Il Santo Sepolcro e gli Ordini
militari: appropriazione di un simbolo e diffusione di un culto
tra XII e XIV secolo
(parte II)
Documenti iconografici antichi e la stessa topografia e
orografia della città, ancor oggi ben evi denti, dimostrano
inoltre il maggior rilievo visivo della spianata del Tempio e
della Cupola della Roccia rispetto al Santo Sepolcro. Questo
spiega facilmente l’assunzione di questo edificio — in realtà
costruzione islamica della fine del VII secolo, come ognuno sa
—, al pari del più significativo Santo Sepolcro, a simbolo della
città, anche al di fuori dell’Ordine del Tempio che vi
risiedeva, e dunque facilita la spiegazione del comparire di
copie ‘sincretiche’ dei maggiori edifici sacri gerosolimitani in
Occidente, ove queste siano da riconoscere come tali.
Ulteriori chiarimenti a questo proposito potranno venire da un
lato da una compiuta verifica metrologica di questo gruppo di
edifici in rapporto ai prototipi, al fine di evidenziare con
chiarezza dimensionamenti ricavati dall’exemplum citato, e
dall’altro attraverso un confronto tra l’architettura delle
chiese centriche degli Ordini militari e le liturgie che vi
avevano luogo. È infatti indubitabile che in alcuni giorni
dell’anno e segnatamente nel periodo pasquale queste chiese
vivessero una serie di commemorazioni e di azioni liturgiche
incentra te sulla partecipazione popolare agli avvenimenti della
Settimana santa, e in specie la depositio, la elevatio
e la visitatio Sepulchri, come richiamato ad esempio da
un rilievo sul portale della chiesa della Vera Cruz presso
Segovia. È evidente che un riferimento a ulteriori santuari
teofanici comporta la possibilità di una molteplicità di
riti, anch’essi a modello di quelli che avevano luogo nei Loca
Sancta, la cui eventuale attuazione in Occidente resta nello
specifico da rintracciare, ma che contribuirebbero a spiegare il
ruolo di luoghi di pellegrinaggio sostitutivo, veri succedanei
dei santuari della Palestina, che alcune chiese degli Ordini
mili tari — ma non solo — si ripromettevano di assumere.
Gli Ordini militari, dunque, si ponevano come intermediatori tra
i fedeli occidentali e i santuari della Terrasanta, offrendosi
come i più diretti e legittimi conoscitori di quei luoghi
venerati, e diffusori dei culti a quelli legati e dei riti che
vi si tenevano.
Ciò non avvenne peraltro in modo uguale in tutte le chiese
appartenenti a questi Ordini, né avvenne, come si diceva, solo
attraverso gli Ordini militari. Soltanto alcune delle numerose
chiese edificate da Templari, Ospedalieri, e dagli altri Ordini
militari avevano pianta centrale e richiamavano nel titolo ed
eventualmente nei riti i santuari teofanici. La maggior parte
delle chiese da loro innalzate in Occidente, e la pressoché
totalità delle cappelle castrali e delle fondazioni in
Terrasanta — com’è facile credere — non avevano questa ambizione
né potevano rivestire questa funzione, che fu anzi riservata a
chiese presenti in grandi e importanti città occidentali, o
poste — al contrario di ‘copie’ del Sepolcro promosse da privati
o da altri ordini — lungo vie di pellegrinaggio quali il Camino
de Santiago e la via Romea, o ai principali porti di imbarco
verso Oriente. Se ne deduce che si intendeva facilitare con
questo l’inserimento delle proprie postazioni nel complesso e
già ricco circuito delle chiese e degli itinerari di
pellegrinaggio, fornendo ai pellegrini, in uno con la
possibilità di pernottamento e di assistenza, il suggerimento ad
aderire ai culti promossi da questi Ordini, incentivando così la
divulgazione del proprio ruolo di difensori dei santuari
cristiani in Terrasanta e, in Europa, di autentici diffusori
della memoria — culturale e liturgica — dei Loca Sancta ‘ A
riprova di questo sta la veloce crisi di immagine e di potere di
questi Ordini dopo la perdita definitiva delle postazioni
cristiane in Terrasanta, situazione che rese possibile giungere
in brevi decenni, all’inizio del Trecento, al processo contro i
Templari e al loro scioglimento. In questa azione di propagatori
della venerazione dei luoghi della vita di Cristo due furono i
fulcri cultuali più ricorrenti: quello del Santo Sepolcro e
quello della Vera Croce. Venerazione, dunque, del luogo e dello
strumento del martirio di Cristo e della conseguente redenzione
del genere umano.
Da un punto di vista architettonico, l’uno e
l’altro potevano coincidere con una riproposizione di una
struttura a pianta centrale, circolare o poligonale, ispirata
all’Anastasis ed eventualmente anche ad altre strutture sacre
presenti a Gerusalemme, come si è visto. Nel secondo caso, il
culto si poteva incentrare su un simulacro della Croce o su una
sua reliquia, ove disponibile. Una situazione certo non nuova,
né esclusiva di questi Ordini, ma che deve far riflettere sulla
presenza talora attestata di reliquiari, in particolare
stauroteche, e di crocifissi scolpiti o dipinti entro le loro
fondazioni (Cadei 1995:107-109; Cadei 2002).
La particolare funzione dei monaci armati e il loro stesso
peculiare status hanno, come si è detto, motivato una diffusione
rapida ma non ubiquitaria di questi Ordini. A partire in specie
dal terzo decennio del Millecento e per tutto resto del secolo,
sino al primo Duecento, le loro postazioni si sono molti plicate
in specie nelle terre di origine dei membri degli ordini stessi:
Francia meridionale, Italia settentrionale e costiera, Spagna
centro-settentrionale e Portogallo — anche per gli ordini
iberici —, Germania, con successive espansioni in Polonia e
Paesi Baltici per l’ordine Teutonico. I principali centri
rimasero Parigi, Londra, e Tomar, per la peni sola iberica, dove
si costruirono alcune delle più significative chiese richiamanti
le ‘rotonde’ geroso limitane, come L’Eglise du Temple di Parigi,
l’Old Tempie e il New Tempie di Londra per i Templari, la chiesa
di St. John of Jerusalem di Clerkenwell a Londra per gli
Ospedalieri, e la Igreja do Cristo del castello di Tomar. Di
queste si conservano la New Tempie Church e la cappella di Tomar.
La prima è una rotonda con giro interno di
sei pilastri marmorei sorreggenti archi acuti, esempla ta, a
quanto è possibile giudicare dalle piante, sulla chiesa templare
di Parigi, reinterpretata in spirito gotico oltre che con
materiali più tipicamente inglesi, come il marmo di Purbeck,
terminata nel 1185, cui si connette una struttura basilicale
come nel prototipo dell’Anastasis. Sullo stesso modello
circolare con giro centrale di sostegni sono state costruite
molte delle chiese templari e ospedaliere inglesi, come la
cappella ospedaliera di Little Maplestead o quella templare di
Tempie Bruer, perraltro con rotonda su otto sostegni. La
tradizione elle rotonde dedicate al Santo Sepolcro in
Inghilterra aveva tuttavia conosciuto una precoce fase seguita
alla Prima Crociata ma non diretta mente rapportabile con
certezza agli Ordini militari il, di cui sono esponenti
le chiese di Northampton e di Cambridge.
Negli stessi decenni centrali del XII secolo
prevalgono in Francia e altrove costruzioni a pianta ottagonale
come la cappella templare di Laon, non dalla poco più tarda
cappella ospedaliera Montmorillon e dalla fondazione canonicale
spagnola del Santo Sepolcro a Torres del Rio, e luella più
piccola di Metz. Costruzioni a prevalen e funzione sepolcrale,
cui il riferimento al Sepulchrum Domini — ancorché nulla
di ottagonale I si trovi — dava, con una generica somiglianza
ipologica centrica, un più pregnante significato in tal senso.
La cappella templare di Tomar, della metà del
4illecento anch’ essa, è al tempo stesso una costruzione
religiosa ottagonale ispirata al Santo Sepolcro e alla Cupola
della Roccia e una cappella castrale inserita entro una
struttura turriforme. Essa presenta luna struttura fortemente
verticale, sottolineata dal- l’ottagono centrale, aperto da
stretti varchi e superiormente chiuso nel suo perimetro se si
eccettuano le strette monofore acute presenti su ciascun lato.
Ciò finisce per delineare un corpo centrale turriforme che
farebbe riferimento all’edicola presente sulla camera sepolcrale
del l’Anastasis, fenomeno meglio evidente in chiese militari
come la successiva Vera Cruz di Segovia, ormai dell’inizio del
Duecento, ove l’ottagono centrale è in effetti un’architettura a
sé, chiesa nella chiesa, con struttura a due piani, certamente
dotata di un riferimento al Sepulchrum Domini, come
comprovato anche dagli elementi decorativi figurati
dell’edificio.
Tra le chiese italiane, oltre al meno
specifico caso di San Pietro di Asti, e al San Giovanni al
Sepolcro di Brindisi che ha saputo cogliere la particolarità del
mancato completamento del giro circolare dell’Anastasis, aperto
al punto di congiunzione con la basilica cui si abbina, il Santo
Sepolcro di Pisa, postazione ospedaliera della città marinara, è
una chiesa di poco posteriore alla metà del Millecento, in forma
di doppio ottagono concentrico, il cui nucleo centrale aperto da
alti varchi archiacuti si erge torreggiante e stretto a
racchiudere l’altare, entro uno schema che non è distante dalla
concezione di Tomar Nel 1152 il medesimo architetto che si
firma in un’iscrizione al Santo Sepolcro, Diotisalvi, si
proclama fondatore della rotonda del battistero pisano, una
vasta costruzione che pure — come spesso notato dalla critica —
ha elementi che rimandano con precisione ai prototipi
palestinesi. Tra questi, l’alternanza e il ritmo di colonne e
pilastri del giro interno ripresi dalla Cupola della Roccia, la
cupola aperta e le dimensioni della rotonda che l’apparentano
all’Anastasis. Al Santo Sepolcro pisano lo accomunano, grazie
all’identità del progettista, la sezione dei pilastri ed alcuni
aspetti decorativi, mentre oltre al variare della committenza e
della funzione non è dato oggi sapere, se non per labile via
indiziaria, quali particolarità liturgiche vi contribuissero al
ricordo dei prototipi cui l’architettura nei due casi si
riferiva. E singolare e forse non casuale che, oltre un secolo
dopo la sua fondazione, il battistero andasse ad accogliere con
il pulpito di Nicola Pisano, ultimato nel 1260, una struttura
esagonale su colonne di riferimento iconografico cristologico e
richiamante nella forma e nel significato le edicole esastili
del Sepulchrum Domini e delle costruzioni occidentali da
quel prototipo derivate. Ciò assume il significato dì episodio
non iso lato se si pensa anche alla costruzione, avvenuta a
partire dal 1277, per la medesima committenza del l’arcivescovo
Federigo Visconti, del Camposanto pisano, chiostro di
monumentale dimensioni incentrato su un fazzoletto di terra
ritenuta proveniente dal Golgota.
Con la fine del Duecento e la perdita della
Terrasanta da parte dei Crociati anche il legame ideale tra i
Loca Sancta e gli Ordini militari sembra venire meno. Le più
tarde costruzioni, come il San Bevignate di Perugia, edificata
pochi anni prima di quell’evento, mostrano di non sovvenirsi in
particolare dei prestigiosi prototipi riproposti in passato e
sono ben paragonabili a costruzioni coeve derivate
stilisticamente e in certa misura tipologicamente da abbaziali
cistercensi, come le chiese degli Ordini mendicanti . La crisi e
la scomparsa dei Templari, seppure non incideranno sulla
sussistenza degli altri Ordini militari, che in parte finiranno
anzi per beneficiarne, segnano un punto di non ritorno per la
rilevanza storica e per la committenza architettonica ed
artistica dei principali Ordini militari, se si eccettua
l’ordine Teutonico. Sporadiche e non connotate da una comune
strategia sono le opere trecentesche realizzate in Europa,
mentre anche il Santo Sepolcro torna ad essere mèta andata di
impossibili pellegrinaggi, raggiunta nella realtà da pochi
impavidi pii viaggiatori, sino alla nuova stagione di fortuna c
a partire dal secondo Quattrocento con il Sacro Monte di Varallo
Sesia e San Vivaldo in Toscana avrebbe diffuso nuovamente, ma su
ben altre basi la pratica del culto del Santo Sepolcro e del
pellegrinaggio a una ‘copia’ architettonica che sostituiva un
nuovamente improponibile viaggio ai Luoghi Santi cristiani.
Prof. VALERIO ASCANI,
Dipartimento
Docente di Storia dell'Arte presso il Dipartimento di Storia
delle Arti, dell'Università degli Studi di Pisa.
Si
ringrazia per la gentile concessione l'Autore e il
Centro Universitario Europeo.
©2008
Centro Universitario Europeo di Ravello, da «Le
rotonde del Santo Sepolcro. Un itinerario europeo»
.
2005. Bari, Edipuglia,
qui ripubblicato con il consenso dell'Autore.
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