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La Chiesa del Santo Sepolcro in Milano e la sua Cripta

 

La chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme in Milano sorge in pieno centro storico -al di sopra dell'area che un tempo ospitava il Foro romano- nel cuore della cosiddetta “Milano romana”. Quest’ipotesi è confermata dalla pavimentazione della cripta che reca diverse tracce di materiale di spoglio, quali lastre di marmo di fattura romana, impiegate per la pavimentazione della cappella sotterranea recante il sacello dell’Anastasis. La chiesa venne eretta nel 1030 dal maestro della Zecca -Benedetto Ronzone -, in pieno fervore per le Crociate. Poco dopo la sua fondazione, certamente dopo il Mille, la chiesa subì i primi rimaneggiamenti e venne definitivamente dedicata al Santo Sepolcro di Gerusalemme. Fu un pronipote di Benedetto Ronzone che intorno all’anno 1100 la rese prezioso scrigno dedicato al culto –tanto in voga nell’Europa- al Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Intorno al XII secolo furono eretti i due campanili, aggiunti alla preesistente struttura, mentre la facciata fu ritoccata verso la fine del Cinquecento. L'interno della chiesa venne radicalmente aggiornato più tardi allorquando il cardinal Federico Borromeo provvide alla risistemazione, in chiave barocca, della chiesa ormai ammalorata e doverosa di un provvido restauro.

La chiesa venne eletta nel 1578 dall’arcivescovo di Milano, il Cardinal Carlo Borromeo, a sede principale della congregazione degli Oblati. Proprio in questo periodo Carlo Borromeo acquisì dal pontefice l’assegnazione -quale altare privilegiato- e l'anno dopo diede vita alla solenne processione annuale –che si ripeté nel tempo- del Santo Chiodo dal Duomo a Santo Sepolcro[1].

L’altro Borromeo, Federico[2] cugino di San Carlo, nel 1605 Federico Borromeo fece erigere accanto la Biblioteca Ambrosiana su progetto dell'architetto Aurelio Trezzi, che ne trasformò l'interno e consentì l’annessione all’erigenda Biblioteca.

La chiesa fu ristrutturata ulteriormente tra il 1713 e il 1719. L'interno –come già detto- presenta un marcato stile barocco. Quest’iniziale tendenza baroccheggiante si deve al Trezzi, che dal 1605 iniziò l’adeguamento della struttura ed il relativo consolidamento.

L’atrio è attribuito a Francesco Maria Ricchino, circoscritto da due cappelle con affreschi di Carlo Bellosio e pale d'altare del pittore Carlo Francesco Nuvolone.

Oltre le piccole porte laterali che -per scoscese scale- conducono nella cripta, si apre la chiesa ad unica navata, impreziosita da colonne corinzie, fiancheggiata da altre due piccole navate. La pianta internamente presenta un'impostazione romanico-lombarda, seppure se celata da forme barocche. Le cinque navatelle -divise da esili colonnine- conservano un sarcofago trecentesco di fronte al quale è collocata la statua cinquecentesca di san Carlo Borromeo.

Nell'abside di destra troviamo una Flagellazione, Caifa che si lacera le vesti, San Pietro che rinnega, mentre in quella opposta la Lavanda dei piedi con gli apostoli accomodati attorno ad una tavola semicircolare davanti alla quale Cristo sta sciacquando i piedi di Pietro.

La decorazione plastica merita attenzione all’interno della chiesa, in particolare appaiono interessanti alcuni gruppi in terracotta: nell'abside maggiore il gruppo della Pietà e davanti all'abside, protetto da una cancellata un sarcofago contenente le reliquie della Terrasanta. Particolare di queste insolite plastiche a tutto tondo simili –per certi versi- alle cappelle dei Sacri Monti (voluti dallo stesso San Carlo Borromeo).

La facciata, invece, è stata interamente ricostruita in stile romanico-lombardo –unitamente ai due campanili -, da Gaetano Moretti e Cesare Nava tra gli anni nel 1894 ed il 1897.

Prof. ALESSIO VARISCO

Storico dell’arte e saggista

Direttore "Antropologia Arte Sacra"


 

[1] Il 3 maggio 1576 la solenne celebrazione della processione del Santo Chiodo –all’interno della Croce, ora custodita nella parrocchiale di Trezzo d’Adda- mosse dal Duomo di Milano verso la Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Qui, a termine della cerimonia processionale, venivano iniziate le Quarant’Ore che portavano –stando allo storico Giussano- sollievo ad una città che per molto era stata indifferente alle Sacre Reliquie della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo. San Carlo Borromeo diede grande impulso a quest’iniziativa, tanto che annualmente la Curia Milanese inviava ai chierici i turni –da osservare diligentemente- di orazione e Adorazione Eucaristica (del Santo Chiodo e dell’excursus storico della cerimonia processionale si rimanda al contributo: A. Varisco, L’adorazione del Santo Chiodo. Una Sacra Reliquia in Milano: prassi, arte, disciplina del culto e della pietà popolare. 2007, Monza, Técne Art Studio).

[2] Federigo Borromeo nasce a Milano il 16 agosto 1564 e morì il 21 settembre 1631. Divenne arcivescovo di Milano dal 1595. Studiò a Pavia presso il Collegio Borromeo, ove si laureò in teologia e diritto. Presi gli ordini minori nel clero diocesano, nel 1585 si trasferì a Roma per proseguire gli studi classici; divenne sacerdote alla fine del 1593. Venne creato Cardinale il 18 dicembre 1587 da Papa Sisto V (Felice Peretti) -a soli 23 anni-, mentre fu eletto arcivescovo di Milano a 31 anni il 24 aprile 1595. Federico seguì i passi del suo predecessore -e cugino- San Carlo Borromeo nell’educare e disciplinare il clero, attuando i dettami della Riforma Tridentina; forse più di ogni altro personifica lo sforzo teso nell’educare ai nuovi insegnamenti del Concilio di Trento. Fondò chiese e collegi a proprie spese, applicando i canoni del concilio di Trento, diede esempio di grande carità dapprima durante la carestia del 1628 e successivamente nel 1630, quando si scatenò la peste. Morì a Milano il 21 settembre 1631.

Fondò la Biblioteca Ambrosiana nel 1609, iniziata nel 1605 con la risistemazione dell’annessa chiesa del Santo Sepolcro. A partire dal 1618 arricchì la biblioteca di una raccolta di statue e di una prestigiosa collezione di tele, la cosiddetta Quadreria Ambriosiana che poi assumerà il nome di Pinacoteca Ambrosiana. L'intento della Quadreria era quello di creare una struttura di supporto alla nascente Accademia Ambrosiana, aperta dal Borromeo nel 1621 con Giovanni Battista Crespi detto il Cerano -grande pittore, architetto e scultore, figlio del pittore Raffaele- che elesse primo presidente.

Fu lui l’ideatore della statua detta del San Carlo, dedicata al cugino San Carlo, che fece erigere ad Arona, sul Lago Maggiore. Attento com’era all’estetica ed alla funzionalità rese ancor più bello il Duomo di Milano, quivi fu poi sepolto, di fronte all'altare della Madonna dell'Albero.

Alessandro Manzoni nel suo romanzo I promessi sposi ne esalta la nobile figura di grande umanista. Il suo cardinalato fu molto lungo e grazie a ciò poté partecipare a ben otto conclavi, fra cui quelli che elessero Papa Clemente VIII, Papa Paolo V, Papa Urbano VIII. Fu lui a spingere il cugino Cesare Monti alla vita ecclesiastica, che poi divenne suo successore.

Federico Borromeo –riprodotto in molti dipinti, affreschi, stampe ed arazzi- è reso però celebre per quel ritratto che leggiamo nel XXII Capitolo dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni "fu degli uomini rari in qualunque tempo, che abbiano impiegato un ingegno egregio, tutti i mezzi d'una grand'opulenza, tutti i vantaggi d'una condizione privilegiata, un intento continuo, nella ricerca e nell'esercizio del meglio".

 


 
 
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