CELEBRAZIONE SANTA MESSA
PER TUTTE LE VITTIME DI GAZA
DOMENICA 18 GENNAIO 2009
“Videro dove dimorava e rimasero con lui”
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi
discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse:
«Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo
parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo
seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì
– che, tradotto, significa maestro-, dove dimori?». Disse loro:
«Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava
e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del
pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di
Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon
Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse:
«Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo
condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu
sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che
significa Pietro.
Le parole del vangelo di Giovanni, sono riecheggiate durante la
celebrazione di domenica 18 gennaio nella chiesa San Salvatore,
gremita di bambini, e di tanti fedeli che si sono uniti nella
preghiera ricordando i tanti bambini, donne, anziani,giovani
che hanno perso la vita durante i giorni di conflitto a Gaza.
La celebrazione molto intensa, animata dal gruppo dei Giovani
Lavoratori Cristiani,JOC, e dal gruppo musicale dei Raja, ha
coinvolto profondamente tutti i presenti, che in questi giorni
hanno vissuto con profondo dolore, impotenti, guardando le
immagini di distruzione e di morte che la televisione
trasmetteva ininterrottamente.
Durante l’omelia le parole di Padre Ibrahim Faltas, hanno
aiutato a riflettere, riguardando la situazione che si sta
vivendo a Gaza, e nella Terra Santa, ripartendo dalle parole
del Vangelo di Giovanni.
Giovanni il Battezzatore ha l’umiltà di alzare il suo dito, e di
indicare un altro maestro, il Messia, che lui guarda come
l’agnello che porta il peccato di tutto il mondo. E così egli
stesso diventa sacramento dell’unico maestro, Gesù Cristo. Anche
Eli ha la sapienza di aiutare il suo giovane discepolo a
relazionarsi direttamente con Dio, in un dialogo personale nel
quale non c’è più spazio per lui. E’ questa dimensione di
interiorità, che dà senso, luce, energia alla nostra vita.
Spesso la chiamata alla fede passa anche attraverso la
testimonianza di un fratello. Per incontrare il Cristo dobbiamo
necessariamente fidarci delle
indicazioni di qualcuno, dobbiamo metterci all'ascolto, alla
scuola di qualcuno che conosca i sentieri dell'interiorità
meglio di noi. Giovanni indica, ma sta ai discepoli muoversi,
seguire Gesù, come Simon Pietro che sarà portato a Gesù da
suo fratello Andrea; come più tardi Natanaele da Filippo.
Samuele sente la chiamata di Dio come voce del suo educatore,
Eli, e corre da lui.
San
Giovanni, che qui ha raccontato il suo primo incontro con Gesù -
"erano circa le
quattro del pomeriggio"
-, alla fine della sua vita proclamerà con convinzione piena di
aver toccato con mano in quell'uomo Gesù la realtà vera di Dio.
Chi incontra Cristo incontra veramente Dio, il Dio giusto che si
è reso visibile tra gli uomini, con una luce nuova.
Ecco ciò che ci attende ogni giorno: l'incontro con il Signore.
Se sapremo ogni giorno spalancare gli occhi e riconoscere
l'Agnello potremo cambiare la nostra esperienza di vita
nell'autenticità e nella luce.
Anche in questi giorni, abbiamo sentito parlare tanti
presidenti,politici, capi di stato, che si sono incontrati per
risolvere la questione di Gaza. Abbiamo assistito ad una corsa
spasmodica per ottenere una “sedia” privilegiata per i
governanti, sia di Israele, prossimi alle elezioni, sia per
coloro che governano a Gaza, schiacciando tante vite umane,
vite spezzate nel loro germogliare, di famiglie annullate, di
sconvolgimento dell’’esistenza di tanti, ma nessuno ha
interpellato, con l’umiltà insegnataci da Giovanni, di invocare
colui, l’Unico, che può riportare la luce nelle tenebre,
nell’inferno di morte e distruzione: Nostro Signore Gesù Cristo.
Oggi mi sento di paragonare Gaza, come ad una piccola ragazza
libanese cieca, che durante la guerra a Beirut, perse il suo
cesto di arance, ed un uomo europeo passando di lì, si scusò con
lei, l’aiutò a raccoglierne qualcuna e le donò cento dollari.
Solo allora si accorse che la ragazza era cieca, quando ella gli
domandò: “Ma tu, sei Gesù, nostro Signore?”
Al termine dell’omelia, il parroco, ha esortato i parrocchiani,
a continuare nella preghiera affinché Gaza, la città cieca,
attanagliata dalle tenebre dell’odio e della cattiveria abbia a
riacquistare la vista, folgorata unicamente dalla luce di Dio.
Anche un piccolo gesto di solidarietà è stato chiesto a tutti i
parrocchiani, raccogliendo delle offerte da destinare alle
famiglie di Gaza.
La celebrazione è proseguita con l’offertorio, con dei simboli
molto importanti, che esprimevano da soli il loro significato:
una corona di fiori, a memoria di tutti i defunti; una luce
portata da una bambina, affinché tutti i bambini possano vivere
nella luce di una vita nuova, una colomba e un ramo d’ulivo
simboli di pace.
Oh, Signore,
fa' di me lo strumento della Tua Pace;
Là, dove è l'odio che io porti l'amore.
Là, dove è l'offesa che io porti il Perdono.
Là, dove è la discordia che io porti l'unione.
Là, dove è il dubbio che io porti la Fede.
Là, dove è l'errore che io porti la Verità.
Là, dove è la disperazione che io porti la speranza.
Là, dove è la tristezza, che io porti la Gioia. Là, dove sono le
tenebre che io porti la Luce.
Oh Maestro,
fa' ch'io non cerchi tanto d'essere consolato, ma di consolare.
Di essere compreso, ma di comprendere.
Di essere amato, ma di amare.
Poiché:
è donando che si riceve,
è perdonando che si ottiene il Perdono,
ed è morendo, che si risuscita alla Vita eterna.
(Segnalato da:
Padre IBRAIM FALTAS, Ofm - parroco di Gerusalemme)
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