo motivo riteniamo che il complesso di San
Rocco sia stato, chiesa ed oratorio, un vero e proprio
Santuario, assai amato dalla popolazione di Borgo Santo
Sepolcro e disposta a spendere in arredi, decorazioni,
dipinture e statue per magnificare il Signore!
Sopra l’altare ha sede un
bel paliotto in legno intagliato e dipinto, la
Resurrezione di Raffaellino del Colle,
una replica, che presenta leggere varianti, rispetto lo
stesso soggetto dipinto per la Cattedrale di Borgo Santo
Sepolcro. In origine non doveva essere collocato
centralmente, molto probabilmente era addossato ad una
parete, e la nicchia che lo ospita era vuota e consentiva
ai visitatori di poter osservare e meditare dinanzi
all’edicola riproducente, in scala, il Santo Sepolcro di
Gerusalemme. La tavola dipinta nel XVI secolo
versava in pessime condizioni, ha
subito un restauro a fine dello scorso millennio ed ora è
visionabile durante la Settimana della Santa Pasqua, in
particolare il giorno di Domenica quando l’Oratorio è
visitabile tutto il giorno. La tavola dell’altare
maggiore, dipinta dal pittore Raffaellino dal Colle,
invita –ora- quanti entrano nell’Oratorio e visitano il
Santo Sepolcro a rinnovare la propria fede nel Cristo
Risorto, unitamente al ciclo pittorico e scultoreo
dedicato alla Passione di Gesù.
Attraverso due porte ai
lati dell’altare con formelle intagliate e raffiguranti il
Peccato originale e la Cacciata dell’Eden (sec. XVI)
si passa nel vano retrostante dove si trova la
riproduzione in scala del Santo Sepolcro di Gerusalemme
(datato 1629) ad imitazione di quella eseguita da Leon
Battista Alberti per la Cappella Rucellai a Firenze,
realizzato qui in scala, è di pietra serena anziché marmi.
La presenza del sacello sepolcrale rende l’Oratorio di San
Rocco un vero e proprio Santuario dedicato alla
Resurrezione di Nostro Signore.
Copia in pietra del Santo
Sepolcro di Gerusalemme.
Esternamente al di sopra della minuscola porticina una
lastra dedicatoria ricorda, nel cartiglio posizionato
superiormente
ide dicere nilapis diversus se(n)et»
e continua parlando del
Borgo di Santo Sepolcro, che si dice
«Sub hoc numine nomen
mutuata haec civitas
optime munita vivit
nec moritura
anno a Deo sepulto».
Al
fianco dell'edicola riproducente l'Anastasis
gerosolimitana leggiamo su di una lastra commemorativa del
Cavaliere Luigi Gherardi dell'Ordine Militare di Santo
Stefano Papa e Martire (la lapide è stata posta dal
nipote, si veda
foto).
La confraternita del Crocifisso e della
Misericordia in Borgo Santo Sepolcro
La
chiesa di San Rocco in Borgo Santo Sepolcro nasce quale
antica residenza della Compagnia del Crocifisso e poi
della Confraternita di Misericordia.
Qui uomini e donne di ogni
ceto si sono incontrati ed hanno testimoniato una carità
cristiana generosa e senza limiti. La chiesetta di San
Rocco -nel suo complesso monumentale- ha organizzato un
vero e proprio Santuario dedicato alla memoria del
Mistero della Salvezza, è divenuta una vera e propria
“Sancta Hyerusalem Burgensis” meta del
pellegrinaggio dell’intera zona.
La piccola Gerusalemme
cittadina, il Golgota di Borgo Santo Sepolcro, fulcro
delle celebrazioni della Settimana Santa, riproducente –a
livello mensurale- l’edicola del Sepolcro di Nostro
Signore.
La Compagnia del
Crocifisso viene fondata da 4 ciabattini nell’anno
1492
nel borghetto fuori Porta Romana. I quattro aderenti si
incontrano in una cappella che conserva un crocifisso
miracoloso e si impegnano a curare i malati gravi,
anche di peste, e a seppellire coloro che muoiono per
terribili epidemie.
Fra il 1519 ed il 1522 la
peste flagella la città. E’ la prima grande prova per il
Borgo di Santo Sepolcro. Il morbo della peste colpisce per
3 anni la città. In questi anni così terribili muore –tra
i tanti- anche il primo vescovo, mons. Galeotto Graziani,
monaco camaldolese ed ultimo abate.
I confratelli della
Compagnia del Crocifisso realizzano con eroismo la
loro opera di misericordia. Nell’anno 1523 cessa
l’epidemia, i confratelli compiono un pellegrinaggio di
ringraziamento alla Santa Casa di Loreto, di questo
viaggio di suffragio resta una tavoletta votiva oggi al
Museo.
Successivamente alla
predicazione quaresimale del padre Giuseppe da Milano,
cappuccino, nel 1538 i confratelli del Crocifisso
prendono la “disciplina” ed si impegnano a rispettare in
maniera ancor più rigorosa una regola di preghiera e
penitenza.
Il granduca Cosimo nel 1554
ordina l’abbattimento dei “borghetti” esterni alle
mura per motivi di sicurezza. Nel popolare rione di Porta
Romana i reggitori della città danno al Crocifisso, nel
Borgo Nuovo, la chiesetta della Provvidenza.
Nella seconda metà del
Cinquecento viene ordinata dalla Compagnia la costruzione
della chiesa superiore, attuale San Rocco. La chiesa sorge
su dei locali bassi, già precedentemente occupati da
fondi, che diventano l’attuale Oratorio.
Tra il 1588 ed il 1589,
almeno per quanto concerne l’arredo, la fabbrica
probabilmente è terminata. Il priore Cosimo Rigi provvede
al pagamento dell’opera, lo sappiamo dai diari degli
Alberti, gli autori del ciclo affrescato dell’Oratorio,
proprio in questi anni.
All’interno dell’ipogeo
vengono posti: dapprima l’altare dell’oratorio e
successivamente nell’anno 1629 una copia esatta del Santo
Sepolcro di Gerusalemme completamente realizzato in pietra
grigia serena, sul modello della cappella fiorentina
Rucellai.
È durante la prima metà del
Seicento che –in linea con quanto accade nell’Italia
Settentrionale, proprio nelle zone maggiormente liminari,
quelle cioè più vicine all’avanzata del protestantesimo,
in base all’attuazione del Concilio di Trento-
viene sistemato ed allestito un vero e proprio
“Santuario della Passione”, un
Sacro Monte
nel Borgo di Santo Sepolcro. Dalle fonti dell’archivio
sappiamo che San Rocco aveva una collezione di almeno nove
grandi statue: restano il Crocifisso e il Gesù
Morto della chiesa superiore e il Gesù alla Colonna
della cappella sinistra inferiore.
A partire dal XVII secolo
in corrispondenza della Settimana Santa i confratelli
organizzano gesti di pietà, ostensioni di singole statue,
paraliturgie, percorsi penitenziali interni al
complesso e grandi processioni popolari per le strade del
Borgo. Questa prassi liturgico-devozionale, simbolo
di una forte e cocente fede verso il Santo Sepolcro
gerosolimitano, è ancora oggi celebrata la sera del
Venerdì Santo con partenza dalla chiesetta di San Rocco.
Questa processione notturna del Gesù Morto lungo le
principali vie del centro inizia ad essere celebrata
annualmente e diviene il simbolo di San Rocco e della
devozione dell’intera cittadinanza.
Nell’anno 1785 la compagnia
del Crocifisso -per decreto del granduca Pietro Leopoldo-
viene soppressa come tutte le antiche compagnie.
La cittadinanza non può
accettare un simile affronto e nel 1793 -su pressione del
popolo e del vescovo Costaguti- il sodalizio è interamente
ricostituito e reintegrato nei suoi beni.
Il complesso di San Rocco
nell’anno 1816 passa alla Confraternita di Misericordia
che ancora ha quivi la propria sede.
La solenne processione del Venerdì Santo
della Confraternita di Misericordia
È
un Venerdì Santo freddissimo.
Ieri durante tutta la
giornata ha nevicato nella vicina Umbria persino nel
capoluogo di Regione, Perugia. Un’atmosfera pungente,
forse più natalizia che pasquale.
Sento telefonicamente il
vicepresidente della Misericordia di Borgo Santo Sepolcro.
Mi risponde dall’Azienda
Sanitaria Locale, è in servizio. Con la voce tipica dei
toschi mi annuncia che nel pomeriggio ci si potrà vedere e
sarà a mia completa disposizione. Come lui digiunerò.
Bruno è ciaccoloso e contento, come tutti i toscani. Ci si
dà appuntamento al primo pomeriggio.
Arrivo poco prima
dell’apertura della chiesa.
Una stretta di mano solida
ed un cicerone d’eccezione. Sono a Borgo Santo Sepolcro e
sento l’entusiasmo, partecipando ai preparativi, di chi mi
fa da guida con orgoglio. In realtà il brulicare di
ciascun abitante, o in visita o a darsi da fare per
ultimare i preparativi.
Il senso di morte sembra
dilatarsi, spasmodicamente all’infinito. Questo
soverchiante ed angosciante lutto è reso anche dalla luce
e dal clima uggioso, sconcertante e triste. Tutto è così
buio in quest’ora nona. Tutto è eppure fervente. Dinanzi
la chiesa di San Rocco un parchetto con un busto
dell’illustre pittore della Risurrezione, simbolo peraltro
della cittadina aretina. Tutti sfilano mesti con
l’ombrello aperto ed un freddo che quasi gela le ossa.
Entro nella chiesina.
Leggermente animata da una febbricitante folla, a ondate,
tanta gente che si segna dinanzi il Cristo Morto.
Tante rose rosse intorno. Tante candele accese. Sembra di
assistere ad una vera veglia in una camera ardente. Tutto
è così reale. Vissuto. Qualche signora piange pregando,
forse affidando a quel simulacro seicentesco tutte le
proprie angosce e preoccupazioni.
Fuori intanto continua a
piovere. Tutti i confratelli della Misericordia corrono a
destra e a manca per finire di addobbare la chiesetta
l’esterno. Tutti mestamente si danno da fare.
La Croce al termine del
“Golgota” cittadino viene bardata di olivi come la
scalinata della viuzza Pier della Francesca. Sulla Croce
più alta e centrale, quella del Signore, verrà posto verso
il tramonto una bardatura bianca. Sui perimetrali del
complesso di San Rocco vengono posti dei sostegni per le
torce che stasera saranno accese durante la processione
pubblica.
Tante vecchiette continuano
ad entrare per inginocchiarsi sulle panche, nonostante
l’artrosi e gli acciacchi. Tutte pregano compostamente e
si nota lo sforzo, la mestizia, quasi fosse morto il loro
più caro congiunto. Sembra di essere caduti indietro nel
tempo. Pare d’essere nella Città Santa intorno all’anno
30, al tempo della morte di Gesù Cristo il Nazareno.
Qualche uomo entra e si leva il berretto se ne sta sul
fondo e guarda. In piedi. Come ad un funerale.
Qualche donna parla con
altre amiche in un bel dialetto tosco fuori dal portale,
una lingua quasi incomprensibile. Nonostante la “giornata
di lutto” per la cristianità, qui sono tutti felici, nelle
vie limitrofe c’è un vociare per la processione serale. Un
dubbio pervade tutti: si farà? «Dacché sono al mondo -dice
una signora- si è sempre celebrata!» un’altra subito la
corregge «Ma circa vent’anni fa fu brevissima, andarono
subito in cattedrale, senza far il giro solito». Tutti in
paese azzardano ipotesi. Una sorta di scommessa collettiva
per stasera, per una processione così sentita.
L’aria è fredda e
continua a piovere. Delle «nubi a monte, pioggia
all’orizzonte -mi commenta Bruno- magari fosse alla
piana –continua-, la pioggia s’allontana».
Sorride e spera non diluvi. In tutti c’è quest’apprensione
per la realizzazione del corteo. Quasi fosse una questione
personale. Precisa il vicepresidente che se dovesse
continuare a piovere la si farà ma coprendo con un telo di
plastica il Cristo Morto.
Iniziamo a visitare
l’ipogeo. Nel frattempo diverse signore portano le tuniche
e i cappucci neri. La mia visita si colloca in questo
giorno che la Divina Liturgia contempla la morte del
nostro Signore. Mi propongo ripensando alla Liturgia
odierna di meditare sulla “Croce” (simbolo ignominioso) e
fra me penso ne evacuata sit crux! In questo
Sepolcro vuoto, chiuso ai visitatori, ai suoni esterni, mi
parla anzitutto il silenzio. Sento qualcosa di profondo,
si propone come contemplazione della Croce, subito
dopo la Deposizione ed il Cristo Morto nella
chiesa superiore, dall’edicola riproducente il Santo
Sepolcro di Gerusalemme. È un’emozione vibrante che
scorre sotto la pelle quasi come il sangue. Ripenso e
guardo. Ed intanto mi viene detto che posso fare le foto
che desidero. L’emozione è grande, il Santissimo è aperto.
Vivo come lanciato indietro nel tempo.
Il Venerdì segue il Giovedì
Santo quando, di sera, è prassi di Borgo Santo Sepolcro
eseguire l’Adorazione Eucaristica presso l’Oratorio in cui
sia gli aderenti della confraternita, la cittadinanza ed i
Cavalieri dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro. So che
dopo la messa in coena Domini, dopo la lavanda dei
piedi, gli aderenti alla confraternita si cibano di
carne d’agnello ed erbe amare all’in piedi come gli ebrei
nella loro Pasqua ebraica.
Ciò che mi colpisce è
certamente quella pala occlusiva di Raffaellino Dal Colle.
Dovrà esser stato più coinvolgente il Venerdì Santo
durante il Seicento, Settecento, l’Ottocento ed il
Novecento sino all’inserimento della bellissima Anastasis
che cela il sito celebrante e riproducente il Santo
Sepolcro. Sicuramente più caratteristico, maggiormente
sepolcrale, proprio nella Città che a livello
toponomastico rileva questo attaccamento alla Città Santa
ed al fulcro della cristianità tout-court.
È un susseguirsi di
chiamate al cellulare. Tutti vogliono sapere se la
processione avrà luogo. La copertura di qualsiasi gsm non
è però ottima, muri perimetrali spessi e molte, troppe,
colline. Ci portiamo sul campanile del Duomo. Molte scale
a pioli, in legno, altissime. La visuale è stupenda. Una
brulicante folla di passanti si dirigono verso San
Francesco Saverio, verso la scalinata che conduce alla
chiesetta di San Rocco ove è esposto il simulacro del
Cristo Morto. I tetti. Le nubi dense e cariche di pioggia
sfumano gli ultimi minuti di luce. L’aria si raffredda
sempre più.
La Processione del Venerdì
Santo è un pio esercizio di origine medioevale. La veste
dell’attuale corteo religioso ha origine a partire dagli
inizi del XX secolo. L’ente organizzatore di questa
manifestazione è la Confraternita di Misericordia
che contribuisce con i propri aderenti ed i volontari
addetti al soccorso alla processione serale.
Ciò che stupisce chi non
conosce la prassi del Borgo sono gli “incappucciati”. I
confratelli di Misericordia si vestono con l’antica cappa
nera e relativo cappuccio, detto “buffa”. Questo Venerdì
Santo la temutissima pioggia continua a scendere. Si
decide di eseguire egualmente la processione. Intanto
pochi minuti dividono dalla partenza. Neppure un quarto
d’ora. La luce non c’è, è tramontata da oltre un’ora.
Intorno alle 20,30 entrano ed escono pochissime persone. I
molti confratelli della confraternita arrivano alla
spicciolata. Un capannello di una trentina di persone, fra
cui i volontari della protezione civile e quelli del
soccorso della Misericordia si pongono sul portale ed in
prossimità dell’ingresso. Manca quasi dieci minuti. Tutto
sembra così vuoto, deserto. Un urlo afono. La pioggia
continua fine fine ma battente, incessante.
Qualche preghiera prima di
iniziare il corteo, e poi di corsa nell’attigua via
Traversari, le scale della via Pier della Francesca,
subito a destra via Aggiunti e dentro a prendere il Cristo
Morto.
Un Crocifisso di epoca
barocca –la Chiesa era un tempo retta dalla Compagnia
del Crocifisso- apre la processione con i mazzieri
scortati dai carabinieri in alta uniforme.
All’interno della
processione, occupante il centro della processione, il
simulacro del Gesù Morto.
Gli sguardi da sotto la
“buffa” dei volontari addetti al trasferimento di Gesù
defunto sono imperturbabili. Eppure lì sotto c’è Bruno,
suo figlio, Michele e tanti altri.
Il cappuccio nero è
comunque segno dell’anonimato e della carità che i
confratelli di Misericordia sono chiamati a compiere nella
totale gratuità e senza ricevere nulla in cambio. Ciò che
è condotta in processione è soprattutto la fede di un
Borgo, dei suoi abitanti, dell’amore e venerazione per
Gesù Cristo Salvatore e Risorto. La passione, l’entusiasmo
ed il pio esercizio della devozione popolare accorata ed
estremamente animata negli aderenti verso il Figlio,
Unigenito del Padre.
Simile ad altre processioni
presenti in altre parte d’Italia, frutto della venerazione
e del culto della Settimana Santa, estremamente
caratteristica come prassi liturgico-devozionale.
Eppure così diversa. Non un’attrattiva turistica. Un atto
di devozione. Un’operazione frutto di pietà popolare e di
inscalfibile fede.
Ad accompagnare il
simulacro del Gesù Morto processionalmente è accompagnata
la statua della Madonna Addolorata, risalente al
XIX secolo, conservata nella Chiesa di San Rocco.
Alle 21 parte la solenne
processione aperta dall’autorità ecclesiastiche.
Intanto la pioggia continua
a gettarsi su tutti. Ciò che sconcerta è la
partecipazione.
La gente pare essersi
esponenzialmente aumentata. Nel giro di pochi minuti da
una cinquantina, a più di un migliaio. Tutti con gli
ombrelli tranne gli incappucciati ed il Cristo morto
coperto da un telo di plastica trasparente. Il corteo
procede seguendo il solito giro prefissato. Il Cristo
morto giunge in cattedrale verso le 22, la
celebrazione continua sino a mezzanotte.
La Settimana Santa ha
inizio nel complesso di San Rocco in Borgo Santo Sepolcro
il Giovedì Santo -In coena Domini- quando verso le
ore 20 viene aperto l’Oratorio per l’Adorazione
Eucaristica. Viene esposta la Divina Eucaristia nella
tradizionale forma del “Sepolcro”.
Il Venerdì Santo -In
passione Domini– si inizia la fervente preparazione
presso la Chiesa di San Rocco intorno all’ora nona, ore
15, con l’apertura del tempio rochiano ed esposizione del
simulacro del Gesù Morto per tutta la giornata venerato
dalla cittadinanza. In serata, verso le ore 20, vengono
ultimati i preparativi per la processione per le vie del
comune con canti, preghiere. Inizia la distribuzione delle
candele e si recita il Santo Rosario. Intorno alle ore 21
inizia la solenne processione del Venerdì Santo per le
strade del centro storico con l’effige del Cristo Morto
recato presso la Cattedrale dedicata a San Giovanni
Evangelista.
Il Sabato Santo nella
mattina il simulacro del Gesù Morto resterà esposto alla
venerazione dei fedeli nella Chiesa di San Rocco.
La Domenica della Santa
Pasqua di Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo è il
momento topico di tutto l’anno per la Confraternita e la
chiesa. Difatti per l’intera giornata l’Oratorio di San
Rocco conserva la tavola della “Resurrezione” di
Raffaellino dal Colle, resta aperto per la visita della
cappella del Santo Sepolcro - In Resurrectione Domini.
Borgo Santo Sepolcro, 21
marzo 2008
(alcune
foto della cerimonia e preparazione)
Prof. ALESSIO VARISCO
Storico dell’arte e
saggista
Direttore "Antropologia
Arte Sacra"
La “buffa” è il cappuccio nero che non consente
l’identificazione dell’aderente, in segno di umiltà. I
“mazzieri” sono degli incappucciati della Misericordia
recanti un particolare bastone detto “mazza” –addetti
al servizio della processione-, unitamente al
“crocifero” e a tanti altri incappucciati che
devotamente traslano il Cristo Morto durante la
processione per le vie di Borgo Santo Sepolcro il
Venerdì Santo.
Oggi il Cristo Morto è ubicato in una nicchia
al di sotto del Cristo deposto dalla Croce, la
scultura seicentesca viene portata in processione per
le vie cittadine la sera del Venerdì Santo. Il
percorso si snoda partendo dalla Chiesa di San Rocco,
prosegue in Via Aggiunti, Via dei Molini Piazza
Gramsci, Piazza Sant Marta, Via XX Settembre, Piazza
Torre di Berta, Via XX Settembre, Via G. Bruno, Via
Aggiunti, Arco della Pesa e Via Matteotti per giungere
nella Cattedrale di San Giovanni Evangelista.
Questo ciclo di affreschi è opera dei fratelli
Alessandro (1551-1596), Cherubino (1553- 1615) e
Giovanni Alberti (1558-1601), come indicato nei
documenti di pagamento, dai quali risulta che l’opera
era ultimata nel 1588.
Raffaellino del Colle è un altro illustre artista di
Borgo Santo Sepolcro nato fra il 1494 ed il 1497,
morto nel 1566. Al fianco della Cattedrale, sotto il
loggiato del Municipio leggiamo in una lapide
commemorativa: «Raffaellino Dal Colle/ discepolo del
Sanzio/ emulo di Giulio Romano/ i concittadini/
promotrice la società degli artigiani/ reverenti/
questa memoria posero/ il IX settembre MDCCCLXXVIII».
Un’altra Resurrezione è presente nella
Cattedrale, si può supporre che la tavola oggi
custodita dall’Oratorio sia un multiplo.
La Confraternita della Misericordia è l’ente che
custodisce l’antica chiesa e oratorio di San Rocco,
vero e proprio santuario cittadino dedicato alla
passione e alla Resurrezione di Gesù. Dagli anni ‘20
dello scorso secolo dalla chiesa si muove la
processione cittadina del Cristo Morto.