Cardinale
Joseph Ratzinger
LA TEOLOGIA
DELLA LITURGIA
IL SACRIFICIO E LA PASQUA
Il compito al
quale si fa qui allusione supera di molto, beninteso, i limiti
di una conferenza; mi sia allora permesso di rimandare al mio
libro su Lo spirito della liturgia, nel quale ho cercato di
tracciare le grandi linee di questa questione. Ciò che se ne
deduce è che, nel suo percorso attraverso la storia delle
religioni e la storia biblica, la nozione di sacrificio assume
delle connotazioni che vanno ben oltre la problematica che noi
leghiamo abitualmente alla nozione di sacrificio. Di fatto, apre
l’accesso alla comprensione globale del culto e della liturgia:
sono queste grandi prospettive che vorrei tentare di indicare
qui. In questo modo devo necessariamente rinunciare a questioni
speciali d’esegesi, in particolare al problema fondamenta le
dell’interpretazione dei racconti dell’Istituzione, riguardo
alla quale, oltre al mio libro sulla liturgia, ho cercato di
fornire alcuni elementi nel mio contributo su Eucaristia e
Missione.
C’è tuttavia una
indicazione che non posso impedirmi di dare. Nella menzionata
rassegna bibliografica Stephan Orth dice che il fatto di avere
evitato, dopo il Vaticano TI, la nozione di sacrificio, ha
condotto a pensare il culto divino soprattutto a partire dal
rito della Pasqua, rapportata nei racconti della Cena “.
Questa
formulazione appare a prima vista ambigua: si pensa il culto
divino a partire dalla Cena, oppure dalla festa di Pasqua che
vengono indicate come quadro temporale, ma non vengono descritte
ulteriormente? sarebbe giusto dire che la Pasqua ebraica, la cui
istituzione è riportata in Es 12, acquista nel Nuovo Testamento
un nuovo senso. Proprio in essa si manifesta un gran de
movimento storico che va dalle origini fino alla Cena, alla
Croce e alla Resurrezione di Gesù. Ma ciò che stupisce,
soprattutto nella formulazione di Orth, è l’opposizione
costruita tra l’i dea di sacrificio e la Pasqua.
I dati
veterotestamentari giudaici privano tutto ciò di senso, poiché
dalla legislazione deutoronomistica l’uccisione degli agnelli è
legata al tempio; ma persino nel periodo primitivo, in cui la
Pasqua era ancora una festa familiare, l’uccisione degli agnelli
aveva già un carattere sacrificale.
Così, per
l’appunto attraverso la tradizione della Pasqua, l’idea di
sacrificio arriva fino alle parola e ai gesti della Cena, dove è
presente, del resto, sulla base di un secondo passaggio
veterotestamentario, Es. 24, che riporta la conclusione
dell’Alleanza del Sinai. Là è riferito che il popolo fu asperso
col sangue delle vittime con dotte in precedenza e che Mosè
disse in quella occasione: ‘Questo è il sangue dell’alleanza che
il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste
parole” (Es. 24,8).
La nuova Pasqua
cristiana è così espressamente interpretata nei racconti della
Cena come un avvenimento sacrificale e, sulla base delle parole
della Cena, la Chiesa nascente sapeva che la croce era un
sacrificio, poiché la Cena sarebbe stata un gesto vuoto senza la
realtà della croce e della resurrezione, che vi è anticipata e
resa accessibile per tutti i tempi nel suo contenuto interno.
Menziono questa
strana opposizione tra la Pasqua e il sacrificio, perché
rappresenta il principio architettonico di un libro recente
mente pubblicato dalla Fraternità San Pio X, che pretende esista
una rottura dogmatica tra la nuova liturgia di Paolo VI e la
precedente tradizione liturgica cattolica. Questa rottura è
vista precisa mente nel fatto che tutto ormai si interpreta a
partire dal “mistero pasquale” al posto del sacrificio redentore
d’espiazione del Cristo; la categoria del mistero pasquale
sarebbe l’anima della riforma liturgica ed è proprio questo che
pare la prova della rottura verso la dottrina classica della
Chiesa.
E’ chiaro che vi
sono autori che prestano il fianco a un simile malinteso. Ma che
si tratti di un malinteso, è assolutamente evi dente per chi
osserva il fatto da vicino. In realtà il termine di miste ro
pasquale rinvia chiaramente agli avvenimenti che hanno avuto
luogo nei giorni che vanno dal Giovedì Santo al mattino di
Pasqua: la Cena come anticipazione della Croce, il dramma del
Golgota e la Resurrezione dei Signore. Nel termine di mistero
pasquale, questi episodi sono visti sinteticamente come un unico
avvenimento, unitario, come “l’opera del Cristo “, così come
l’abbiamo inizialmente sentito dire dal Concilio, come una
realtà che è storicamente avvenuta e allo stesso tempo trascende
questo preciso istante. Poiché questo avvenimento è,
interiormente, un culto reso a Dio, ha potuto diventare un culto
divino e in questo modo essere presente in ogni istante.
La teologia
pasquale del Nuovo Testamento, alla quale abbiamo dato un rapido
sguardo, dà precisamente a intendere questo: l’episodio
apparentemente profano della crocifissione del Cristo è un
sacrificio d’espiazione, un atto salvatore dell’amore
riconciliatore del Dio fatto uomo. La teologia della Pasqua è
una teologia della redenzione, una liturgia di un sacrificio
espiatorio. Il pastore è diventato agnello. La visione
dell’agnello, che appare nella storia di Isacco, dell’agnello
che rimane impigliato negli sterpi e riscatta il figlio, è
diventata una realtà: il Signore si fa agnello, si lascia legare
e sacrificare, per liberarci.
Tutto ciò è
divenuto estremamente estraneo al pensiero contemporaneo.
R4arazione, “espiazione”, può forse evocare qualche cosa nel
quadro dei conflitti umani e nella liquidazione della
colpabilità che regna tra gli esseri umani, ma la sua
trasposizione al rapporto tra Dio e l’uomo non può sortire buon
esito. Ciò si collega sicuramente al fatto che la nostra
immagine di Dio è impalli dita, si è avvicinata al deismo.
Non ci si può più
immaginare che l’errore umano possa ferire Dio e ancor meno che
debba avere bisogno di una espiazione, simile a quella che
costituisce la croce del Cristo. Stessa cosa per la sostituzione
vicaria: non possiamo affatto rappresentarci qualche cosa a
questo riguardo. La nostra immagine dell’uomo è diventata troppo
individualista per questo.
Così la crisi
della liturgia ha per base delle concezioni centrali sull’uomo.
Per superarla, non è sufficiente banalizzare la liturgia e
trasformarla in una semplice riunione o in un pasto fraterno.
Ma come uscire da
questi disorientamenti? Come ritrovare il senso di questa realtà
immensa che è nel cuore del messaggio della Croce e della
Resurrezione? In ultima istanza, certamente non attraverso delle
teorie e delle riflessioni erudite, ma solo per mezzo della
conversione, per mezzo di un radicale cambiamento di vita, al
quale possono certamente aprire la strada taluni elementi di
discernimento, e vorrei proporre delle indicazioni in questo
senso e ciò in tre tappe.
Ndr: Il Santo Padre
Benedetto XVI, l'allora Cardinal Joseph Ratzinger Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede, in data 27
luglio 2002 inviava all'art director di Técne Art Studio un Suo
pro-manuscripto autografo che desideriamo riproporVi.
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