La crociata, l'idea, la storia, il mito
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Professor Cardini, l'intenzione di questo colloquio è di
tracciare una storia dell'idea di Crociata e vedere se c'è un
nesso tra l'inizio del suo declino e il regno di Federico II
Hohenstaufen. Possiamo prendere come filo conduttore della
nostra ricostruzione la parola di Nietzsche che collega
appunto questi due momenti dello spirito europeo in termini
assolutamente chiari? (1)
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- Come si
forma l'idea di crociata? È forse diretta conseguenza di un
doppio impulso, quello riformatore dei monaci di Cluny e
quello centralizzatore del pontefice, di cui resta
testimonianza nel "Dictatus Papae" attribuito a
Gregorio VII, promotore nel 1073 di una spedizione contro i
Turchi che non partirà mai? (2)
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Professore, in quali eventi si possono individuare i prodromi
della crociata, della prima crociata, proclamata appunto da
Urbano II nel '95 e guidata dai grandi feudatari europei che
si concluse, dopo la conquista della Città Santa nel '99, con
la costituzione del Regno di Gerusalemme? (3)
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- Quali
erano la struttura e il ruolo degli ordini monastico-guerrieri:
templari, cavalieri teutonici nella crociata? E quali le
ragioni del loro conflitto con le prime forme di sovranità
laica introdotte da Federico II in Italia e, circa un secolo
dopo, da Filippo il Bello in Francia che mandò al rogo
l'ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay? (4)
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Professor Cardini, ci può parlare del ruolo delle Repubbliche
marinare nell'espugnare, e poi difendere, quei porti dell'Asia
Minore che hanno poi costituito la base del loro monopolio
commerciale fino alla metà del Duecento? (5)
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- La
seconda crociata, 1146-1148, invocata dal re di Gerusalemme,
preparata dalla predicazione di san Bernardo e bandita da
Luigi VII e da Corrado III fallisce. Perché? E quale fu, in
questo scacco, il ruolo dell'impero d'Oriente?
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- Dopo la
riconquista musulmana del Regno di Gerusalemme Gregorio VIII
bandisce la terza crociata, come Lei accennava prima. Terza
crociata che, nonostante la vittoria di San Giovanni d'Acri
nel 1191, non porta alla riconquista di Gerusalemme e si
concluderà nell'anno successivo con una tregua. Si può
affermare che già in questa fase il papato ha perduto
l'effettiva direzione della crociata? (7)
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- La quarta crociata, bandita da Innocenzo III come strumento
della riaffermata teocrazia si trasforma nella conquista
dell'impero bizantino, in cui l'elemento finanziario
rappresentato dagli interessi veneziani assume un ruolo
preponderante. Che ripercussioni ha questa spedizione sugli
equilibri dell'Europa cristiana? (8)
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- Nella
quinta crociata viene in primo piano la figura di Federico II.
Falliti i tentativi di riconquista militare, Federico
rivendica, in base ad una politica puramente dinastica, il
titolo di re di Gerusalemme e libera il Santo Sepolcro,
stipulando con il Sultano d'Egitto il trattato di Jaffa nel
1229 che assicurava, per dieci anni, ai cristiani il possesso
dei luoghi santi. Come retroagisce la diplomazia federiciana
sull'idea di crociata? (9)
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Professor Cardini, un aspetto non secondario della politica di
Federico II è quello culturale. È giusto confrontarlo con il
cosiddetto modello andaluso di convivenza tra i monoteismi
abramitici, islamico, ebraico e cristiano, in base al diritto
islamico? (10)
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- C'è la
tendenza a considerare Federico II, per la sua dottrina della
"Necessitas rerum" nella costituzione della regalità,
come un precursore dell'assolutismo illuminato. Non è
piuttosto vero che tale dottrina ha la sua fonte nell'esegesi
islamica di Aristotele e, come riferimento politico, i
sultanati e califfati del mondo arabo, Stati assolutistici e
teocratici ma senza sacerdoti? (11)
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- Ancora
una domanda su Federico II. Professor Cardini, come si spiega
la doppia politica di Federico, favorevole al feudalesimo e
federativa in Germania, e fortemente centralistica,
antifeudale, ma anche anticomunale nel Regno?
(12)
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- Nel 1246
i musulmani d'Egitto si impadroniscono definitivamente di
Gerusalemme, provocando la sesta crociata, guidata da Luigi IX,
il quale però mosse anche la settima, ispirata ormai
chiaramente agli interessi dinastici del fratello Carlo
d'Angiò, re di Sicilia, trovandovi addirittura la morte nel
1270. Possiamo vedere più da vicino i rapporti tra la
concezione dello Stato di Luigi il Santo e il suo forte
investimento nelle crociate? (13)
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- Alla
fine del Duecento gli ultimi avamposti cristiani in Terra
Santa vengono espugnati dai Turchi. Dall'inizio del Trecento
la Francia, impegnata nel suo costituirsi a Stato contro
l'Inghilterra da una parte e contro le pretese del papato
dall'altro, disinveste dal progetto e contribuisce, con la
liquidazione dell'Ordine del Tempio, allo smantellamento delle
strutture politico-militari che avevano sostenuto la
conquista. Che rapporti ci sono tra questi fatti?
(14)
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- Per
concludere, professor Cardini: i secoli XIV e XV vedranno
sempre i più deboli e disomogenei tentativi, ispirati
piuttosto da esigenze di difesa contro l'espansione
dell'impero ottomano che si spengono dopo il 1453, con la
caduta di Costantinopoli, per diventare meri pretesti
diplomatici con Pio II, Alessandro VI e Leone X. La nuova
temperie umanistica non comporta il definitivo superamento
dell'idea di crociata? (15)
1. Professor Cardini, l'intenzione di
questo colloquio è di tracciare una storia dell'idea di Crociata
e vedere se c'è un nesso tra l'inizio del suo declino e il regno
di Federico II Hohenstaufen. Possiamo prendere come filo
conduttore della nostra ricostruzione la parola di Nietzsche che
collega appunto questi due momenti dello spirito europeo in
termini assolutamente chiari?
No, perlomeno non più. Ormai si sta
delineando sempre più chiaramente uno scollamento forte tra
quelle che sono le idee, diciamo così, mass-mediatiche, le idee
diffuse della crociata che si alimentano da un lato di ricordi
scolastici e di schemi scolastici; e, dall'altro, di una forte
influenza per così dire mass-mediale, il cinema, certi giochi di
ruolo attualmente che si ispirano sempre più frequentemente alle
crociate.
Quindi da una parte c'è un'idea, per così
dire, di massa della crociata che è abbastanza, storicamente
parlando, è abbastanza imprecisa, anzi direi drammaticamente
imprecisa, ma che influisce anche su discussioni di un livello
non storico o scientifico ma di un livello politico o culturale
anche piuttosto elevato. Per esempio, in relazione con la visita
di Giovanni Paolo II in Gerusalemme in Terra Santa, è riemersa
questa idea piuttosto generica e confusa, la crociata come
guerra santa, la crociata come aggressione all'Islam, la
crociata come guerra coloniale, la crociata come guerra ispirata
dal fanatismo. Oppure, al contrario, la crociata come cinico
tentativo di espropriare un Oriente più ricco e più civile delle
sue ricchezze.
Dall'altra parte c'è una visione, invece,
storica sostenuta dagli specialisti in materia che,
intendiamoci, sono tutt'altro che concordi tra loro. I quali,
però, si allontanano molto da questo modo chiamiamolo pure
volgare di vedere le crociate, che è un modo oltretutto
antiquato, ispirato a una storiografia ottocentesca o primo
novecentesca, che però è singolarmente dura a morire,
probabilmente perché veicola un messaggio semplice. E allora,
noi da un lato abbiamo questa visione generica; dall'altro
abbiamo visioni che, viceversa, trovano espressioni in autori
come il grande sociologo Alphonse Dupront che ha studiato la
crociata si può dire per circa un mezzo secolo e che ci ha
lasciato come viatico quattro monumentali volumi di un'opera dal
titolo "Le mythe de la croisade" in cui la crociata viene
per così dire sezionata e si dimostra come si sia trattato in
realtà di un mito storico cresciuto e per così dire alimentatosi
su sé stesso con successive modificazioni dal XII secolo in poi
fino a lambire addirittura il XX secolo.
Di recente un geniale storico inglese
Christopher Tyerman, in un piccolo libro, non tanto piccolo del
resto, intitolato provocatoriamente "L'invenzione delle
crociate" - forse il titolo è un calco su un celebre studio
di Jacques Le Goff "L'invenzione del purgatorio" - si
tratta evidentemente di una provocazione ma di una provocazione
direi salutare. Ebbene, Christopher Tyerman in questo libro -
pubblicato anche in edizione italiana da Einaudi con una lunga e
lucida introduzione di Giuseppe Sergi - dimostra coma
effettivamente la crociata sia nata da un nucleo cronistico di
autori che hanno scritto retrospettivamente dopo la presa di
Gerusalemme del 1099, e che poi le loro stesse opere
retrospettive rispetto all'accaduto della cosiddetta "Prima
crociata" siano state più volte rielaborate da autori
successivi, i quali hanno costruito nei secoli, con particolare
riguardo nel Settecento, direi già fra Seicento e Novecento,
questa grande invenzione storiografica della crociata. Un
termine che, fra l'altro, è entrato nel linguaggio europeo molto
tardivamente in maniera istituzionale, diciamo così, non prima
del Quattro - Cinquecento: prima le crociate non si chiamavano
così, e ciò rischia di distorcere abbastanza gravemente le
nostre visioni sulla storia medievale in genere e sulla storia
dei secoli centrali del medioevo, fra dodicesimo e tredicesimo,
primo quattordicesimo in particolare.
2. Come si forma l'idea di crociata? È
forse diretta conseguenza di un doppio impulso, quello
riformatore dei monaci di Cluny e quello centralizzatore del
pontefice, di cui resta testimonianza nel "Dictatus Papae"
attribuito a Gregorio VII, promotore nel 1073 di una spedizione
contro i Turchi che non partirà mai?
Diciamo
questo: diciamo che sicuramente, nella famosa allocuzione di
Papa Urbano II a Clermont - che non si chiamava ancora
Clermont-Ferrand perché i due centri non si erano ancora uniti;
Clermont, quindi in Alvernia nel Massiccio Centrale, in piena
Francia - alla fine di novembre nel 1095, in realtà, non è stata
bandita nessuna crociata. Questo è chiarito ormai da una serie
di studi e di convegni che si sono fatti proprio in occasione
del IX centenario della cosiddetta "prima crociata". Urbano II
non parla, nemmeno in fondo per quel che ne sappiamo, ma le sue
parole ci sono pervenute attraverso cinque differenti
testimonianze. Soltanto un paio delle quali sono forse riprese
da testimoni oculari - o da testimoni auricolari dovremmo meglio
dire - e che fra l'altro sono dubbie esse stesse perché gli
stessi testimoni auricolari, molto probabilmente, hanno steso i
loro ricordi a posteriori, cioè dopo la conquista di
Gerusalemme, in un tentativo di razionalizzare qualcosa che il
papa probabilmente non aveva in mente.
In realtà Urbano II chiude in qualche modo la
grande stagione di quella che noi chiamiamo la riforma
ecclesiastica dell'XI secolo. La Chiesa riformata e riformatrice
è ormai vittoriosa in un panorama europeo caratterizzato
tuttavia da forti crisi, da forti tensioni. Quello che è
necessario, a quel punto, è una pacificazione interna. Vi è un
largo, e del resto molteplice, strato di aristocrazia militare
in Europa che è inquieto, che fa della guerra il suo unico
cespite di guadagno; in fondo la base dell'unica cultura che
esso conosce adeguatamente, e questo strato eterogeneo va in
qualche modo gestito. Urbano II propone a Clermont, parlando ad
alcuni esponenti francesi, soprattutto francesi del centro-sud
di questa realtà, propone una sorta di esodo militare verso una
meta molto precisa. Il mercenariato in Asia Centrale, dove i
Turchi selgiuchidi, dopo la battaglia di Manzikert del 1071
hanno conquistato quasi tutto, si può dire, tutta la parte
asiatica dell'impero bizantino; la parte che non hanno
conquistata, l'hanno ridotta a una terra di nessuno abbastanza
pericolosa, e l'imperatore di Bisanzio ha bisogno di mercenari.
Bisanzio è abituata da molti decenni a raccogliere dall'Europa
Occidentale questi pericolosi, ingombranti ma splendidi
guerrieri issati su grandi cavalli, perfettamente addestrati,
armati con un armamento pesante in gran parte di ferro, anche se
la corazza, l'armatura a piastre, è ancora molto al di là dal
venire, che combattono con grande coraggio, con grande energia,
usando tecniche particolari che sono molto apprezzate.
E a questo punto papa Urbano II propone loro, propone a questi
riottosi rappresentanti del ceto militare francese, che di fatto
si oppongono alla pacificazione dell'Europa, si oppongono
semplicemente perché trovano soltanto nella guerra, nel bottino
di guerra, il loro principale cespite di ricchezza - ma, non
dimentichiamolo, non solo di ricchezza, anche di prestigio
sociale - Urbano II propone loro un grande esodo. Allora si
viaggia evidentemente per terra: le condizioni nautiche del
tempo non permettono trasporti di folle importanti, soprattutto
di combattenti con navi, di cavalli per via mare. Quindi questo
esodo avviene per terra e quest'idea di Urbano II trova il
consenso, però ingombrante, tumultuoso, anche di una folla,
imprecisata numericamente, di pellegrini che sono quelli che
saranno l'anima della cosiddetta "crociata popolare": Pietro
l'Eremita e così via. Certo,con quest'idea Urbano II senza
dubbio non pensava a una conquista di Gerusalemme; oltretutto
Gerusalemme, per il diritto riconosciuto dai cristiani,
apparteneva all'imperatore di Bisanzio: nessun cristiano
occidentale avrebbe potuto mai pensare di impadronirsene. Di
fatto a Gerusalemme c'erano i musulmani, e c'era una potenza
araba dei califfi fatimidi del Cairo che, in quel momento,
controllavano Gerusalemme stessa ma che erano nemici del califfo
di Bagdad, sunnita: quindi c'era uno strappo nello stesso Islam.
Ma queste cose non si conoscevano troppo bene. Urbano II,
invece, parla ai guerrieri - e questo non va dimenticato, è
stato detto - che hanno un'esperienza di guerra contro i
musulmani, anche se direi che l'afflato religioso di questa
guerra è religioso nella misura in cui la religiosità di quel
tempo è per così dire disciolta nell'aria. Però non è religioso
nel senso della guerra di religione o della guerra missionaria.
Ma i guerrieri occidentali senza dubbio conoscono bene i
musulmani, li hanno affrontati e li stanno affrontando in Spagna
in spedizioni che sono, anche economicamente parlando,
redditizie; li hanno affrontati e li stanno affrontando anche in
Sicilia, in Mediterraneo, attraverso le nostre città,
soprattutto di Genova e di Pisa. Quindi quel tempo, la fine
dell'XI secolo, è un tempo che rigurgita, per così dire, di
spedizioni che saranno poi tutte suscettibili di essere, per
così dire, razionalizzate, interpretate a posteriori come "la
crociata". Però la crociata è ancora un'idea senza parola
3. Professore, in quali eventi si possono
individuare i prodromi della crociata, della prima crociata,
proclamata appunto da Urbano II nel '95 e guidata dai grandi
feudatari europei che si concluse, dopo la conquista della Città
Santa nel '99, con la costituzione del Regno di Gerusalemme?
Ecco, anche qui io raccomanderei di non
guardare alla storia. Questo, del resto, è un discorso generale
ma noi stiamo parlando della storia di quella che noi chiamiamo
la "prima crociata": 1095-1099. Bene, non bisogna guardare a
quest'episodio con un occhio, per così dire, deterministico
perché altrimenti si fa una costruzione artificiale e pensata da
noi moderni; e questo è l'errore della volgata storica sulla
crociata, in cui tutti gli eventi dell'XI secolo, che riguardano
anche scontri armati nei confronti di potenze islamiche, si
ordinano poi, si razionalizzano e si fanno convergere
nell'episodio finale e conclusivo, in un certo senso anche
esplicativo, della prima crociata.
Ora questa visione delle cose è profondamente artefatta. Certo,
un conto è dire che la crociata non è l'esito di tutte le guerre
dell'XI secolo che hanno come oggetto potenze musulmane, perché
in quel tempo non si ha assolutamente quello che poi, a
posteriori, si attribuirà a quel tempo stesso, cioè una volontà
di scontro frontale contro l'Islam, e magari di riconquista
armata della Città Santa. Tutto questo è anacronistico
attribuirlo all'XI secolo. Però vero è che nella spedizione del
1095 - 1099 convergono di fatto situazioni, esperienze,
soprattutto l'esperienza religiosa del pellegrinaggio e
l'esperienza militare della lotta contro potenze islamiche, che
sono state vivissime nell'XI secolo. Il pellegrinaggio è
l'elemento che finisce col costituire, per così dire, l'asse
viario e l'asse religioso portante di tutto l'XI secolo.
Naturalmente va visto in un ambito ampio, in una rete anche
stradale che da Santiago de Compostela in Galizia, quindi
all'estremo ovest nord-ovest dell'Europa, arriva fino a
Gerusalemme attraverso Roma, e quindi attraverso le grandi vie
del pellegrinaggio che toccano anche la Puglia, con un altro
grande santuario, il santuario di San Michele Arcangelo; che
prima di arrivare a Roma toccano un altro santuario di
grandissima, di straordinaria importanza, che è la cattedrale di
Lucca dove è contenuto, dove è esibito, il crocifisso detto
"Santo Volto", una delle immagini, reliquiari, più famosi del
tempo.
Quindi c'è questa spiritualità; e questa spiritualità, come del
resto le composizioni epiche del tempo, richiamano le
chansons de geste: è profondamente legata anche a una
dimensione di guerra contro i musulmani. Certo, questa guerra
contro i musulmani gli uomini dell'XI secolo la nobilitano, per
così dire, ricollegandola a tradizioni più antiche che sono
quelle dell'VIII secolo: le guerre di Carlo Magno in Spagna. Ma
le guerre di Carlo Magno in Spagna furono spedizioni militari
molto ristrette che ebbero una connotazione politico-strategica
precisa, quella di rafforzare la cosiddetta Marca Ispanica
immediatamente a sud dei Pirenei e che non avevano nessuna delle
intenzioni che posteriormente si sono attribuite alla crociata.
Detto questo, resta vero che il grande jihad musulmano
dei secoli VII - IX che ha portato il Mediterraneo a essere in
gran parte un lago musulmano, si può dire: i musulmani, in
pochissimi decenni tra la seconda metà del VII secolo e i primi
anni dell'VIII, hanno conquistato tutto il litorale dell'Africa;
l'Africa settentrionale, non dimentichiamo, una terra di antiche
e venerabili tradizioni cristiane che vengono spazzate via. Non
del tutto, ancora oggi ci sono comunità cristiane importanti
come i copti d'Egitto, ma certo la conversione dei cristiani
nord-africani all'Islam è stata quasi corale, sia nel mondo
arabo, sia nel mondo berbero.
I musulmani sono arrivati in Spagna, hanno conquistato gran
parte della Spagna, e anche lì bisogna tener presente che non si
è trattato di una violenta conquista militare, ma si è trattato
di un'esplosione a catena, per così dire di conversioni, per cui
i mori di Spagna - "Moro" viene dal "Mauro", l'abitante della
Mauritania, quindi è un termine etnico che poi è diventato un
termine che qualifica al tempo stesso la religione - il Moro è
naturalmente Saraceno, cioè musulmano, e qualifica addirittura
il colore della pelle perché si pensa al Moro come al Mauritano,
all'abitante della Mauritania, quindi a un Arabo berbero. Ma in
realtà molti Mori, molti Moros come si dice in
castigliano, erano biondi e avevano gli occhi azzurri perché
erano, in realtà, dei Vandali figli dei Vandali, dei Visigoti,
degli Svevi che nel corso del V secolo hanno popolato la Spagna.
Oppure addirittura dei figli o dei nipoti dei Celtiberi che
erano presenti in Spagna; diciamo meglio nella penisola iberica,
anche nella fascia costiera che noi chiamiamo Portogallo, prima
dell'arrivo dei Romani.
Quindi a questa straordinaria espansione
dell'Islam, condotta anche con mezzi guerrieri, ma condotta
soprattutto con una forza di persuasione e di capacità di
conversione all'Islam che in gran parte è stata facilitata dalla
crisi delle comunità cristiane del tempo, tutto questo ha
creato, appunto, una situazione per cui il Mediterraneo è
diventato nei secoli fra VII, VIII e il IX, X, un lago in gran
parte musulmano. Poi ci sono naturalmente anche i Bizantini che
mantengono la loro talassocrazia, il loro dominio del mare
almeno nello scacchiere di nord-est del Mediterraneo, quindi fra
Adriatico, Egeo fino, si può dire alle grandi isole di Creta, di
Rodi e di Cipro. Questo non va dimenticato, naturalmente. Quindi
il trionfo dell'Islam non è totale. E dalla fine del X secolo
noi registriamo, intanto in linea di massima, una grande
rinascita dell'Europa occidentale. Il clima migliora;
demograficamente parlando si ha un balzo in avanti notevole di
cui sono segni l'ampliarsi delle città, il moltiplicarsi dei
centri urbani; l'avvio di una mobilità anche commerciale
notevole. E naturalmente tutto questo porta evidentemente anche
a un movimento di risposta nei confronti di un Islam che invece,
a partire dai primi dell'XI secolo, sembra attraversare un
momento di stallo. Noi sappiamo perché. Tre califfati - il
sunnita, ma di radice omayyade, quindi siriana, a Cordoba; il
califfato sunnita, ma abbaside, quindi arabo-persiano a Bagdad;
il califfato sciita, sciita-ismaelita al Cairo - tre califfati
si contendono il potere in Islam: una grande forza centrifuga in
tutto il mondo musulmano; emirati centro-africani o
nord-africani che, in realtà, cercano disperatamente di
mantenere il loro dominio nel Mediterraneo ma non ci riescono,
anche per il crescere delle nostre città marinare, Pisa e
Genova, che partono all'attacco contro i musulmani che stanno in
Corsica, che stanno in Sardegna, che stanno nelle Baleari,
quindi questa cristianità che si va dilatando. I risultati quali
sono? Spedizioni militari animate da uno spirito religioso che
potremmo definire pre-crociato, se definirlo così non fosse,
storicamente parlando, il mettere dei pilastri, dei paletti di
natura un po' evoluzionistica, deterministica, però potremmo
definirli "pre-crociate" - infatti è stato definito pre-crociato
questo movimento in Spagna, nel Mediterraneo, in Africa
settentrionale, dove Pisani e Genovesi assaltano spesso le città
costiere; e naturalmente in Sicilia, dove i Normanni, nella
seconda metà dell'XI secolo, conquistano l'isola cacciandone o
sottomettendone gli Arabi musulmani.
Allora abbiamo un quadro che sembra effettivamente preparatorio
del balzo finale della prima crociata. Però attenzione, perché
tutte queste spedizioni hanno ciascuna un loro fine, un loro
scopo immediato che non è affatto quello che poi convergerà
nella prima crociata, ma che ha una logica interna, ha uno
sviluppo per così dire pluralistico: la riconquista della Spagna
da un lato; la riconquista del Mediterraneo, la liberazione
delle vie del commercio dall'altro; la conquista militare dei
Normanni in Sicilia da un altro ancora; il mercenariato,
soprattutto normanno, in Asia Minore. Tutti questi elementi di
lotta contro un Islam che, da parte sua, è tutt'altro che unito
e univoco: non devono farci cadere nell'errore determinato
dall'illusione ottica di una corale risposta di una cristianità
unitaria e strategicamente animata da una visione chiara di
lotta all'Islam contro un Islam, dal canto suo, altrettanto
unito, perché questa non è la realtà storica ma è la realtà
storiografica ,che è stata molto spesso contrabbandata,
soprattutto nelle scuole, fino ai giorni nostri.
4. Quali erano la struttura e il ruolo
degli ordini monastico-guerrieri: templari, cavalieri teutonici
nella crociata? E quali le ragioni del loro conflitto con le
prime forme di sovranità laica introdotte da Federico II in
Italia e, circa un secolo dopo, da Filippo il Bello in Francia
che mandò al rogo l'ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay?
Sugli ordini religioso-militari c'è tutta una
letteratura molto spesso anche divertente, oserei dire perfino
affascinante, ma un pochino priva di fondamento dal punto di
vista storico. Allora cominciamo col dire questo: come nascono e
quando nascono ordini che sono in fondo, nella loro prima
radice, dei semplici ordini religiosi - prevalentemente di laici
ma c'è anche qualche chierico, qualche ordinato all'interno del
clero - i quali si uniscono insieme e scelgono di fare una vita
regolata secondo quella che si chiama appunto una regola. Quindi
siamo in presenza di ordini religiosi i quali si sviluppano da
primitive confraternite giurate, ma del tutto volontarie, di
laici che si fanno una promessa reciproca, una promessa
sostenuta da un valore, da un significato religioso ma che
all'inizio non è affatto legittimato dalla Chiesa. Allora, cosa
succede storicamente parlando? Succede questo: l'XI secolo, che
è il secolo, come sappiamo, della Grande Riforma della Chiesa -
precedente la Riforma che noi, nei Paesi di tradizione cattolica
chiamiamo "protestante" -. Quindi la Grande Riforma dell'XI
secolo ha portato a una serie di conversioni all'interno del
laicato, soprattutto dei ceti militari, di gruppi di
professionisti della guerra, i quali, per vari motivi, si sono
organizzati all'interno, per esempio, di quelle che erano le
cosiddette "leghe di pace" che erano organizzazioni che
imponevano a vaste regioni dell'Europa una pace, una tregua, che
la Chiesa riformata dichiarava necessaria per la rinascita di
queste aree dell'Europa e per far cessare i conflitti che erano
stati determinati poi dall'impatto della Riforma stessa, la
quale aveva tolto al mondo laicale gran parte della sua egemonia
sulle istituzioni ecclesiastiche e sulle proprietà
ecclesiastiche.
Ecco che all'interno di queste "leghe di pace" molti militari,
molti guerrieri - li potremmo chiamare col nome che si dava loro
in questo periodo, "Milites" e questo termine "milites"
lo potremmo tradurre in italiano con un nome che ci è molto
familiare, un po' troppo familiare, un po' troppo affascinante,
evocatore di orizzonti un po' letterari: "Cavalieri" - ebbene, i
"milites", i cavalieri sono abituati, alla fine dell'XI
secolo, di riunirsi in gruppi che si mettono al servizio della
Chiesa riformata, magari abbandonando gli aristocratici che
invece si opponevano, per ragioni che potevano essere anche di
natura in gran parte politico-economica, che si opponevano alla
Riforma stessa.
Questi gruppi si riuniscono in "fraternitates" cioè in
sodalizi liberi con una loro normativa di vita che ha anche
degli elementi religiosi e si mettono al servizio della Chiesa
riformata. Sono gruppi che il grande papa riformatore, Gregorio
VII, grande papa riformatore della seconda metà dell'XI secolo,
amava molto e che amava definire "milites Petri", cioè
cavalieri che si mettono al servizio di Pietro, quindi della
Santa Sede, dell'episcopato romano, e non genericamente "milites
Christi", quelli che stanno al servizio della causa
cristiana. Del resto il "miles Christi" era un termine di
origine mistico-monastica che nell'alto Medioevo è usato per
indicare appunto il monaco. Successivamente noi abbiamo invece
questi "milites Petri" che restano nel mondo, restano
guerrieri legati alle istituzioni di questo mondo ma si mettono
in modo subalterno anche al servizio della Chiesa, al servizio
anche della gerarchia ecclesiastica. Nella spedizione del
1095-1099, quella che noi chiamiamo la prima crociata, noi
vediamo agire queste "fraternitates". Le vediamo agire
anche nel resoconto non sempre chiarissimo dei cronisti. Sono
gruppi di cavalieri che molto spesso si presentano come poveri
cavalieri, non tanto perché siano di condizione modesta, quanto
perché volontariamente hanno addirittura messo le loro ricchezze
in comune per mettersi al servizio dei pellegrini, per mettersi
al servizio della causa della Chiesa.
Bene, cosa succede nel 1099? Nel 1099 si ha una massa di alcune
migliaia, sulla consistenza i pareri degli specialisti sono
veramente discordi: si arriva da pareri minimalistici che
vorrebbero la prima crociata limitata a un gruppo, fra armati e
inermi, di alcune migliaia di persone, certamente non si può
scendere sotto le circa 10.000 persone che sono, bisogna dirlo,
un numero imponente per quel tempo dunque la dimensione della
cosiddetta prima crociata è stata straordinaria; ma c'è chi
avanza anche cifre più alte, fino a passare addirittura le
100.000 unità. Quindi, in mancanza di dati quantitativi precisi,
noi abbiamo una grandezza del fenomeno che chiamiamo prima
crociata che si aggira sulle decine di migliaia di persone. Ma i
pareri degli storici, degli specialisti, sono pareri molto
discordi al riguardo, perché difficile se non impossibile è dare
un giudizio quantitativo preciso.
All'interno di questa prima crociata si
sviluppano "fraternitates" di cavalieri che difendono i
pellegrini e che poi assistono a un fenomeno sconcertante: presa
Gerusalemme la gran parte dei pellegrini evidentemente torna in
Europa, dopo aver sciolto il suo voto sulla pietra del sepolcro.
Urbano II aveva promesso ai pellegrini un premio anche
spirituale, l'indulgenza: sciogliendo il loro voto di pellegrini
molti pensano, e hanno ragione, di avere esaurito il loro
compito. Poi la Terra Santa è stata conquistata dai cristiani:
alcuni cristiani occidentali vogliono rimanervi, mettervi
radici. Nel frattempo l'Islam si sta organizzando perché
Gerusalemme è una città santa anche per l'Islam: c'è pericolo
che i musulmani si organizzino, si uniscano e ricaccino in mare
quelli che noi chiamiamo i crociati. L'imperatore di Bisanzio,
che a quel tempo è Alessio Comneno, dà segnali di
insoddisfazione per come è finita questa bislacca avventura; e
allora cosa succede? Succede che questi nuclei di
fraternitates militari si trasformano, nella prima metà del
XII secolo, in veri e propri ordini religioso-militari. Non
bisogna pensare a monaci guerrieri simili a quelli di certe
confraternite buddiste, per esempio. All'interno dei cosiddetti
ordini militari, quindi templari, gli ospitalieri, più tardi
teutonici, ordini militari che nasceranno per un meccanismo
analogo su modello della Terra Santa anche in Spagna, gli ordini
militari sono costituiti da laici che combattono, ma anche da
laici che lavorano e da un gruppo minimale, minimo ma c'è, anche
di ecclesiastici: quindi non tutti all'interno degli ordini
militari portano le armi. Quindi è giusto chiamarli ordini
religioso-militari, non forse monastico-cavallereschi, che è
un'espressione che porta fuori strada, e tener presente che al
loro interno ci sono anche dei sacerdoti, i quali si guardano
bene dal combattere perché chi è ordinato all'interno del clero
non può portare le armi, non può versare il sangue. Una sorta -
è stata chiamata forse un po' immaginificamente - di legione
straniera al servizio dei pellegrini che arrivano
incessantemente dall'Europa.
5. Professor Cardini, ci può parlare del
ruolo delle Repubbliche marinare nell'espugnare, e poi
difendere, quei porti dell'Asia Minore che hanno poi costituito
la base del loro monopolio commerciale fino alla metà del
Duecento?
Noi di solito, quando si parla di Repubbliche
marinare, diciamo così scolasticamente, alludiamo a quattro
città: Amalfi, Venezia, Genova e Pisa, quindi tre città
tirreniche, una città adriatica, che si sviluppano in tempi
leggermente diversi tra il IX-X e il XII secolo; poi,
naturalmente, la fortuna e la forza di alcune di queste città,
di Genova e soprattutto di Venezia come sappiamo, anche come
Stato sovrano, arriverà fino si può dire alla vigilia della
modernità. Ma queste città marinare hanno, senza dubbio, avuto
il loro sviluppo nel mondo mediterraneo dominato dall'Islam e si
sono fatte largo, fatte strada per così dire, combattendo in
modo corsaro, se vogliamo, e, nello stesso tempo, commerciando.
Cominciano, come è noto, gli Amalfitani: il secolo d'oro di
Amalfi è, però, soprattutto il X, forse l'inizio dell'XI secolo.
Mentre Venezia segue una strada del tutto sua, cercando di
dominare il più possibile il lungo braccio di mare che noi
chiamiamo Adriatico, che infatti si chiamerà a lungo anche
"Golfo di Venezia", e Venezia si guadagna il suo spazio facendo
una politica piuttosto delicata e anche ambigua di sudditanza,
condizionata, per così dire, rispetto all'impero bizantino,
all'impero d'Oriente, Genova e Pisa invece si sviluppano come
città che sanno e riescono a determinare, nel corso dell'XI
secolo, l'egemonia al loro interno di un gruppo di armatori, di
detentori della ricchezza immobiliare, ma anche mobiliare
cittadina, di aristocratici marinai e anche gestori di cantieri.
Questi nel corso dell'XI secolo si trovano davanti a una
situazione abbastanza drammatica: per un verso il loro specchio
di mare, lo specchio di mare che interessa loro quindi
l'alto-medio Tirreno è dominato ancora da una talassocrazia
islamica che ha i suoi punti di forza nelle coste del levante
spagnolo, nell'arcipelago delle Baleari e anche nelle coste
della Corsica e della Sardegna. Pisa e Genova cominciano a
farsi, in un primo tempo abbastanza faticosamente, strada nel
corso della prima metà dell'XI secolo, allargando il loro
potere, il loro raggio d'azione, la loro libertà commerciale -
lo fanno naturalmente a colpi di imprese corsare - contro i
musulmani che le assediano. E infatti noi abbiamo, all'inizio
dell'XI secolo, ancora episodi di assedio musulmano a Genova e a
Pisa; successivamente saranno invece i Pisani e i Genovesi che
prenderanno in qualche modo loro l'iniziativa, cominceranno con
l'assalire con buon successo le coste della Corsica e poi della
Sardegna, con l'insignorirsi sempre più di queste due isole. Ma
qui sarà proprio per l'egemonia sulle grandi isole tirreniche
che nascerà il primo seme di quella che poi diventerà la
rivalità tradizionale tra Genova e Pisa.
Nel frattempo, come sappiamo, i Normanni stanno occupando la
Sicilia: ed ecco Genovesi e Pisani in appoggio ai Normanni
combattono l'Islam siculo. Ma la Sicilia, anche questo è noto, è
vicinissima alle coste dell'Africa settentrionale, soprattutto
alle coste tunisine: ed ecco numerose spedizioni militari pisane
e genovesi, fino dagli anni Trenta dell'XI secolo, che
colpiscono i nidi corsari che sono in realtà dei fiorenti
emirati dell'Africa settentrionale, e qualche volta se ne
impadroniscono.
È rimasta famosa, leggendaria, la conquista pisana - non erano
soltanto Pisani, ma erano prevalentemente Pisani - della città
di Mahdia, vicino all'attuale Tunisi nel 1087, è stato anche
questo episodio del 1087 poi cantato da una composizione epica
latina il Carmen in victoria Pisanorum e che poi sarà
ripreso addirittura da Gabriele D'Annunzio ai primi del XX
secolo per una delle sue canzoni di gesta dedicate evidentemente
alla guerra di Libia. Quindi siamo davanti alla costruzione
dell'idea di crociata che si prolunga nel XX secolo attraverso
queste riprese. Ma torniamo ai nostri Pisani e ai nostri
Genovesi, i quali naturalmente partecipano anche, in un modo o
nell'altro, abbastanza tardivamente alla spedizione che noi
chiamiamo la prima crociata. Quando, nel corso del 1097 e poi
del 1098, si diffonde la notizia che i pellegrini e i guerrieri
che sono partiti dall'Europa e poi da Costantinopoli sono ormai
diretti attraverso l'Asia Minore, verso una meta che sembra
sempre più chiara, Gerusalemme, allora si muovono i Genovesi;
più tardi si muoveranno anche i Pisani, in appoggio ai
pellegrini e i guerrieri con le loro navi cariche di derrate
alimentari e anche di tecnici in grado, per esempio, di
costruire ordigni d'assedio. Il contributo genovese alla presa
di Gerusalemme del luglio '99, per esempio, sarà
importantissimo. Il contributo pisano sarà più tardivo e sarà
prevalentemente politico perché, con la prima spedizione pisana
dell'autunno del 1099, naviga il primo legato pontificio, grande
legato pontificio in Terra Santa, che è l'arcivescovo di Pisa,
arcivescovo Damberto che poi diventerà il primo patriarca latino
di Gerusalemme.
Cosa vogliono praticamente le Repubbliche marinare? Arriva
subito anche Venezia, preoccupata perché Pisani e Genovesi
stanno invadendo il quadrante orientale del Mediterraneo che
Venezia considerava l'area del suo monopolio. Allora anche i
Veneziani si associano alla conquista del litorale dell'Asia
Minore, alla conquista del litorale dell'area che oggi è
spartita fra Siria, Libano e Israele perché questa è l'area in
cui si organizza quell'esperimento statale nato dalla prima
crociata che è il Regno crociato di Gerusalemme. Regno crociato
di cui le Repubbliche marinare sono, si può dire, la colonna
vertebrale dal punto di vista socio-economico con la loro
potenza, con la loro disponibilità di mezzi nautici importanti,
con la loro intraprendenza economica. Che cosa vogliono in
generale le Repubbliche marinare, le nostre città marinare? Non
vogliono conquiste territoriali, vogliono assicurarsi dei
quartieri nelle principali città portuali: quindi Jaffa, odierna
Tel Aviv; quindi Acri, odierna Acco; quindi Haifa e altre città
del litorale: la stessa Beirut, per esempio; la stessa Tiro.
Nascono quartieri che sono tenuti dalle nostre città: un
quartiere pisano, un quartiere genovese, un quartiere veneziano;
nei quartieri si ricostruisce, in qualche modo, una vita
coloniale a somiglianza della madrepatria, quindi una piccola
Genova a Tiro o a Acri, per esempio; una piccola Pisa, una
piccola Venezia, insediate da una popolazione che è, in gran
parte, semisedentaria perché si tratta di mercanti che passano
una parte dell'anno nella madrepatria e una parte dell'anno
nella colonia. Si tratta di commerciare, si tratta di avere dei
privilegi fiscali, daziari, di commercio e di assorbire così le
merci che vengono veicolate attraverso, per esempio, la Via
della seta, dall'Asia profonda, e che possono arrivare in
Occidente. In questo modo il contributo delle nostre città alla
crociata si risolve in un contributo, in un vero e proprio
contributo, di grande crescita dal punto di vista
economico-commerciale per tutta l'Europa. Una crescita delle
nostre città che sono rivali tra loro e le guerre non mancano.
Comunque le nostre città nel loro complesso, Pisa, Genova e
Venezia sono, si può dire, il collettore fondamentale.
6. La seconda crociata, 1146-1148,
invocata dal re di Gerusalemme, preparata dalla predicazione di
san Bernardo e bandita da Luigi VII e da Corrado III fallisce.
Perché? E quale fu, in questo scacco, il ruolo dell'impero
d'Oriente?
Anzitutto bisogna notare una cosa che è
banale; è banale ma va sottolineata, altrimenti può darsi che
sfugga a qualcuno. La cosiddetta prima crociata, nessuno l'ha
mai chiamato così: le parole per designare la spedizione erano,
in generale: "Iter" che voleva dire spedizione militare o
"Peregrinatio". Più tardi sarebbero venute fuori altre
parole: "Passagium" per esempio; oppure addirittura "Pax";
addirittura "Jubilaeum"; o più tardi "Crux", che è
il termine che si avvicina di più alla nostra parola "crociata"
ma che è un termine messo in circolazione soltanto dai
canonisti, quindi dai giuristi della Chiesa, nel corso del XIII
secolo. Bisogna notare un fatto: tra la cosiddetta prima
crociata, 1095-1099 e la cosiddetta seconda crociata, 1147-48
circa, corre circa mezzo secolo. Mezzo secolo, nel XII secolo,
corrisponde alla vita intera di un uomo: la vita media era più
breve di cinquant'anni, quindi un lungo periodo. Quindi
attenzione alle illusioni ottiche: non c'è una tradizione
"crociata" nel XII secolo. Christopher Tyerman l'ha sottolineato
con forza nel suo libro recente. Ma, debbo dire, gli specialisti
avevano già più volte richiamato l'attenzione su questo fatto:
la tradizione crociata nel XII secolo non esiste per la buona
ragione che le due crociate del XII secolo, quella che noi
chiamiamo la seconda e la terza, sono a distanza di mezzo secolo
l'una dall'altra. Quindi evidentemente si tratta di spedizioni
che l'Occidente, che l'Europa, vive come spedizioni eccezionali
in appoggio a un regno, il regno latino, il Regno crociato di
Gerusalemme, che è in continuo pericolo di essere travolto da
una riconquista islamica. Ecco quindi le strane dissimmetrie di
questo mondo euro-mediterraneo all'interno del quale noi ci
poniamo per considerare la crociata. In Spagna noi abbiamo una
riconquista cristiana che, quindi, riduce progressivamente lo
spazio dell'Islam iberico, Spagna e Portogallo naturalmente.
Invece nel Vicino Oriente, dopo la conquista crociata -
continuiamo a usare questo termine perché ci siamo abituati -
del 1099 c'è una progressiva riconquista islamica, quasi una
sorta di risacca ai due lati del Mediterraneo. Il quadro storico
va tenuto presente, anche se bisogna tener presente altresì il
fatto che in questo movimento di conquiste e riconquiste non c'è
nulla di coordinato, non c'è nulla di veramente unitario.
La seconda crociata, quella che noi chiamiamo la seconda
crociata, è originata dal fatto che l'Islam si sta
riorganizzando soprattutto nella Siria settentrionale dove una
dinastia intraprendente di regnanti Turchi, gli Atabeg, cioè i
grandi governatori delle città di Damasco e di Mosul, che sono
due città splendide, ricchissime, molto forti, stanno
riconquistando il margine nord di quelle che erano state le
conquiste crociate della cosiddetta prima crociata. Vi è la
caduta, in particolare, della città di Edessa, oggi Urfa, in
Turchia, ma nel XII secolo una grande città armena - gli Armeni,
nel XII secolo, sono una presenza straordinariamente numerosa e
diffusa; noi non ne abbiamo più un'idea dopo il genocidio
avvenuto a danno degli Armeni nel primo Novecento, ma gli Armeni
sono un'etnia fortissima all'epoca - la città armena di Edessa è
stata conquistata nel 1097, per la cronaca, da quel Baldovino di
Fiandra che porterà il titolo di conte di Edessa ma diventerà,
nel 1100, il primo re di Gerusalemme.
Però la città di Edessa , la città crociata di Edessa, ha
vissuto una vita grama perché sempre minacciata dai Turchi di
Siria che si riorganizzano finché nel 1144 e nel 1146, con due
successive ondate viene conquistata, riconquistata e poi
riconquistata ancora dai musulmani. Questo provoca da parte dei
dinasti di Gerusalemme, dei capi del regno franco di Gerusalemme
un'ondata di panico e la richiesta di aiuti all'Europa. È una
novità quindi, non c'è una continuità, nessuno ha chiamato alla
seconda crociata per la semplice ragione che la parola
"crociata" non si usava e che nessuno in fondo ha collegato
quella nuova spedizione che è quella che nasce nel corso del
1147 predicata da personaggi di straordinaria importanza come
Bernardo di Chiaravalle.
Forse cominciamo a delineare più
concretamente la realtà di questo XII secolo. Noi siamo abituati
a una sequenza: prima crociata alla fine dell'XI secolo; seconda
crociata a metà del XII; terza crociata alla fine del XII secolo
stesso. La prima crociata, come usiamo dire, riesce perché si
conquista Gerusalemme e abbiamo già visto che le cose non stanno
esattamente in questi termini, anche perché di riuscita della
prima crociata non si può parlare dal momento che una ideologia
della crociata non esiste. C'è un dato di fatto: l'impianto in
Terra Santa, in un'area compresa tra gli attuali Stati di
Israele, del Libano, della Siria e anche di una piccola parte
occidentale della Giordania, di una nuova monarchia feudale. Il
regno di Gerusalemme, distinto in un territorio appartenente al
re di Gerusalemme stesso, è un territorio di grandi principi
territoriali: Tripoli di Siria naturalmente, da non confondersi
con la Tripoli di Libia, quindi oggi Tarabulus, in Libano;
quindi Antiochia; Edessa. Edessa è la città crociata più a nord
praticamente, una città di antiche tradizioni armene; ma oggi,
dopo il genocidio armeno degli inizi del Novecento, gli Armeni
non ci sono più o ce ne sono molto pochi ed Edessa è diventata
una città prevalentemente turca: si chiama Urfa e sta in
Turchia, è una città di grande importanza. Quindi abbiamo una
monarchia feudale a Gerusalemme, sotto alla quale in qualche
modo sta una costellazione di grandi principati che sono divisi
naturalmente in signorie che noi, per brevità, potremmo definire
feudali, anche se questo aggettivo bisogna sempre usarlo per il
XII secolo con una certa prudenza, con una certa parsimonia.
Questo è il quadro generale. Le signorie crociate, naturalmente,
sono minacciate da un Islam che si sta riorganizzando. I leader
di questa riorganizzazione musulmana sono i governatori Turchi,
gli Atabeg - questo è il termine turco che si usa per dire un
governatore principale - delle città di Damasco e di Mosul:
sferrano il loro attacco contro Edessa che cade, fra il 1144 e
il 1146, ben due volte. Conquistata, poi ripresa dai cristiani,
poi riconquistata dai Turchi nel biennio 1144-1146. Ecco dunque
lo iato, la distanza a cui bisogna dare la massima importanza.
Non esiste una tradizione crociata nel corso del XII secolo. Non
solo perché la parola "crociata" non è usata: in fondo chi
andava, chi accettava la spedizione militare per la conquista o
la conservazione dei luoghi santi nelle mani crociate prendeva,
appunto, la croce, il simbolo del pellegrinaggio, e prendeva il
nome di "crucis signatus", "segnato dalla croce", che è senza
dubbio, anche lessicalmente, l'antenato della nostra parola
"crociato". Però una tradizione crociata nel XII secolo non
esiste perché le tre spedizioni che noi chiamiamo "crociate"
sono a distanza di mezzo secolo, cioè la distanza che nel XII
secolo era della vita intera di un uomo, l'una dall'altra.
Quindi nessuno ha proclamato in Occidente, come qualche film
americano invece ci farebbe credere, la seconda crociata.
Nessuno ha predicato la seconda crociata, nessuno ha avuto
l'impressione che la spedizione nata in Occidente in aiuto del
Regno di Gerusalemme pericolante per l'attacco che veniva dal
nord, dal mondo turco-siriaco del nord, fosse una seconda
crociata, quindi qualche cosa di collegabile agli eventi che
mezzo secolo prima, nel '99, avevano permesso la conquista di
Gerusalemme. La cose non stanno in questo modo se non in una
ricostruzione, in una razionalizzazione moderna di molto tempo
successiva. Quindi la cosiddetta seconda crociata è una
spedizione in appoggio al Regno di Gerusalemme, giustamente
invocata dallo stesso re di Gerusalemme, come è stato appunto
detto, che parte anche grazie alla predicazione di un grande
personaggio, del più grande mistico del XII secolo,
personaggio-chiave della conquista, dell'organizzazione della
crociata stessa, così come era stato un personaggio-chiave nella
legittimazione di quello che è forse il più famoso anche se non
il più fortunato degli ordini religioso-militari, cioè i
Templari. Questo personaggio, patrocinatore dei templari prima,
predicatore della crociata dopo, è Bernardo di Clairvaux, il
grande mistico cistercense.
La spedizione parte e parte grazie
all'impegno di due grandi sovrani: il re di Francia, Luigi VII;
e il re di Germania, pretendente quindi alla corona imperiale,
Corrado III. Quindi siamo davanti alle due fondamentali teste
coronate del XII secolo che si muovono per una spedizione il cui
fine è difendere il possesso cristiano occidentale di
Gerusalemme. È qualche cosa di straordinario anche rispetto a
quella che noi chiamiamo la prima crociata, che non aveva visto
personaggi di questo livello muoversi nel pellegrinaggio armato.
La seconda crociata è straordinariamente ben organizzata, non ha
nulla a che vedere con la caoticità, la disorganizzazione, la
contraddittorietà della prima. Solo che la prima, forse
sfruttando proprio l'effetto sorpresa che derivava dalla sua
struttura folle, è riuscita in qualche modo, o comunque ha
portato un risultato forse non voluto, forse non cercato, forse
non atteso, forse segnato solo da pochi mistici folli: la
conquista di Gerusalemme. La seconda crociata, così ben
razionalisticamente organizzata, vede tra i suoi protagonisti
una donna, una signora della cultura cortese, della grande
cultura europea del tempo, Eleonora d'Aquitania, allora regina
di Francia che più tardi diventerà regina di Inghilterra,
divorzierà dal re di Francia e sposerà Enrico II d'Inghilterra:
nella seconda crociata ci sono anche le basi per una delle
divisioni storiche, delle inimicizie storiche del territorio
della nostra Europa, l'inimicizia tra l'Inghilterra e la
Francia.
La seconda crociata fallisce. Fallisce anche perché
l'imperatore, il Basileus, l'imperatore di Bisanzio del
tempo, che è un grande sovrano, Manuele Comneno - discendente di
quell'Alessio Comneno che si era visto arrivare, fra 1096 e 1097
le fiumane di gente in gran parte disarmata della prima crociata
-. Manuele Comneno non ha nessun interesse, nessuna intenzione,
di aiutare i suoi colleghi che non considera affatto tali, re di
Germania e di Francia: non ha intenzione di aiutarli a radicarsi
ancora più profondamente nel Vicino Oriente. Manca l'appoggio
bizantino all'impresa crociata; manca la concordia fra i re di
Francia e di Inghilterra; manca la concordia fra i re di Francia
e di Inghilterra, nel loro complesso, e i baroni feudatari
franco-siriaci, cioè i feudatari insediati nel mondo crociato,
nel Regno di Gerusalemme. Si fa la più folle delle imprese: si
cerca di conquistare Damasco che, in fondo, era una città che
aveva le sue ragioni per non andare troppo d'accordo con le
altre città musulmane, in particolare con le città di Aleppo e
di Mosul da cui veniva veramente il pericolo. Aleppo, oggi in
Siria, Mosul oggi in Iraq.
Damasco avrebbe potuto essere un'ottima alleata musulmana dei
crociati. Si erano già viste queste alleanze, non bisogna
meravigliarsene; bisogna sottolineare che la crociata, anche in
questo senso, presenta il suo volto di guerra che non è
assolutamente una guerra di religione: come in Spagna, cristiani
e musulmani si alleano spesso fra loro per combattere contro
leghe avversarie costituite a loro volta di cristiani e di
musulmani. Quindi nessuna idea sbagliata sulla natura religiosa
della crociata deve diffondersi a questo riguardo. Purtroppo se
ne sono già diffuse fin troppe.
Ebbene, cosa succede? Succede che ci si sarebbe dovuto alleare
con l'emiro di Damasco. Invece si attacca Damasco. Damasco è
ricca, Damasco ha una fama favolosa in Occidente e i re di
Francia e di Germania non se la vogliono far scappare. Il
risultato è che l'assedio di Damasco fallisce, i re di Germania
e di Francia tornano ciascuno per la loro strada in Europa e lì
continueranno la loro lotta, che darà poi luogo, fra l'altro, a
un'altra inimicizia storica, quella tra la Francia e la
Germania.
Quindi nel XII secolo e nella cosiddetta seconda crociata c'è,
se si vuole, la base di tutta una serie di componenti
disgregatrici dell'Europa pieno-medievale, ma non c'è il nascere
di una coscienza crociata. La seconda crociata lascerà solo una
lunga scia di rancori: tra il re di Germania e il Basileus di
Costantinopoli; tra il re di Germania e il re di Francia; più
tardi fra il re di Francia [ e il re di Inghilterra, che gli
ruberà la consorte e che quindi sposterà anche l'asse politico,
perché la consorte, Eleonora d'Aquitania, era a sua volta
padrona da mezza Francia e la porterà in dote al re di
Inghilterra.
Un forte elemento di disgregazione europea si
inserisce nella storia del XII secolo. Più tardi, con la terza
crociata, avremo forse un ampliarsi successivo di questa
direzione di sviluppo storico. Ma anche la terza crociata
nascerà da un altro episodio casuale, a modo suo: la conquista
di Gerusalemme da parte del Saladino, che era un episodio in
gran parte atteso, temuto, ma che non aveva, in fondo, un vero
collegamento con quanto era avvenuto prima.
7. Dopo la riconquista musulmana del Regno
di Gerusalemme Gregorio VIII bandisce la terza crociata, come
Lei accennava prima. Terza crociata che, nonostante la vittoria
di San Giovanni d'Acri nel 1191, non porta alla riconquista di
Gerusalemme e si concluderà nell'anno successivo con una tregua.
Si può affermare che già in questa fase il papato ha perduto
l'effettiva direzione della crociata?
No, in fondo il papato non ha avuto ancora la
direzione della crociata. La terza crociata è ancora una
spedizione delle grandi teste coronate d'Occidente: l'imperatore
romano-germanico Federico Barbarossa, che morirà non in
battaglia per un incidente durante il viaggio senza arrivare a
Gerusalemme; poi i re di Francia e di Inghilterra,
rispettivamente Filippo II Augusto, figlio del Luigi VII - che
abbiamo visto nella seconda crociata - e Riccardo Cuordileone,
figlio dell'Enrico II che aveva rubato la moglie di Luigi VII.
Quindi teste coronate che sono legate anche tra loro da strani
rapporti, o familiari o di inimicizia, ma anche di solidarietà
in qualche modo. La terza crociata non porterà a risultati
effettivi per la cristianità.
Gerusalemme, conquistata nel 1187 da questa grande figura di
condottiero musulmano e anche di intellettuale, di finissimo
politico, che è Yusûf ibn Ayyûb Salâh ad-Dîn - cioè il Saladino
come diciamo noi - resterà sempre, da allora in poi, nelle mani
dell'Islam. Si può dire che resterà nelle mani in un modo o
nell'altro nelle mani dell'Islam fino al 1916, passando da
diversi proprietari sempre islamici, fino al 1916, quando
Gerusalemme passerà nelle mani degli Inglesi, i quali l'hanno
conquistata nel corso della Prima guerra mondiale. Ma in questo
lungo periodo la cristianità occidentale non rinunzierà mai,
almeno sul piano teorico, alla volontà di riconquista di
Gerusalemme. Questo però sarà un dato teorico che permetterà il
costruirsi del successivo mito della crociata: la crociata serve
a conquistare Gerusalemme.
Quando le crociate si rivolgono ad altri indirizzi, che possono
essere i più vari - guerre contro i Mori in Spagna; guerre
contro i pagani nel nord-est d'Europa; guerre contro gli eretici
all'interno dell'Europa, la crociata degli Albigesi per esempio;
guerre politiche; le crociate contro Federico II; contro gli
Aragonesi o i Colonna tra Duecento e Trecento; le guerre, le
crociate contro i signori, i Ghibellini dell'Italia del Trecento
-, il principio canonico, giuridico che guiderà la possibilità
di definire queste spedizioni così eterogenee fra loro come
"crociate", sarà la volontà pontificia di gestire praticamente
il patrimonio di indulgenze che la Chiesa può distribuire per
una causa che concettualmente la Santa Sede riterrà in qualche
modo, magari indirettamente, utile alla conquista di
Gerusalemme.
Quindi la conquista di Gerusalemme resta la base giuridica - che
sia molto spesso una base pretestuosa siamo perfettamente
d'accordo, è evidente - ma la base giuridica formale per
permettere alla Santa Sede di usare lo strumento della crociata
come volante, come volano praticamente, di una politica di
egemonia europea. Ma direi che, in questo senso, il grande
iniziatore di questa ingegnosa e gigantesca macchina è un
pontefice che sale al trono all'indomani della terza crociata,
fallita tragicamente, proprio sulla base del fatto che gli
Europei hanno ormai perso ogni fiducia nel fatto che i loro
principi riescano a garantire il possesso di Gerusalemme alla
cristianità. E sarà proprio il papa Innocenzo III l'iniziatore
di quel movimento di egemonia, di possesso si può dire politico
dello strumento della crociata da parte del papato che poi, in
gran parte, coinciderà proprio con lo sviluppo di quella che noi
stessi definiamo, forse un po' impropriamente, l'idea di
crociata molto addentro nella nostra storia moderna, direi fino
agli inizi del XVIII secolo, del Settecento.
8. La quarta crociata, bandita da
Innocenzo III come strumento della riaffermata teocrazia si
trasforma nella conquista dell'impero bizantino, in cui
l'elemento finanziario rappresentato dagli interessi veneziani
assume un ruolo preponderante. Che ripercussioni ha questa
spedizione sugli equilibri dell'Europa cristiana?
Senza dubbio qui siamo davanti al capolavoro
di Innocenzo III, e Innocenzo III fallisce proprio in quella
che, in fondo, era un'impresa che lui aveva fortemente voluto.
Innocenzo III non vuole le crociate perché egli stesso non sa
che le crociate sono tali, non le chiama così; però vuole senza
dubbio riconquistare Gerusalemme e favorisce al massimo questo
gruppo di aristocratici, principalmente francesi ma anche
qualche italiano - il duca di Monferrato per esempio -, i quali
si presentano, con l'appoggio anche navale di Venezia, come una
compagine militare solida e imponente. Però, arrivati a
Costantinopoli praticamente, per una serie di problemi di natura
politica a cui si sovrammetteranno evidentemente dei problemi di
loro rapacità, trovano che la loro spedizione non si muoverà più
da lì, nel senso che conquistano Costantinopoli e l'assoggettano
e inventano una specie di impero latino. È uno scandalo per il
tempo: è senza dubbio un episodio che scaverà un fossato molto
profondo tra i cristiani d'Occidente, i cristiani latini, quelli
che noi potremmo con linguaggio d'oggi chiamare i "cattolici", e
i cristiani d'Oriente, i cristiani ortodossi, cristiani appunto
di rito greco, quelli che noi chiamiamo ortodossi. Innocenzo III
non gradisce, non apprezza l'esito di questa spedizione, ma non
può nemmeno sconfessarla. In un primo tempo si cercherà di dare
tutta la colpa a Venezia, che sarà addirittura scomunicata. Ma
in fondo la solidarietà fra Venezia, i feudatari che si sono
impadroniti di Costantinopoli e della Grecia, e l'esito di
interessi commerciali che coinvolgeranno e cointeresseranno
tutta l'Europa sarà tale per cui la cristianità inghiottisce e
metabolizza presto anche l'esito di questa spedizione
stranissima che la nostra tendenza a computizzare queste
spedizioni ci fa chiamare "quarta crociata".
9. Nella quinta crociata viene in primo
piano la figura di Federico II. Falliti i tentativi di
riconquista militare, Federico rivendica, in base ad una
politica puramente dinastica, il titolo di re di Gerusalemme e
libera il Santo Sepolcro, stipulando con il Sultano d'Egitto il
trattato di Jaffa nel 1229 che assicurava, per dieci anni, ai
cristiani il possesso dei luoghi santi. Come retroagisce la
diplomazia federiciana sull'idea di crociata?
Senza dubbio Federico II, come sacro romano
imperatore, come imperatore romano germanico, ritiene che la
crociata sia uno dei suoi obblighi storici. La tutela di
Gerusalemme, la riconquista di Gerusalemme, è uno degli obblighi
che la casa di Svevia, quindi non solo l'imperatore come
ufficio, come funzione, ma proprio la casa dinastica di Svevia
avoca, richiama a sé stessa. Corrado III e poi Federico
Barbarossa, il nonno di Federico II, ma lo stesso padre di
Federico II, quell'Enrico VI morto troppo giovane per sviluppare
una sua politica, si sono sempre occupati della necessità di
mantenere Gerusalemme in mano cristiana o, dopo il 1187, di
riconquistarla.
D'altra parte Federico ha una visione generale, ampia, di tipo
mediterraneo della sua politica. È re di Sicilia; è re d'Italia;
è re di Germania; è imperatore; è anche re dinastico, almeno per
breve tempo, di Gerusalemme e tiene a mantenere al centro del
Mediterraneo il fulcro forte della sua politica. Questo lo
porta, evidentemente, a una politica di buon vicinato con
l'altro grande dinasta di quell'area, che non è l'imperatore
bizantino - che ormai è tornato sul trono con la dinastia che è
succeduta alla caduta, alla rovina dell'impero latino di
Costantinopoli, la dinastia dei Paleologi, ma ormai l'impero di
Bisanzio è un'ombra di sé stesso -, mentre invece il grande
potentato, la grande potenza mediterraneo-orientale del tempo è
evidentemente il sultanato d'Egitto, che si è organizzato,
sostituendosi al califfato, sulla base della conquista del
Saladino.
Quindi evidentemente Federico II ha interesse ad andar d'accordo
col suo collega del Cairo. E questo spiega come si addivenga, in
fondo, a un nuovo status quo della questione di
Gerusalemme caratterizzato da questa cessione pacifica e
temporanea della Città Santa. Federico II ha, in fondo, assolto
i suoi doveri di pellegrino armato, anche se non attraverso una
conquista militare, ma attraverso una tregua. Ma non si può dire
che sia venuto meno a un dovere ideologico, anche perché questo
dovere ideologico non è scritto da nessuna parte. Certo, la
Santa Sede, il papa che in quel momento regna, Gregorio IX, non
gradisce questa soluzione. Però bisogna tener presente che papa
Gregorio IX ha motivi di inimicizia politica e personale nei
confronti di Federico II e non avrebbe probabilmente gradito
alcuna soluzione se non, appunto, la deposizione di Federico
stesso. È questo in effetti è il Leitmotiv della politica
pontificia per i successivi anni fino al 1250, quando Federico
II, del resto già scomunicato, morrà lasciando poi ininterrotto
il suo disegno.
10. Professor Cardini, un aspetto non
secondario della politica di Federico II è quello culturale. È
giusto confrontarlo con il cosiddetto modello andaluso di
convivenza tra i monoteismi abramitici, islamico, ebraico e
cristiano, in base al diritto islamico?
Senza dubbio Federico II ha una granda
simpatia nei confronti del mondo islamico; senza dubbio si
considera un sovrano mediterraneo e, come tale, deve fare i
conti con l'Islam. Ha avuto un'educazione in cui la cultura
araba ha avuto gran parte e si muove in una direzione analoga a
quella che è stata scelta dal suo grande contemporaneo il re di
Castiglia, Alfonso X detto "il Sapiente", "el Sabio", il
quale è un grande legislatore, è un grande demiurgo di una
politica di equilibrio fra cristiani, ebrei e musulmani. Qui
bisogna fare, però, delle distinzioni importanti: nella
Castiglia del XIII secolo le comunità ebraica e musulmana sono
veramente comunità importanti e quindi si fa una politica di
convivenza reale. Nel Regno di Sicilia dominato da Federico II
la comunità ebraica è relativamente ristretta, anche se esiste.
Il mondo musulmano è già un mondo profondamente molto provato: i
Normanni hanno dato a questo mondo un grosso colpo anche sotto
il profilo militare. Federico II che si presenta così
filoislamico in politica estera, non lo è altrettanto in
politica interna, tanto è vero che determinerà, con la sua
politica durissima, la rivolta dei musulmani della città di
Noto, l'ultima roccaforte islamica, e punirà gravissimamente i
musulmani di Noto. È vero che poi accoglierà i superstiti, li
convoglierà verso la nuova colonia pugliese di Lucera che
diventerà una città musulmana in terra cristiana, - uno scandalo
secondo il mondo papale nemico di Federico II - e, naturalmente,
i Saraceni di Lucera saranno sempre grati e rispettosissimi e
affettuosi sudditi dell'imperatore Federico II. Però la presenza
dei Saraceni di Lucera non deve far dimenticare che, alla base
della costruzione stessa di Lucera, c'è una repressione
violentissima dei musulmani di Sicilia, che vengono deportati e,
si può dire, quasi annientati, se non fisicamente perlomeno come
realtà culturale. Quindi tra l'equilibrio castigliano e la
politica accentrata, ma per molti versi tirannica, di Federico
II c'è una bella differenza. Certamente che poi Federico II
fosse un intellettuale, si può anche definire uno studioso
aperto e interessatissimo all'ebraismo come all'Islam, è un
altro discorso. Ma direi che sul piano dei modelli politici, il
modello per noi moderni per esempio, facciamo un piccolo
anacronismo, il modello di Alfonso "el Sabio", il modello
di Alfonso X di Castiglia è straordinariamente superiore al
modello di Federico II.
11. C'è la tendenza a considerare Federico
II, per la sua dottrina della "Necessitas rerum" nella
costituzione della regalità, come un precursore dell'assolutismo
illuminato. Non è piuttosto vero che tale dottrina ha la sua
fonte nell'esegesi islamica di Aristotele e, come riferimento
politico, i sultanati e califfati del mondo arabo, Stati
assolutistici e teocratici ma senza sacerdoti?
Senza dubbio l'esegesi musulmana di
Aristotele è fondamentale per tutto il XIII secolo e direi che
l'idea di Stato di Federico II non ci sarebbe senza questa
esegesi. E, quindi, non c'è dubbio che per quanto l'Islam sia
una cultura che originariamente non conosce nemmeno l'idea di
regalità, l'acquisizione del modo di ragionare aristotelico,
della filosofia aristotelica, porta poi l'Islam a modificare la
sua idea di assetto civile fino ad ammettere appunto al suo
interno, la realtà di califfati e di emirati che agiscono
secondo quella che noi moderni potremmo chiamare una logica
assolutistica e che danno, in questo senso, anche delle idee a
Federico II, soprattutto appunto questa necessità, questa
necessarietà, del potere regio, che è uno dei punti forti della
meditazione politica di FedericoII. Ma non bisogna dimenticare,
parlando di Aristotele, che il XIII secolo è il grande secolo
aristotelico, e che senza la meditazione filosofica musulmana
non solo forse non esisterebbe l'idea di Stato di Federico II -
o sarebbe un po' diversa, forse più sfocata di quello che è -,
ma non esisterebbe nemmeno la stessa filosofia tomista, la
stessa filosofia aristotelica di Tommaso d'Aquino che si radica
profondamente nelle traduzioni dall'arabo e nei commenti arabi
ad Aristotele.
12. Ancora una domanda su Federico II.
Professor Cardini, come si spiega la doppia politica di
Federico, favorevole al feudalesimo e federativa in Germania, e
fortemente centralistica, antifeudale, ma anche anticomunale nel
Regno? C'entra qualcosa la debolezza e la frammentarietà del
regime feudale in Italia, che costituisce una vera anomalia nel
medioevo europeo?
Forse c'entra anche la struttura particolare
del sistema signoriale che, di solito un po' riduttivamente, si
definisce feudale, del sistema che dovremmo forse chiamare
"vassallatico beneficiario" più che feudale a quel tempo.
Naturalmente, poi, sulla struttura feudale del sud si è
impiantata tutta una tradizione giuridica che è poi fiorita e ha
vissuto nel grande feudalesimo meridionale fra Cinquecento e
Settecento; ma non è qualche cosa che si debba far tornare
indietro, con effetto di feedback sul medioevo, perché si tratta
di un feudalesimo moderno di tutt'altro connotato. Federico II è
un uomo che ha veramente ereditato ed ha approfondito la grande
capacità di mediatore, qualche volta perfino di trasformismo
politico, del nonno Federico Barbarossa, che era uomo duro
quando occorreva, ma era anche un mediatore qualche volta
spregiudicato. Federico II è un signore feudale in Germania,
dove ama presentarsi come il principe di una serie di principati
vescovili o cittadini, di realtà comunali, di realtà
territoriali: qui sta la base, in fondo, della struttura
federale anche della stessa Germania moderna. Mentre invece si
presenta come sovrano accentrato dove questo gli è possibile,
quindi in quella Sicilia, in quella Italia meridionale dove
c'era una tradizione di accentramento che già i precedenti
dominatori, i Bizantini nel sud peninsulare, gli Arabi nel sud
insulare, gli stessi Normanni, avevano posto le condizioni per
una sorta di centralismo. Quindi Federico è un centralista solo
laddove le condizioni glielo consentono: questo ci impedisce di
costruire teorie sul Federico moderno, sul Federico giacobino,
sul Federico pre-illuminista, anche se queste teorie sono state
effettivamente presentate in passato anche da storici
estremamente importanti ed autorevoli. Federico II, d'altra
parte, gestisce una realtà pluralistica che si adegua a questa
realtà. In più bisogna dire un'altra cosa: il Sud nel XIII
secolo è un Paese straordinariamente ricco. In questo senso noi
abbiamo assistito dal, Duecento in poi, quasi a un rovesciamento
di valori reciproci tra il nord-Italia e il sud-Italia. Il Sud
del XIII secolo permette a Federico la sua politica di
grandezza; Federico preferisce non far nascere delle borghesie
attive ed anche politicamente turbolente nel sud-Italia, ma
affidare la ricchezza economica del Sud a un sistema che
potremmo dire di economia dominata. Federico preferisce
appaltare le ricchezze, soprattutto, per esempio portuali,
commerciali del sud alle sue fedeli città del nord-Italia, a
Genova e a Pisa, e convogliare verso Genova e verso Pisa
ricchezze che, se fossero restate al Sud, avrebbero forse
permesso lo sviluppo - semplifico al massimo naturalmente
schematizzo al massimo -, di una borghesia attiva nelle città
del Sud. Quindi si può dire, con un po' di paradosso ma non
troppo, che Federico II è alla base della crisi storica e
tradizionale del nostro Mezzogiorno. Però questo essere alla
base della crisi tradizionale del nostro Mezzogiorno non va
visto nell'ambito di una politica unitaria italiana che Federico
non ha mai nemmeno lontanamente potuto e voluto concepire: è
antistorico solo il supporlo. Infatti nessuno storico serio lo
suppone, ma bisogna vederla nell'ambito di una grande politica
euro-mediterranea in cui Federico è il signore di un'area, a
vario titolo e con varia corona, che va da Amburgo a Gerusalemme
attraverso Palermo. Quindi una grande costruzione che ha un suo
punto di forza e di alimentazione finanziaria, un gettito
economico che permette questa grande politica proprio nel
sud-Italia e che lo impoverisce, naturalmente.
13. Nel 1246 i musulmani d'Egitto si
impadroniscono definitivamente di Gerusalemme, provocando la
sesta crociata, guidata da Luigi IX, il quale però mosse anche
la settima, ispirata ormai chiaramente agli interessi dinastici
del fratello Carlo d'Angiò, re di Sicilia, trovandovi
addirittura la morte nel 1270. Possiamo vedere più da vicino i
rapporti tra la concezione dello Stato di Luigi il Santo e il
suo forte investimento nelle crociate?
Certamente da un lato Luigi è erede di una
tradizione che ormai affonda nel XII secolo, una tradizione che
egli rilegge come una sorta di vocazione del re di Francia a
difendere Gerusalemme. Questo gli viene anche da una realtà del
suo tempo: l'impero romano-germanico è in crisi; morte di
Federico II e lungo interregno imperiale in seguito; l'impero
bizantino praticamente non esiste più e quello che rinasce nel
1261, dopo la caduta dell'effimero impero latino di
Costantinopoli, è un'ombra di se stesso. Luigi IX si trova quasi
come sospinto alla ribalta, diventa immediatamente,
obiettivamente, il primo sovrano cristiano d'Occidente. Come
tale eredita, davanti soprattutto alla sua coscienza, questo
ruolo di difensore di Gerusalemme a cui lo dispone anche il suo
particolare affetto per l'ordine francescano. Francesco d'Assisi
ha creato, col suo strano pellegrinaggio durante la crociata del
1217-1221, quella che noi chiamiamo la "quinta crociata" -
Francesco è stato in Egitto e anche un po' in Terra Santa fra il
1219 e il 1220 -, […] una forte tradizione di rapporto fra il
mondo francescano e la Terra Santa: tradizione di affetto. È per
quello che Francesco inventa a Greccio nel 1223 il presepio.
Cioè, in fondo, ricostruisce in Italia una nuova Betlemme; in
fondo anche il monte dell'Averna, il calvario serafico, può
essere interpretato come un trasferimento del monte Calvario,
trasferimento di Gerusalemme in Occidente. Quindi Francesco è
profondamente legato alla Terra Santa anche se forse non ha mai
visto luoghi santi perché quando lui è capitato in Terra Santa
questi luoghi non erano agibili da parte dei cristiani: si era
in tempo di crociata. Luigi eredita tutto questo e fa due grossi
tentativi crociati. Il primo tentativo lo fa, com'era tradizione
nel corso del XIII secolo, contro l'Egitto. Si partiva dal
principio che il sovrano di Gerusalemme era giustamente il
sultano del Cairo, che era anche il padrone di Gerusalemme:
questo era un dato obiettivo. Si partiva dal principio che
assalendo il delta del Nilo, che era il punto forte dal punto di
vista economico, della politica sultaniale, il sultano d'Egitto,
pur di essere lasciato in pace nelle sue ricche città del Nilo,
avrebbe praticamente restituito Gerusalemme ai cristiani. Era un
principio che è stato cullato a lungo dai cristiani occidentali;
ma era un'idea strategica del tutto destituita di fondamento.
Luigi IX ci casca nella sua prima crociata. La seconda è
un'impresa che era volta anzitutto a ridefinire i rapporti di
potere mediterraneo appoggiando la politica di grandezza e di
espansione del fratello di Luigi, di quel Carlo d'Angiò che nel
frattempo era diventato re di Sicilia. E questa è la spiegazione
per cui Luigi IX, con tutto il suo amore per Gerusalemme che non
vedrà mai, va a morire sul litorale di Tunisi nel 1270: con lui
muiono tutte le illusioni crociate relative alla possibilità di
riconquistare, tramite la crociata, Gerusalemme. Il mondo
cristiano quasi si ribella all'idea che sia possibile ormai
riconquistare Gerusalemme con le armi. Infatti la crociata
continuerà, anzi sarà sempre più forte come attività e come
idea, forza, nel mondo occidentale; ma la conquista di
Gerusalemme, da allora in poi, sarà posta da canto e Bonifacio
VIII metterà la lastra tombale su quest'idea quando, nel
giubileo del 1300, trasferirà sul pellegrinaggio romano quella
indulgenza plenaria che era il massimo, il massimo dono, la
massima ricompensa, che la Chiesa usava dare ai pellegrini verso
Gerusalemme.
14. Alla fine del Duecento gli ultimi
avamposti cristiani in Terra Santa vengono espugnati dai Turchi.
Dall'inizio del Trecento la Francia, impegnata nel suo
costituirsi a Stato contro l'Inghilterra da una parte e contro
le pretese del papato dall'altro, disinveste dal progetto e
contribuisce, con la liquidazione dell'Ordine del Tempio, allo
smantellamento delle strutture politico-militari che avevano
sostenuto la conquista. Che rapporti ci sono tra questi fatti?
Bisogna dire che l'Ordine del Tempio si era
profondamente radicato in Occidente e, così facendo, aveva perso
in gran parte il suo ruolo militare. Alla fine del Duecento,
quando i Turchi - o meglio i Mamelucchi d'Egitto - cacciano
quello che restava delle potenze crociate dal litorale che oggi
è quello siro-libano-palestinese, gli Ordini Militari si sono
spostati. Essi avevano il centro in Gerusalemme, o comunque in
Terra Santa, e si sono insediati nelle isole vicino. I Cavalieri
di San Giovanni a Rodi, infatti, diventeranno i Cavalieri di
Rodi che poi diventeranno, a loro volta, i Cavalieri di Malta e
che, in qualche modo, sono l'unico Ordine delle crociate
sopravvissuto, anche se è profondamente, evidentemente mutato il
suo aspetto; i Templari invece vanno a Cipro. Lì c'è un
tentativo di riciclaggio, che riuscirà ai Cavalieri di Rodi,
quindi agli Ospitalieri, i quali diventeranno una grande potenza
militare e navale soprattutto, e resteranno tale fino alla fine
del Settecento quando Napoleone in qualche modo li bloccherà e
li caccerà dalla loro isola di Malta. Mentre invece i Templari a
Cipro non riescono a radicarsi bene, non riescono a trasformarsi
in un Ordine navale come invece gli Ospitalieri fanno, forse
anche perché Cipro è più grande e più vicina alle coste
asiatiche di quanto non sia Rodi, e quindi meno adatta a
un'operazione del genere.
Ma il punto di forza dei Templari sono le case che essi hanno in
Occidente. Solo che si tratta di case dove l'attività militare
praticamente non c'è: si tratta di case dove si fa una attività
agricola, quindi di monasteri di ex combattenti molto spesso
feriti, molto spesso anziani, i quali non hanno nessuna funzione
militare; e di case dove si fa anche una forte attività
economica di tipo bancario. E questo farà sì che il re Francia
punterà su quest'Ordine del Tempio che ormai ha perso
credibilità, che ha perso la sua funzione militare. Il re di
Francia […] punterà il suo desiderio di spoliazione e questo
porterà naturalmente all'incameramento dei beni templari nella
Corona di Francia, nel tesoro della Corona di Francia e
all'eliminazione, in qualche caso anche violenta.
È il caso del Maestro Jacques De Molay che, per non aver voluto
rinnegare il suo ruolo di capo dell'Ordine e anche di buon
cristiano - ma era un ruolo che in un primo tempo egli aveva
appunto rinnegato confessando un'eresia che probabilmente
nell'Ordine non c'era mai stata o, se c'era stata, era stata di
ambienti molto ristretti, ma non certo dell'Ordine nel suo
complesso -, comunque Jacques De Molay muore vittima di questa
grande operazione avviata dal re di Francia che consiste nella
cancellazione di un Ordine che ormai si era screditato, ma che
aveva ricchezze che la Francia, la Corona francese, voleva
incamerare. Anche la fine dei Templari, naturalmente, è un
durissimo colpo al prestigio della crociata e quindi crea le
basi per una ulteriore ridefinizione della crociata come tale.
15. Per concludere, professor Cardini: i
secoli XIV e XV vedranno sempre i più deboli e disomogenei
tentativi, ispirati piuttosto da esigenze di difesa contro
l'espansione dell'impero ottomano che si spengono dopo il 1453,
con la caduta di Costantinopoli, per diventare meri pretesti
diplomatici con Pio II, Alessandro VI e Leone X. La nuova
temperie umanistica non comporta il definitivo superamento
dell'idea di crociata?
In fondo no. In questo senso: la crociata,
così come la vediamo noi, è qualche cosa che è maturato alla
fine dell'XI secolo ed è andata avanti fino alla fine del XIII e
oltre. Ma, appunto come abbiamo detto più volte nel corso di
questa conversazione, le cose non stanno poi esattamente in
questo modo perché una coerente idea di crociata non sottostava
affatto a queste differenti spedizioni, al punto tale che la
stessa parola "crociata" che le designa è, tutto sommato, un
termine moderno. È vero, però, che man mano il papato si rendeva
conto dell'importanza dello strumento crociato attraverso la
gestione che gli era capitato di assumere direttamente, per
esempio, di tutta la massa di denaro necessaria per gestire e
mettere insieme una crociata: che provenisse da elemosine, che
provenisse da lasciti testamentari, che provenisse anche da un
tipo di tassa particolare che era nata alla fine del XII secolo
e che si chiamava appunto "decima", tassa quindi del 10%, e che
doveva essere teoricamente devoluta alla crociata e non lo
sarebbe praticamente mai stato. Però il papa non può, il papato
non può rinunziare a questo grande meccanismo. Anzi, questo
meccanismo si rafforza e si razionalizza perché i giuristi della
Chiesa, i cosiddetti grandi canonisti, a metà Duecento,
creeranno la disciplina della "Crux", così ormai si
chiama, sia "Cismarina" quindi al di qua del mare, contro
i nemici politici del papato, si può dire, o religiosi del
papato; o "Transmarina", quindi contro i musulmani. E a
questo punto il capitale ideale, per così dire, di quella che
noi chiamiamo la crociata, quindi il contenimento dell'Islam e
soprattutto la conquista di Gerusalemme sarà […] il deposito
giuridico sul quale si creerà una complessa macchina di
sfruttamento della crociata e di spostamento anche della
crociata dal suo fine originario a fini sempre nuovi. Questo]
succede con lo fruttamento di questo meccanismo, e ciò farà sì
che qualche storico d'oggi dica molto semplicemente, per cercare
un appiglio razionalizzante alla gestione dell'idea di crociata:
"Si ha crociate tutte le volte che il papa
bandisce un apposito documento, la "bolla di crociata"", appunto
una spedizione crociata. E il termine "bolla di crociata" in età
moderna diventerà proprio il nome di un documento preciso con
cui il papa bandisce una crociata, ne stabilisce i termini,
stabilisce i premi per chi ci andrà e le sanzioni per chi dopo
aver fatto il voto si asterrà dal partire militare per la
crociata stessa. Tutto questo è una grande costruzione che va
avanti almeno fino a tutto il Settecento perché a partire dalla
fine del Trecento l'Europa si sentirà minacciata da un nuovo
pericolo musulmano che è la aggressività dell'impero ottomano
che darà il segno praticamente dei rapporti fra cristianità e
Islam in tutto il lungo periodo fra Quattro e Settecento, e
convoglierà contro il mondo ottomano gli ideali e la pratica
della crociata. Non dimentichiamo che gli ottomani sono arrivati
ad assediare due volte, nel 1526 poi successivamente nel 1683,
una delle grandi capitali morali e anche pratiche del mondo
europeo, quella Vienna che era sede dell'imperatore
romano-germanico. Quindi una grande paura che l'Europa ha avuto
effettivamente degli Ottomani fra Quattro e Seicento, anche se
questa grande paura non ha impedito poi ai principi europei di
prendere contatti diplomatici, economici, con gli ottomani
stessi ma che permetterà all'Europa cristiana moderna di
rispolverare periodicamente l'idea di crociata sempre
adeguandola a situazioni sempre nuove. Quindi, in realtà, quando
- faccio questo solo esempio, un esempio solo dei molti che si
potrebbero fare, ma credo che sia particolarmente qualificante
soprattutto per noi italiani -, quando il Tasso, alla fine del
Cinquecento, rievoca la prima crociata, e in termini anche
storicamente molto attenti - il Tasso era un erede del grande
storico modenese Sigonio, che era veramente uno degli iniziatori
della storia d'Italia -: Tasso conosce la storia e conosce le
cronache della prima crociata, ma quando scrive la sua
Gerusalemme, prima la Liberata e poi la
Conquistata, in realtà finge di parlare della prima
crociata: in realtà parla della guerra contro i Turchi. Non a
caso uno dei suoi eroi negativi, ma un eroe di grande portata
morale, è Solimano - che è un nome turco, è il nome arabo o
turco del profeta Salomone -. Ma Solimano era anche il nome
portato dal più grande sultano ottomano del Cinquecento, da
Solimano che noi chiamiamo "il Magnifico", che i Turchi chiamano
A Kanuni, il Legislatore. In realtà il Tasso è uno dei
fondatori, dei cofondatori dell'idea moderna di crociata;
fingendo di parlare della crociata dell'XI secolo parla, in
realtà, della crociata del suo tempo: non parla della presa di
Gerusalemme del 1099. Sembra che parli di quello, in realtà lui
sta parlando della battaglia di Lepanto, e questa è la chiave.
Altri esempi si potrebbero fare, moltissimi, fino al Settecento
inoltrato, per capire i successivi spostamenti e i successivi
slittamenti verso l'anacronismo di quest'idea di crociata che si
rifà al medioevo ma che, in realtà, si rinnova sempre sulla base
di nuovi accadimenti e di nuove emergenze nel mondo moderno e,
oserei dire, quasi contemporaneo. Pensiamo al'idea di crociata
come è stata rispolverata durante la Guerra di Spagna fra
'36-'39, o durante la Seconda guerra mondiale.
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