Il Santo Sepolcro e gli Ordini
militari: appropriazione di un simbolo e diffusione di un culto
tra XII e XIV secolo
È innegabile che il culto del Santo Sepolcro
in Occidente abbia conosciuto una stagione di intenso sviluppo e
di profondo cambiamento a partire dalla Prima Crociata.
L’afflusso ben più numeroso che in passato di
pellegrini, il nuovo accorrere di soldati, cavalieri, nobili ed
ecclesiastici hanno reso fenomeno relativamente diffuso, quanto
mai prima, la conoscenza diretta dei monumenti dei Loca Sancta,
fulcro plurisecolare per loro conto dell’interesse politico
delle potenze cristiane. Il rilievo protagonistico che queste
venerande costruzioni hanno giocato nel l’architettura e, più
latamente, nella cultura visiva e nella società europea del
tempo è stato determinato non solo dalla loro indiscutibile
centralità nella vicenda terrena di Cristo, e dunque dal
prestigioso ruolo prototipico a loro attribuibile — a
prescindere dalla loro reale storia edilizia — nello sviluppo
del I’ architettura religiosa cristiana, ma anche dalla volontà
politica e culturale delle forze che si sono trovate a
impersonare la figura di mediatori tra la realtà topografica e
architettonica delle costruzioni sui luoghi teofanici e la
contemporanea architettura occidentale.
Non tanto ai libri: guide, resoconti di
pellegrini, opere cronachiste e storiografiche si deve infatti
la conoscenza che in Occidente si diffuse dei santuari cristiani
di Terrasanta, quanto alle opere di architettura e di arti
visive promosse soprattutto da chi in Palestina era stato, e in
particolare da chi aveva contribuito alla riconquista di
Gerusalemme o addirittura aveva finito per stanziarsi presso i
luoghi santi, assumendone la custodia. Svolgendo questa azione
di difesa, ma soprattutto partecipando alla gestione dei
principali santuari, gli Ordini militari si trovavano dunque in
una posizione privilegiata per rivendicare a sé il diritto di
associare nome, immagine e prestigio delle memorie archi
tettoniche di Cristo alle proprie imprese’.
Il culto del Santo Sepolcro in Occidente in
età romanica e protogotica passa dunque soprattutto attraverso
gli Ordini militari. Ciononostante, esso non si origina in
questo momento, non si esaurisce con le opere promosse da questi
Ordini, e non è neppure riconoscibile alla base della totalità —
e neanche della gran parte — degli sforzi edilizi da loro
intrapresi.
Parlando di architettura, il riferimento ai
Loca Sancta si concretizza in una riproposizione degli exempla
gerosolimitani a livello anzitutto tipologico e icnografico,
come espressione di un concetto di rimando a un prototipo — di
citazione ed evocazione più che di copia — caro alla mentalità
medie vale e presente all’origine di un gran numero di edifici
soprattutto religiosi, già dall’alto Medioevo e sino oltre il
Duecento. Motivazioni e dinamiche di questo fenomeno sono state
al centro di numero si e fortunati studi critici novecenteschi,
cui non molto si ha la pretesa di aggiungere con queste note .
Sino perlomeno dall’età carolingia si
innalzaro no costruzioni programmaticamente ispirate ai santuari
palestinesi, e il fenomeno andò aumentando nel secolo successivo
e intorno al Mille in modo particolare, in relazione alla
committenza di potentati spesso anche minori e di singoli
ecclesiastici, in qualche rapporto di conoscenza diretta dei
luoghi o di collega mento istituzionale con figure religiose
operanti in Terrasanta. Le modalità di questa azione di
trasferimento di alcune proprietà architettoniche dal prototipo
al nuovo edificio possono passare attraverso il disegno della
pianta del santuario oggetto di studio, il semplice inserimento
di alcune misure entro il nuovo edificio, o più spesso un
alquanto generico richiamo attraverso il numero dei sostegni o
la pianta dell’edificio. E da crede re che alcune volte bastasse
la dedicazione della nuova chiesa o cappella per istituire
attraverso il nome un legame con un prototipo evidentemente più
vagheggiato che realmente conosciuto .La provata conoscenza
diretta che gli Ordini militari possedevano fa sì che le
costruzioni da questi innalzate siano di fatto con maggiore
incidenza rispetto al passato rapportabili ai prototipi
gerosolimitani, soprattutto alla rotonda dell’Anastasis. Questo
non comporta peraltro un’esatta rispondenza di nessuna delle
costruzioni realizzate con il dichiarato — e ora disponibile —
modello. Inoltre, le ‘copie’ del Santo Sepolcro pro mosse dagli
Ordini militari in specie nel corso del Millecento non sono a
prima vista diverse o più ‘fedeli’ rispetto a edifici coevi
della stessa tipologia eseguiti per committenti diversi.
C’è inoltre da chiedersi se la volontà di
rappresentazione e di autorappresentazione di questi Ordini
avesse per scopo effettivamente una obietti va riproposizione
della forma o della struttura del supposto prototipo o invece
una più autonoma rilettura che a un generico apparentamento e
richiamo alla costruzione del Santo Sepolcro unisse anche
ulteriori riferimenti propri dell’Ordine. Elementi ricavati da
altri edifici gerosolimitani a loro legati, o a parti di essi,
possono ad esempio avere contribuito a variare, già nelle
intenzioni degli autori, l’univocità del rapporto col prototipo
per arricchirlo di nuove, importanti implicazioni. Sono da
richiamare a questo proposito le notazioni di chi ha voluto
vedere nel comparire di un peculiare numero di sostegni una
precisa volontà di citazione congiunta di un secondo prototipo,
come nel caso del duplice riferimento all’Anastasis e al ciborio
su sei colonne in essa contenuto, a segnala re il luogo esatto
del Sepolcro , che può ben essere visto generatore di alcuni dei
principali monumenti templari in Occidente come i Templi di
Parigi e di Londra a rotonda con giro interno — appunto — di sei
pilastri a formare un esagono (de Curzon 1888; Gervers 1972;
Cadei 1995: 52-59).
Sin dalle principali costruzioni degli Ordini
militari in Occidente, dunque, sembra di notare che il
riferimento alla rotonda del Santo Sepolcro venga caricato di
ulteriori significati che ne modificano e ne integrano la
simbologia, fino a farla risultare maggiormente incentrata sul
fulcro devozionale e liturgico costituito dal luogo stesso della
temporanea deposizione di Cristo.
In questa chiave di interpretazione c’è
dunque da ripercorrere tutta la serie delle chiese a pianta
centrale innalzate da Templari, Ospedalieri e Canonici del Santo
Sepolcro soprattutto, per cerca re di intravedere le possibili
implicazioni di differenti prototipi, la cui presenza motiva
quella numerologia simbolica che in passato è stata spesso
sopravalutata e attribuita a questi Ordini come frutto di una
cultura esoterica in ultima analisi fine a sé stessa, e che può
— ove realmente presente — invece dimostrarsi con buona
verosimiglianza più diretta mente attinente alle reali
caratteristiche delle opere prese a riferimento.
Non solo l’Anastasis e il suo
contenuto sembra dunque ricorrere tra i richiami architettonici
occidentali, ma anche la Moschea di Omar o Cupola della Roccia,
e ulteriori costruzioni poligonali rioperate dai Crociati, come
la Cupola della Catena e la memoria dell’Ascensione, le cui
forme spesso coesistono e si integrano nelle ‘copie’
occidentali, che evidentemente intendevano riferirsi a più di un
exemplum palestinese, richiamandolo probabilmente anche nel
significato 6 Questo può essere facilmente ammesso per esempio
nel caso dei Templari, la cui postazione a Gerusalemme era sulla
spianata del Tempio, entro strutture allora utilizzate come
Palazzo reale ma in realtà parti della moschea di al-Aqsa,
ritenuta dai Crociati il Templum — o il Palatium —
Salomonis, e prospicienti la Cupola della Roccia, identificata
con il Templum Domini, da cui presero il nome e il
simbolo presente nei propri sigilli, ove sarebbe avvenuta la
Presentazione che avrebbe visto il riconoscimento di Cristo
bambino come Messia da parte di membri della classe sacerdotale
ebraica e dunque l’asseverazione della sua divina regalità .
Anche limitandosi a questi succinti
riferimenti, e pur senza indagare altre costruzioni
cristianizzate o cristiane ‘minori’ a pianta centrale e
provviste di cupola nella Gerusalemme crociata, appare chiaro
che gli edifici gerosolimitani da ‘ricordare’ possa no essere
più di uno, anche come summa rappresentativa della città santa
stessa, e non necessaria mente o univocamente il Sepulchrum
Domini, che pure costituisce ad evidenza il referente
cultuale e iconografico primario.
Documenti iconografici antichi e la stessa topo grafia e
orografia della città, ancor oggi ben evi denti, dimostrano
inoltre il maggior rilievo visivo della spianata del Tempio e
della Cupola della Roccia rispetto al Santo Sepolcro. Questo
spiega facilmente l’assunzione di questo edificio — in realtà
costruzione islamica della fine del VII seco lo, come ognuno sa
—, al pari del più significativo Santo Sepolcro, a simbolo della
città, anche al di fuori dell’Ordine del Tempio che vi
risiedeva, e dunque facilita la spiegazione del comparire di
copie ‘sincretiche’ dei maggiori edifici sacri gerosolimitani in
Occidente, ove queste siano da riconoscere come tali.
Ulteriori chiarimenti a questo proposito potranno venire da un
lato da una compiuta verifica metrologica di questo gruppo di
edifici in rapporto ai prototipi, al fine di evidenziare con
chiarezza dimensionamenti ricavati dall’exemplum citato, e
dall’altro attraverso un confronto tra l’architettura delle
chiese centriche degli Ordini militari e le liturgie che vi
avevano luogo. È infatti indubitabile che in alcuni giorni
dell’anno e segnatamente nel periodo pasquale queste chiese
vivessero una serie di commemorazioni e di azioni liturgiche
incentra te sulla partecipazione popolare agli avvenimenti della
Settimana santa, e in specie la depositio, la elevatio
e la visitatio Sepulchri, come richiamato ad esempio da
un rilievo sul portale della chiesa della Vera Cruz presso
Segovia. È evidente che un riferimento a ulteriori santuari
teofanici comporta la possibilità di una molteplicità di
riti, anch’essi a modello di quelli che avevano luogo nei Loca
Sancta, la cui eventuale attuazione in Occidente resta nello
specifico da rintracciare, ma che contribuirebbero a spiegare il
ruolo di luoghi di pellegrinaggio sostitutivo, veri succedanei
dei santuari della Palestina, che alcune chiese degli Ordini
mili tari — ma non solo — si ripromettevano di assumere.
Gli Ordini militari, dunque, si ponevano come intermediatori tra
i fedeli occidentali e i santuari della Terrasanta, offrendosi
come i più diretti e legittimi conoscitori di quei luoghi
venerati, e diffusori dei culti a quelli legati e dei riti che
vi si tenevano.
Ciò non avvenne peraltro in modo uguale in tutte le chiese
appartenenti a questi Ordini, né avvenne, come si diceva, solo
attraverso gli Ordini militari. Soltanto alcune delle numerose
chiese edificate da Templari, Ospedalieri, e dagli altri Ordini
militari avevano pianta centrale e richiamavano nel titolo ed
eventualmente nei riti i santuari teofanici. La maggior parte
delle chiese da loro innalzate in Occidente, e la pressoché
totalità delle cappelle castrali e delle fondazioni in
Terrasanta — com’è facile credere — non avevano questa ambizione
né potevano rivestire questa funzione, che fu anzi riservata a
chiese presenti in grandi e importanti città occidentali, o
poste — al contrario di ‘copie’ del Sepolcro promosse da privati
o da altri ordini — lungo vie di pellegrinaggio quali il Camino
de Santiago e la via Romea, o ai principali porti di imbarco
verso Oriente. Se ne deduce che si intendeva facilitare con
questo l’inserimento delle proprie postazioni nel complesso e
già ricco circuito delle chiese e degli itinerari di
pellegrinaggio, fornendo ai pellegrini, in uno con la
possibilità di pernottamento e di assistenza, il suggerimento ad
aderire ai culti promossi da questi Ordini, incentivando così la
divulgazione del proprio ruolo di difensori dei santuari
cristiani in Terrasanta e, in Europa, di autentici diffusori
della memoria — culturale e liturgica — dei Loca Sancta ‘ A
riprova di questo sta la veloce crisi di immagine e di potere di
questi Ordini dopo la perdita definitiva delle postazioni
cristiane in Terrasanta, situazione che rese possibile giungere
in brevi decenni, all’inizio del Trecento, al processo contro i
Templari e al loro scioglimento. In questa azione di propagatori
della venerazione dei luoghi della vita di Cristo due furono i
fulcri cultuali più ricorrenti: quello del Santo Sepolcro e
quello della Vera Croce. Venerazione, dunque, del luogo e dello
strumento del martirio di Cristo e della conseguente redenzione
del genere umano.
Da un punto di vista architettonico, l’uno e
l’altro potevano coincidere con una riproposizione di una
struttura a pianta centrale, circolare o poligonale, ispirata
all’Anastasis ed eventualmente anche ad altre strutture sacre
presenti a Gerusalemme, come si è visto. Nel secondo caso, il
culto si poteva incentrare su un simulacro della Croce o su una
sua reliquia, ove disponibile. Una situazione certo non nuova,
né esclusiva di questi Ordini, ma che deve far riflettere sulla
presenza talora attestata di reliquiari, in particolare
stauroteche, e di crocifissi scolpiti o dipinti entro le loro
fondazioni (Cadei 1995:107-109; Cadei 2002).
La particolare funzione dei monaci armati e il loro stesso
peculiare status hanno, come si è detto, motivato una diffusione
rapida ma non ubiquitaria di questi Ordini. A partire in specie
dal terzo decennio del Millecento e per tutto resto del secolo,
sino al primo Duecento, le loro postazioni si sono molti plicate
in specie nelle terre di origine dei membri degli ordini stessi:
Francia meridionale, Italia settentrionale e costiera, Spagna
centro-settentrionale e Portogallo — anche per gli ordini
iberici —, Germania, con successive espansioni in Polonia e
Paesi Baltici per l’ordine Teutonico. I principali centri
rimasero Parigi, Londra, e Tomar, per la peni sola iberica, dove
si costruirono alcune delle più significative chiese richiamanti
le ‘rotonde’ geroso limitane, come L’Eglise du Temple di Parigi,
l’Old Tempie e il New Tempie di Londra per i Templari, la chiesa
di St. John of Jerusalem di Clerkenwell a Londra per gli
Ospedalieri, e la Igreja do Cristo del castello di Tomar. Di
queste si conservano la New Tempie Church e la cappella di Tomar.
La prima è una rotonda con giro interno di sei pilastri marmorei
sorreggenti archi acuti, esempla ta, a quanto è possibile
giudicare dalle piante, sulla chiesa templare di Parigi,
reinterpretata in spirito gotico oltre che con materiali più
tipicamente inglesi, come il marmo di Purbeck, terminata nel
1185, cui si connette una struttura basilicale come nel
prototipo dell’Anastasis. Sullo stesso modello circolare con
giro centrale di sostegni sono state costruite molte delle
chiese templari e ospedaliere inglesi, come la cappella
ospedaliera di Little Maplestead o quella templare di Tempie
Bruer, perraltro con rotonda su otto sostegni. La tradizione
elle rotonde dedicate al Santo Sepolcro in Inghilterra aveva
tuttavia conosciuto una precoce fase seguita alla Prima Crociata
ma non diretta mente rapportabile con certezza agli Ordini
militari il, di cui sono esponenti le chiese di Northampton
e di Cambridge.
Negli stessi decenni centrali del XII secolo
prevalgono in Francia e altrove costruzioni a pianta ottagonale
come la cappella templare di Laon, non dalla poco più tarda
cappella ospedaliera Montmorillon e dalla fondazione canonicale
spagnola del Santo Sepolcro a Torres del Rio, e luella più
piccola di Metz. Costruzioni a prevalen e funzione sepolcrale,
cui il riferimento al Sepulchrum Domini — ancorché nulla
di ottagonale I si trovi — dava, con una generica somiglianza
ipologica centrica, un più pregnante significato in tal senso.
Prof. VALERIO ASCANI,
Dipartimento
Docente di Storia dell'Arte presso il Dipartimento di Storia
delle Arti, dell'Università degli Studi di Pisa.
Si
ringrazia per la gentile concessione l'Autore e il
Centro Universitario Europeo.
©2008
Centro Universitario Europeo di Ravello, da «Le
rotonde del Santo Sepolcro. Un itinerario europeo»
.
2005. Bari, Edipuglia,
qui ripubblicato con il consenso dell'Autore.
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per esteso l'Autore, il titolo dell'opera, la Casa Editrice o la
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