Cardinale
Joseph Ratzinger
LA TEOLOGIA
DELLA LITURGIA
IL SACRIFICIO SPIRITUALE
Infine vorrei
segnalare molto brevemente una terza via secondo la quale è
progressivamente diventato più chiaro il passaggio dal culto di
sostituzione, quello della immolazione di animali, al vero
sacrificio - alla comunione, alla offerta del Cristo.
Presso i profeti
pre-esilici c’era stata contro il culto del tempio una critica
estremamente dura, che Stefano, con stupito terrore dei dottori
e dei sacerdoti del tempio, riprese nel suo gran de discorso,
segnatamente questo versetto di Amos: Mi avete forse offerto
vittime e sacrifici per quarant’anni nel deserto, o casa di
Israele ? Avete preso con voi la tenda di Moloc e la stella del
dio Refan, simulacri che vi siete fabbricati per adorarli (5,25;
At.7,42). La critica dei profeti fu il presupposto interno che
per mise ad Israele di attraversare la prova della distruzione
del tempio, dell’epoca senza culto.
Allora ci si
trovò nella necessità di mettere in luce in modo più profondo e
nuovo che cosa è il culto, l’espiazione, il sacrificio.
Al tempo della
dittatura ellenistica, in cui Israele fu di nuovo senza tempio e
senza sacrificio, il libro di Daniele ci ha tra smesso questa
preghiera: Ora, Signore, noi siamo diventati più piccoli di
qualunque altra nazione: ora non abbiamo più né principe, né
capo, né profeta, né olocausto, né sacrificio, né oblazione, né
incenso, né luogo per presentarti le primizie e trovare
misericordia. Potessimo essere accolti con il cuore contrito e
con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori,
come migliaia di grassi agnelli. Tale sia oggi il nostro
sacrificio davanti a Te e ti sia gradito, perché non c ‘è
delusione per colo ro che confidano in te. Ora ti seguiamo con
tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il Tuo volto (Dn.
3,37-41).
Così lentamente
maturò la scoperta che la preghiera, la paro la, l’uomo che
prega e diviene lui stesso parola è il vero sacrificio. A questo
proposito la lotta di Israele poté entrare in fecondo contatto
con la ricerca del mondo ellenistico: anche esso cercava il
ripiego per uscire dal culto di sostituzione delle immolazioni
di animali, per arrivare a un culto propriamente detto, alla
vera adorazione. In questa prospettiva è maturata l’i dea della
loghiké tysia - del sacrificio consistente nella parola
che noi incontriamo nel Nuovo Testamento in Romani 12,1, dove
l’apostolo esorta i credenti ad offrire se stessi come
sacrificio vivente, santo e gradito a Dio. Questo è indicato
come loghiké latreia, come servizio divino secondo la
parola, ragionevole. Sotto un’altra forma, troviamo la stessa
affermazione in Eb.13,15: Per mezzo di Lui — il Cristo —
offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè il frutto di
labbra che confessano il Suo nome.
Numerosi esempi,
provenienti dai Padri della Chiesa, mostra no come queste idee
furono sviluppate e divennero il punto di congiunzione tra la
cristologia, la fede eucaristica e la traduzione
pratico-esistenziale del mistero pasquale.
Vorrei solo
citare, a titolo di esempio, alcune frasi di Pietro Crisologo,
di cui si dovrebbe in verità leggere l’intero Sermone in
questione per poter seguire questa sintesi da capo a fondo:
Singolare sacrificio
dove il corpo si offre senza il corpo, il sangue senza il
sangue! Vi scongiuro, dice l’Apostolo, per la misericordia di
Dio di offrire i vostri corpi come sacrificio vivente. Fratelli
questo sacrificio prende ispirazione dall‘esempio di Cristo che
immolò il Suo corpo, perché gli uomini abbiano la vita. Diventa,
uomo, diventa il sacrificio di Dio e il suo sacerdote. Dio cerca
la fede, non la morte. Ha sete della tua promessa, non del tuo
sangue. Il fervore lo placa, non l’uccisione.
Anche qui si
tratta di tutt’altra cosa che di un puro moralismo, tanto l’uomo
vi è impegnato nel suo essere totale: sacrificio consistente
nella parola. I pensatori greci avevano già messo questo aspetto
in relazione al logos, alla parola stessa, indicando che il
sacrificio della preghiera non deve essere un puro discorso,
bensì la trasformazione del nostro essere nel logos, l’unione
con Lui.
Il culto divino
implica che noi stessi diventiamo degli esseri della Parola, che
ci conformiamo alla Ragione creatrice. Ma è nuovamente chiaro
che non possiamo ottenere tutto questo da noi stessi e così
tutto sembra di nuovo finire nel nulla, fino al giorno in cui
viene il Logos, il vero, il Figlio, fino al giorno in cui si fa
carne e ci attira a se stesso nell’esodo della croce.
Questo vero
sacrificio, che ci trasforma tutti in sacrificio, vale a dire ci
unisce a Dio, fa di noi degli esseri conformi a Dio, è
certamente fissato e fondato in un avvenimento storico, ma non
si trova come una cosa del passato dietro di noi; anzi diventa
contemporaneo e accessibile a noi nella comunità della Chiesa,
che crede e prega, nel suo sacramento: ecco che cosa significa
il sacrificio della Messa.
L’errore di
Lutero si fondava - ne sono convinto - su un falso concetto di
storicità, in un errata comprensione dell’unicità (ephapax
Il sacrificio di Cristo non si trova dietro di noi come una cosa
del passato. Raggiunge tutti i tempi ed è presente a noi.
L’Eucaristia non è semplicemente la distribuzione di ciò che
viene dal passato, ma più a fondo è la presenza del miste ro
pasquale del Cristo che trascende ed unisce i tempi.
Se il Canone
romano cita Abele, Abramo, Melchisedec, annoverandoli tra coloro
che celebrano l’Eucaristia, lo fa nella convinzione che anche in
essi, i grandi offerenti, il Cristo attraversava i tempi, oppure
meglio che nella loro ricerca essi camminavano incontro al
Cristo. La teologia dei Padri, così come la troviamo nel Canone,
non nega l’insufficienza dei sacrifici precristiani; però il
Canone include, con le figure di Abele e Melchisedec, gli stessi
“santi pagani” nel mistero di Cristo.
La conclusione è precisamente che tutto ciò che
precedeva è visto nella sua insufficienza come ombra, ma pure
che il Cristo attira tutto a sé, che vi è anche nel mondo
pagano, una preparazione al Vangelo, che anche elementi
imperfetti posso no condurre al Cristo, qualunque siano le
purificazioni di cui hanno bisogno.
Ndr: Il Santo Padre
Benedetto XVI, l'allora Cardinal Joseph Ratzinger Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede, in data 27
luglio 2002 inviava all'art director di Técne Art Studio un Suo
pro-manuscripto autografo che desideriamo riproporVi.
|
|