Cardinale
Joseph Ratzinger
LA TEOLOGIA
DELLA LITURGIA
I PRINCIPI DELLA RICERCA TEOLOGICA
Torniamo dunque
alla questione fondamentale: è giusto qualificare l’Eucaristia
di sacrificio divino, oppure è una maledetta empietà?
In questo
dibattito occorre per prima cosa stabilire i principali
presupposti che determinano in ogni caso la lettura della
Scrittura e conseguentemente le conclusioni che se ne traggono.
Per il cristiano
cattolico qui si impongono due linee ermeneutiche essenziali di
orientamento.
La prima: noi
diamo fiducia alla Scrittura e ci basiamo sulla Scrittura, non
su ricostruzioni ipotetiche che si collocano al di qua di lei e
ricostruiscono a modo loro una storia nella quale svolge un
ruolo fondamentale la domanda presuntuosa di sapere ciò che si
può o ciò che non si può attribuire a Gesù; il che significa
“naturalmente” solo ciò che un erudito moderno vuole attribuire
a un uomo di un tempo che lui stesso ha ricostruito.
La seconda è che
noi leggiamo la Scrittura nella comunità vivente della Chiesa e
dunque sulla base di decisioni fonda mentali, grazie alle quali
è divenuta storicamente efficace e ha precisamente gettato le
basi della Chiesa. Non bisogna separare il testo da questo
contesto vivente. In questo senso la Scrittura e la tradizione
formano un tutto inseparabile e questo è il punto che Lutero,
all‘alba del risveglio della coscienza storica, non è riuscito a
vedere. Egli credeva alla univocità della lettera, univocità che
non esiste e alla quale ha da lungo tempo rinunciato la
storiografia moderna.
Che nella Chiesa
nascente, l’Eucaristia sia stata sin dall’inizio compresa come
sacrificio, persino in un testo come la Didaché, difficile e
piuttosto marginale in rapporto alla grande tradizione, è un
elemento di interpretazione di primo ordine.
Ma c’è ancora un
altro aspetto ermeneutico fondamentale nella lettura e nella
interpretazione della testimonianza biblica.
Il fatto che io
possa o no riconoscere un sacrificio nell’Eucaristia, così come
il Signore l’ha istituita, si collega essenzialmente alla
questione di sapere ciò che io intendo per sacrificio, dunque a
ciò che si chiama pre-comprensione.
La
pre-comprensione di Lutero, per esempio, in particolare la sua
concezione dell’ avvenimento e della presenza storica della
Chiesa, era tale che la categoria di sacrificio, cosi come egli
la vedeva, non poteva nella sua applicazione all’Eucaristia
della Chiesa apparire che come un’empietà.
I dibattiti ai
quali si riferisce Stephan Orth mostrano quanto confusa e
ingarbugliata è la nozione di sacrificio in quasi tutti gli
autori e mettono in condizione di vedere tutto il lavo ro da
farsi sull’argomento.
Per il teologo
credente risulta evidente che è la stessa Scrittura che deve
fargli da guida verso la definizione essenziale di sacrificio e
ciò a partire da una lettura “canonica” della Bibbia nella quale
la Scrittura è letta nella sua unità e nel suo movimento
dinamico, le cui diverse tappe ricevono il loro significato
ultimo da Cristo, al quale questo movimento nella sua interezza
conduce. In questa stessa misura, l’ermeneutica qui presupposta
è una ermeneutica della fede, fondata sulla sua logica interna.
Non dovrebbe essere, in fondo, una evidenza? Poiché senza la
fede, la stessa Scrittura non è la Scrittura, ma un insieme
piuttosto disparato di brani letterari, il che non potrebbe
rivendicare oggi alcun significato normativo.
Ndr: Il Santo Padre
Benedetto XVI, l'allora Cardinal Joseph Ratzinger Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede, in data 27
luglio 2002 inviava all'art director di Técne Art Studio un Suo
pro-manuscripto autografo che desideriamo riproporVi.
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